Intervento Ministro Moratti - Rimini, 29 agosto 2003

"Quando educazione vuol dire ricchezza, capitale umano e sviluppo italiano"


 

INTERVENTO DI LETIZIA MORATTI, MINISTRO
DELL'ISTRUZIONE DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA

MEETING PER L'AMICIZIA FRA I POPOLI

Tavola rotonda "Quando educazione vuol dire ricchezza,
capitale umano e sviluppo italiano"

Rimini, 29 agosto 2003

L'incontro di oggi conferma quanto da alcuni mesi emerge nel dibattito in corso in Europa: il progetto educativo e formativo delle nuove generazioni che si sta ormai definitivamente affermando è al tempo stesso "sociale" ed "economico".

Ai giovani europei di oggi e domani - ai 75 milioni di ragazzi e ragazze tra i 15 ed i 25 anni che rappresentano la più importante risorsa strategica per il nostro sviluppo - siamo infatti chiamati ad offrire un sistema "etico" e al contempo "professionalizzante", un sistema di istruzione e formazione che sia capace di diffondere il senso del vivere civile e della convivenza sociale, formando coscienze che custodiscano il valore della vita, del rispetto reciproco, della responsabilità personale, della legalità, della giustizia, della democrazia e della pace, e che in eguale modo sappia dare loro migliori garanzie di occupabilità e di reddito.


1. PER L'ISTRUZIONE, UNA NUOVA POLITICA SOCIALE?

Ma vi è, in questa riflessione che trova qui ulteriori interessanti contributi di idee ed opinioni, una seconda prospettiva di grande interesse che si sta delineando e che assume un chiaro significato politico: la prospettiva di una crescente centralità dell'istruzione nelle politiche sociali dei nostri paesi.

Se questa prospettiva, come io credo, è destinata a concretizzarsi, il nostro compito diventa quello di riesaminare profondamente le priorità che ispirano oggi le politiche sociali in materia di istruzione, lavoro, previdenza e assistenza.

Dobbiamo porci il problema di una revisione di strategie sociali che si impone alla luce della rapida evoluzione del quadro socio-demografico ed economico.

Basti dire che l'obiettivo fissato appena tre anni fa a livello europeo di un progressivo aumento della spesa pro-capite in istruzione e formazione - obiettivo che allora si ritenne realistico nell'aspettativa di un lungo ciclo di crescita economica e, conseguentemente, di minori vincoli di finanza pubblica - appare oggi seriamente compromesso.

E' pur vero che dal 2000 ad oggi l'investimento pro-capite in istruzione e formazione è rimasto, in Italia come nel resto dell'Europa, sostanzialmente stabile, grazie comunque alla debole dinamica demografica, ma ciò che deve preoccupare è che il rapporto tra spesa per l'istruzione nei bilanci pubblici e Prodotto Interno Lordo è andato invece riducendosi, talvolta in misura molto significativa. Sul fronte del lavoro, in questi stessi tre anni sono stati creati in Europa cinque milioni di nuovi posti, 500.000 dei quali nel solo 2002 nonostante il clima economico poco favorevole, e la disoccupazione si è ridotta di due milioni di unità, ma l'obiettivo fissato nel 2000 di un tasso di occupazione del 70% entro il 2010 appare oggi, se possibile, più lontano di allora e richiede, per sperare di essere raggiunto, profonde riforme strutturali del mercato del lavoro e dei sistemi pensionistici e previdenziali.


E' dunque dalla struttura delle politiche di bilancio pubblico che dobbiamo ripartire se vogliamo affrontare seriamente il problema della formazione e della valorizzazione del capitale umano come fattore determinante per la produzione di ricchezza, per la diffusione di benessere e per il rafforzamento della stabilità sociale.


2. LA SPESA SOCIALE PER GLI ANZIANI E PER I GIOVANI

La nostra è una società che invecchia molto rapidamente. Tra il 2000 ed il 2020 la quota di popolazione tra i 65 ed i 90 anni di età è destinata a salire dal 16 al 21 % nella media europea. Un quadro che appare ancor più preoccupante in Italia. Nel nostro Paese c'è oggi un ultrasessantacinquenne ogni 6 persone. Fra 30 anni il rapporto sarà di 1 a 3, mentre 30 anni fa era di 1 a 13.

