Intervento Ministro Moratti, TreeLLLe - 1 luglio 2004

Quali insegnanti per la scuola dell’autonomia?


 

Intervento del Ministro Letizia Moratti alla presentazione del Quaderno di TreeLLLe

 

Quali insegnanti per la scuola dell’autonomia?

 

(Roma, 1 luglio 2004) - Ormai l’appuntamento con l’Associazione TreeLLLe per la presentazione dei Quaderni costituisce una tappa tradizionale nel mio percorso di Ministro. E puntualmente mi trovo a dover rispondere a una domanda molto impegnativa e di grande spessore, considerato che i titoli dei Quaderni si concludono con un punto interrogativo.

Così, dopo aver cercato di rispondere, l’anno scorso, alla domanda "Università italiana, università europea?", eccomi a tentare di dare una risposta alla domanda "Quali insegnanti per la scuola dell’autonomia?".

Se volessi enunciare subito una risposta direi: la nuova scuola che stiamo costruendo - e ormai abbiamo raggiunto alcune tappe fondamentali nel processo di riforma - ha bisogno di insegnanti che:

§         sappiano essere all’altezza della missione docente, con una vasta e aggiornata preparazione culturale e didattica;

§         siano in possesso di un forte senso etico e siano capaci di trasmettere i valori;

§         abbiano una forte capacità di relazione e di comunicazione con gli allievi, con i colleghi e con le famiglie;

§         abbiano una forte capacità di progettazione didattica a seconda delle diverse situazioni educative e dei singoli alunni, nello spirito della riforma, che passa dalla concezione di una scuola uguale per tutti a quella di una scuola "per ognuno e per tutti".

Ovviamente la scuola italiana è ricca di insegnanti in possesso di queste caratteristiche. La riforma, con uno dei prossimi decreti legislativi, intende valorizzare queste professionalità. Ma il discorso è molto più complesso. Per questo ho esaminato con grande attenzione i dati, i commenti e soprattutto le interessanti e anche provocatorie proposte contenute nell’indagine di TreeLLLe. Allora permettetemi di fare con voi alcune riflessioni, partendo dall’analisi del contesto nel quale ci troviamo ad operare.

La società in cui viviamo, tecnologicamente avanzata, aperta a continui cambiamenti, caratterizzata dalla crescita accelerata delle conoscenze, per essere competitiva in un contesto di globalizzazione, deve porre tra le sue priorità l’investimento nell’istruzione e nella formazione.

Questo significa fare affidamento su un sistema scolastico di alto e qualificato livello, moderno, efficiente, competitivo, in grado di fornire conoscenze, competenze e abilità solide e aggiornate, di sviluppare senso critico, di consentire scelte responsabili e consapevoli.

La riforma che stiamo attuando mette al centro del sistema la persona e la sua crescita integrale, coniugando gli aspetti cognitivi dell’apprendimento con quelli del "saper fare" e del "saper essere", cercando di realizzare la massima inclusione, offrendo pari opportunità, valorizzando le eccellenze e sia in grado di dare risposte adeguate alla domanda di formazione lungo tutto l’arco della vita.

Giustamente è stato osservato che, mentre nel XX secolo l’obiettivo prioritario dei Paesi avanzati è stato quello di realizzare una scuola per tutti, nel XXI secolo l’obiettivo primario da raggiungere è quello di garantire una scuola di qualità per tutti e per ognuno.

Dagli anni Cinquanta fino alla metà degli anni Ottanta, in attuazione del dettato costituzionale, si è registrata la massima espansione della scolarità attraverso il passaggio da una scuola selettiva ed elitaria ad una scuola definita di "massa". A ciò ha contribuito, soprattutto la legge n. 1859/1962, istitutiva della scuola media obbligatoria unica, che doveva rivelarsi un provvedimento di straordinaria importanza non solo per la sua valenza educativa e formativa, ma anche per l’eccezionale contributo dato alla crescita civile e sociale del Paese.