Le politiche sociali che abbiamo perseguito si sono progressivamente adattate a queste tendenze demografiche.

Mentre il complesso delle prestazioni sociali italiane si è progressivamente avvicinato in questi anni alle medie europee (spendiamo oggi il 24,3% del PIL per la spesa sociale contro una media europea del 26%), ciò che ancora ci separa dai nostri partners è la composizione di queste voci di spesa.

Inoltre va considerato che quando nelle politiche sociali l'intervento dello Stato a favore dei giovani è debole, come accade da noi (in Italia, lo Stato dedica alle varie forme di sostegno della famiglia, dell'infanzia e della gioventù il 3,7% della spesa sociale complessiva contro l'8,5% che rappresenta la media nell'Unione Europea), il peso del mantenimento agli studi dei figli ricade quasi interamente sulle famiglie: e, infatti, la quota di reddito destinato dai genitori italiani a propri figli è la più alta d'Europa (59% rispetto al 41% della Germania e al 25% di Irlanda, Austria e Francia).
Le politiche sociali devono necessariamente adattarsi alle nuove realtà.

Per circa un quarantennio avevano prevalso, in Italia come nel resto dell'Europa, positive aspettative accompagnate dalla quasi automatica crescita dei livelli di vita e della collocazione sociale delle nuove generazioni. Tutto ciò, peraltro, dentro un modello sociale inclusivo nel quale la mobilità verso l'alto era stata garantita dalla scolarizzazione di massa, dai fenomeni di espansione delle aree urbane e dalla capacità delle famiglie di ottimizzare le risorse disponibili, non ultime quelle legate ai trasferimenti sociali.

Ora questo modello, appesantito dal calo demografico, da un ciclo economico di debole crescita e dall'aumentato peso dei trasferimenti sociali agli anziani sempre più numerosi, si è sostanzialmente bloccato, generando nuove incertezze e nuove ansie rispetto alla possibilità che le famiglie hanno di costruire, contando sempre più sulle proprie forze e sulle proprie capacità di reddito, un futuro di benessere per i propri figli.


3. I NOSTRI GIOVANI SONO PIU' SVANTAGGIATI

I dati che ho citato ci portano ad una constatazione inequivocabile: il nostro sistema sociale protegge di più gli anziani e penalizza i giovani.

Recentemente, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ha ricordato, con toni amareggiati e preoccupati, come l'Italia detenga il primato della disoccupazione giovanile tra i 15 ed i 24 anni.

In Italia la disoccupazione giovanile tocca il 27%, 11,3 punti sopra la media dei quindici paesi dell'Unione Europea. Ma il tasso di disoccupazione sale fino al 31% se si considerano solo le ragazze: il che sta ad indicare che una giovane donna italiana su tre non ha oggi un lavoro, contro una media europea del 15,9 per cento.

Se poi esaminiamo qualitativamente il funzionamento del nostro sistema educativo e formativo - dall'accesso agli studi al conseguimento della laurea - la situazione presenta luci ed ombre.

Il sistema di educazione in Italia ha mostrato una grande capacità di assorbimento e di integrazione di centinaia di migliaia di ragazzi non italiani: sono stati 232.766 gli alunni stranieri a scuola nel passato anno scolastico e rappresentano una percentuale del 2,96% sul totale della popolazione scolastica. Erano poco più di 30.000 nell'anno 1992/93.

Il tasso di dispersione scolastica italiano è però ancora il più alto d'Europa, pari al 30% nella fascia di età compresa tra i 15 e i 19 anni.

A venticinque anni dall'emanazione della legge 577 del 1977, che ha dato avvio al processo di integrazione dei ragazzi disabili nelle scuole "regolari" statali, si può affermare che i risultati conseguiti mostrano livelli elevatissimi di inserimento. Infatti, l'andamento dei dati retrospettivi, riferiti ad oltre un decennio, evidenzia un costante aumento del numero di studenti disabili che, ad oggi hanno quote di presenza superiori al 2% nelle scuole elementari e medie e di poco inferiori all'1% nelle scuole secondarie superiori.

Quest'anno ci sono 145.000 studenti disabili e 77.000 insegnanti.

In Europa siamo svantaggiati per quanto riguarda il numero di studenti che conquistano il diploma: mentre in Francia raggiungono il diploma 81 diciannovenni su 100 e in Germania 89, l'Italia raggiunge solo quota 70; la media nell'Unione europea è di 80 diplomati su 100.

Per quanto riguarda le immatricolazioni, nel 2001-2002 si sono registrate oltre 319 mila iscrizioni contro 284 mila dell'anno precedente, con un incremento del 12,4%. Infine è aumentata la percentuale dei laureati e diplomati che tagliano il traguardo a distanza di cinque, sei e sette anni dall'immatricolazione. Si passa infatti dal 36% del 1994 al 52% del 2001. Cresce anche la percentuale dei laureati e diplomati rispetto alla media della popolazione in età 25, 26 e 27 anni, che passa dall'11% del 1994 al 21% del 2001.


4. UNA POLITICA EUROPEA PER I GIOVANI, UNA NUOVA SCELTA DI FINANZA PUBBLICA PER L'ITALIA. Tutto ciò pone la necessità di individuare politiche che rispondono alle nuove esigenze dei giovani in un quadro socio-economico molto mutato.

Dobbiamo quindi adottare strategie e misure per qualificare gli interventi finanziari pubblici nel campo dell'istruzione e della formazione come spese di investimento - che, come tali, potrebbero essere oggetto di una più flessibile interpretazione del Patto di Stabilità e Crescita - di cui occorrerà misurare sempre più attentamente l'efficacia, l'efficienza ed il ritorno economico e sociale atteso.

Dobbiamo progettare e realizzare una scuola che sempre più ponga al centro i bisogni, gli interessi, le aspirazioni dei giovani e delle loro famiglie.

Una scuola che sappia orientare, motivare, ascoltare e guidare i ragazzi nelle scelte, perché si formino come persone e come cittadini responsabili.

Dobbiamo infine adottare un approccio innovativo all'analisi dei bisogni di istruzione e formazione che consideri il punto di vista della domanda e non più esclusivamente, come è accaduto sino ad oggi, quello dell'offerta formativa disponibile. Il nostro obiettivo è quello di dare ai giovani tutti gli strumenti e le risorse necessarie per garantire loro un futuro migliore.
L'adozione di questa visione, che io credo stia raccogliendo crescenti consensi non soltanto tra i ministri dell'educazione europei ma anche tra i responsabili delle politiche sociali e del lavoro, permetterebbe di assumere misure "mirate" sui reali bisogni dei giovani cittadini europei, focalizzando gli interventi dello Stato, incrementando gli investimenti pubblici in istruzione e formazione, garantendo una loro più trasparente valutazione.

Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 stabilì l'obiettivo strategico del decennio che si apriva: costruire un'economia fondata sulla conoscenza in grado di competere con le economie più avanzate del mondo e realizzare una crescita sostenibile, con nuovi e migliori posti di lavoro ed una maggiore coesione sociale. In questa prospettiva assumono particolare rilievo due deliberazioni:

1.     la comunicazione della Commissione europea del novembre 2002, dedicata al rafforzamento del coordinamento delle politiche di bilancio, in cui si prevede, tra le proposte per migliorare l'applicazione del patto di stabilità e di crescita, l'impatto positivo che gli investimenti in capitale umano e conoscenza producono sui livelli di crescita e occupazione;

2.     le decisioni del Consiglio Ecofin del 15 luglio 2003, riguardante il conferimento di mandato al Comitato economico finanziario per la predisposizione di una valutazione sulla "possibilità di usare strumenti innovativi per investimenti, tra gli altri, nei settori della ricerca e dello sviluppo, dell'innovazione, del capitale umano".

 

Ebbene, di fronte al peggiorare del quadro economico e sociale, i partners europei e la Commissione stanno oggi rilanciando quel progetto con l'adozione di obiettivi e piani di azione per i sistemi di istruzione e formazione e con la decisione di creare un sistema di formazione e qualificazione lungo l'intero arco della vita di ogni cittadino europeo.

L'Italia ha l'opportunità di inserirsi con un forte impegno in questo quadro programmatico europeo.

Sono quattro gli obiettivi, previsti dal Vertice europeo di Lisbona del 2000, che le parti sociali hanno fatto propri anche in Italia. Il tasso di abbandono scolastico nella fascia di età 15-19 anni dovrà essere dimezzato. L'85% dei giovani di 20 anni dovrà conseguire un diploma di istruzione o formazione o una qualifica professionale. Il tasso di partecipazione degli adulti all'istruzione e alla formazione dovrà aumentare del 30%. Il numero di aziende italiane che dedicano un preciso investimento alla formazione dovrà crescere del 30%.

LE POLITICHE DEL MIUR PER I GIOVANI

Ciò che i giovani di oggi richiedono alla classe dirigente della "nuova Europa" è soprattutto una maggiore capacità di assecondare il cambiamento, gestendone i fattori di criticità con spirito più innovatore e ottimizzando le opportunità che lo scenario della "nuova Europa" offre.

Proprio per dare risposte alle mille domande dei giovani che chiedono sviluppo sostenibile, occupazione qualificata, sicurezza, qualità della vita, lotta alla criminalità, maggiore inclusione sociale, le principali linee guida della nostra Riforma della scuola sono state ispirate da tre grandi principi: una scuola per la persona, una scuola per le famiglie, una scuola per la società civile.

Stiamo costruendo una scuola che ponga al centro del progetto educativo la persona, che prepari i giovani ad affrontare serenamente e responsabilmente i grandi processi di trasformazione che il mondo sta affrontando. Una scuola che educhi i giovani all'etica della responsabilità individuale e della solidarietà verso gli altri, affiancandosi ai genitori, perché l'educazione e l'istruzione sono prima di tutto servizio alle famiglie, in continuità e cooperazione con esse. Con le famiglie abbiamo cercato di stringere una nuova alleanza perché non si sentano sole nell'educare i propri figli, in modo particolare in quei momenti nei quali per i genitori può essere più difficile un dialogo profondo e costruttivo con i figli, mentre la scuola può diventare un punto di riferimento nel creare occasioni di incontro che favoriscano questo dialogo.

Stiamo lavorando per una scuola come comunità, aperta al confronto con esperienze diverse che interagiscono con il processo formativo, valorizzando e stabilendo con esse rapporti di collaborazione fattiva.

L'esperienza degli operatori sociali e di molte associazioni ed organizzazioni del volontariato sono infatti un bene prezioso da recuperare e da valorizzare nella realizzazione di un nuovo progetto educativo e formativo. Stiamo mettendo a disposizione delle scuole questo patrimonio di conoscenze ed esperienze, perché si rafforzi nel nostro sistema educativo e formativo quella "dimensione collettiva" della vita che molti hanno smarrito.

Per vincere questa sfida cruciale per il futuro sviluppo del Paese, per riacquistare competitività, per mantenere intatto il "patto" fra generazioni che sta alla base della politica sociale nazionale occorre quindi rilanciare l'impegno sull'istruzione, la formazione, la ricerca e cogliere l'occasione per impostare una politica economica e finanziaria di grande respiro che riequilibri le diverse voci di spesa sociale, riqualifichi e migliori la spesa pubblica per i giovani, trasformi parte delle risorse destinate ai trasferimenti monetari, ivi compresi quelli destinati al comparto previdenziale, in risorse destinate ai servizi alla persona, in particolare ai giovani.

Tutto ciò attraverso maggiori investimenti sull'istruzione, sull'università e sulla ricerca, attraverso una maggiore integrazione tra politiche educative, politiche del lavoro e politiche sociali.

Occorre, dunque, una vera e propria svolta nelle scelte e negli interventi per realizzare un più alto livello di equità sociale e ridurre il rischio di un conflitto intergenerazionale che è insito nelle contraddizioni di un modello di solidarietà non più coerente con le dinamiche socio-demografiche.

I giovani sono la più grande risorsa strategica per il Paese. E questi giovani, che sono il futuro dell'Italia, come dell'Europa, non possono più aspettare.

All'interno del Governo, il mio impegno è di lavorare, insieme ai miei colleghi, perchè un "progetto giovani" sia ben integrato nel piano di rilancio dell'economia, in modo tale che le giovani generazioni, più istruite e più formate, abbiano il posto che compete loro nel futuro dell'Italia e dell'Europa.





ESPERIENZE DI COLLABORAZIONE SCUOLA-FAMIGLIA

Voglio citare due casi di eccellenza:

1.     a Palermo, nei quartieri degradati Brancaccio e Zen, sono stati gli insegnanti di una scuola elementare e media a coinvolgere padri, madri e alunni nei laboratori di ceramica di quartiere, diventati veri e propri centri di aggregazione sociale;

2.     in Emilia-Romagna sono stati i genitori di una scuola superiore ad organizzare, con gli studenti, l'Associazione "Un sasso nello stagno", per attivare seminari comuni sul disagio dei giovani e sul rapporto con la famiglia.

 

SCUOLA E VOLONTARIATO

Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha preso atto di questa grande ricchezza di relazioni e di iniziative realizzate spontaneamente ed individualmente, ed ha già intrapreso un percorso di collaborazione con l'Agenzia nazionale per le Onlus per stimolare ulteriormente l'espandersi del dialogo in corso fra scuola e volontariato, che può fare leva innanzitutto sul desiderio di molte realtà del mondo associazionistico di incontrare e lavorare con la scuola.

Anche in questo caso cito due esperienze di eccellenza:

1.     in Friuli-Venezia Giulia i ragazzi di una scuola media superiore hanno assistito 50 anziani isolati in un paese di montagna, cucinando, ristrutturando le loro case, con turni di una settimana per classe;

2.     in Puglia gruppi di ragazzi e ragazze hanno organizzato visite a bimbi malati in ospedale, aiutandoli a ritrovare il sorriso con piccoli spettacoli da clown.

 

BORSE DI STUDIO E ALLOGGI UNIVERSITARI

Abbiamo incrementato le borse di studio in Italia destinate agli studenti universitari. Entro la fine dell'anno il MIUR renderà inoltre disponibili 450 milioni di euro per alloggi universitari.

Abbiamo cofinanziato, nell'ambito delle ultime due programmazioni triennali, 352 progetti per lo sviluppo dei programmi integrati di studio che prevedono la mobilità di docenti e studenti, il mutuo riconoscimento dei periodi e dei titoli di studio ed il rilascio di titoli doppi o congrui. L'impegno del MIUR è stato pari a 23 milioni di euro, mentre il costo complessivo dei progetti attraverso il meccanismo del cofinanziamento è stato di 61 milioni di euro.

Abbiamo istituito 3500 borse Socrates -Erasmus e lanciato 5000 nuove borse di ricerca di dottorato e post dottorato per 75 milioni di euro.


Borse di studio per famiglie meno abbienti nelle scuole statali e paritarie

Il MIUR ha ripartito fra le varie Regioni la somma di 154 milioni di euro da assegnare a famiglie di alunni meno abbienti, anche sotto forma di detrazione fiscale, per borse di studio per la frequenza scolastica.
Con Unioncamere abbiamo firmato un'intesa per investimenti di 5 milioni di euro per tirocini e stage nelle imprese di studenti.


Ricerca nel Mezzogiorno

Abbiamo raddoppiato rispetto allo scorso anno, portandole a 464 milioni di euro, le risorse destinate alla ricerca nel Mezzogiorno, anche in partenariato con le Regioni.