Dalla metà degli anni Ottanta, con l’affermarsi di grandi mutamenti sociali, economici e culturali e di nuovi modelli e stili di vita, cominciava a farsi strada la consapevolezza di dover disporre di un sistema educativo e formativo di elevata qualità, al passo con i tempi, che sapesse dare risposte adeguate ai mutati e accresciuti bisogni e aspettative del Paese.

Questa consapevolezza nel tempo è andata sempre più rafforzandosi tanto che oggi l’istruzione non solo è strumento di crescita umana, civile e culturale, ma anche fattore complessivo di espansione delle capacità produttive e di orientamento e riorientamento delle strategie del lavoro e dell’occupazione, nonché una risorsa per elevare la qualità della vita e il benessere del Paese. Perché la scuola possa definirsi di qualità e valorizzi al massimo la centralità dell’alunno deve avvalersi dell’apporto congiunto e integrato di molteplici e importanti risorse: competenze professionali, strutture, mezzi finanziari, dotazioni, ordinamenti e piani didatti adeguati, situazioni ambientali e socio-economiche favorevoli. In questo contesto le competenze professionali dei docenti assumono certamente un rilievo preminente.

Molte ricerche sul ruolo e l’importanza della professione docente evidenziano preoccupanti carenze e criticità, che influiscono in maniera rilevante sull’efficacia e sull’efficienza complessive del sistema scolastico, sulla qualità dell’offerta formativa e sui livelli di apprendimento; carenze e criticità presenti non solo nel nostro Paese ma anche in altre realtà sia europee sia extraeuropee.

Per superare queste criticità, molti Paesi hanno posto al centro della loro politica scolastica il recupero e la valorizzazione della professione docente, attraverso una serie di interventi finalizzati a rendere attrattiva tale professione garantendone il prestigio e la buona qualità, in modo da trattenere gli insegnanti migliori e reclutare nuove leve in possesso di elevate capacità professionali.

Anche in Italia, negli ultimi anni, stiamo puntando a una migliore qualificazione della funzione docente. I docenti, infatti, rappresentano il "soggetto strategico" attraverso il quale non solo il sistema scolastico e formativo può raggiungere migliori livelli di efficienza e di qualità, ma l’intero Paese può garantirsi un effettivo sviluppo in termini di crescita democratica, di solidarietà, di avanzamento degli ordinamenti civili e di benessere economico e sociale.

A questo punto voglio sottolineare le principali carenze e criticità, messe in evidenza da TreeLLLe, nonché alcuni rimedi e correttivi che il Ministero, in coerenza con la politica del Governo, ha adottato a partire dal 2001.


Esorbitante numero degli insegnanti

Il numero degli insegnanti in attività nel nostro Paese è tra i più alti d’Europa, come dimostra il rapporto alunni-docenti, che, nella scuola secondaria, è pari a 10,2 contro i 12,5 dell’UE. Questa situazione, tuttavia, non produce risultati soddisfacenti, come dimostrano sia il tasso di dispersione degli studenti, che è uno dei più alti in Europa (il 20% rispetto ad una media europea del 18%), sia gli apprendimenti dei nostri allievi piuttosto deludenti, soprattutto in relazione alle discipline linguistiche e matematiche (valga al riguardo l’indagine Pisa Ocse che ci colloca al 22° posto).

Al fine di realizzare un innalzamento del rapporto alunni-docenti e di razionalizzare il sistema scolastico la legge n. 448 del 28 dicembre 2001 (finanziaria 2002) e la legge n. 289 del 27 dicembre 2002 (finanziaria 2003) hanno previsto una riduzione dei posti di insegnamento per complessive 34.000 unità da attuare nel triennio 2002/2005.

Va detto comunque che già in precedenti Finanziarie, già da quella del 1996, erano previsti tagli di spesa - mai effettuati - per gli organici. In particolare il fenomeno dell’esubero del personale docente era stato affrontato nella Finanziaria 1998, come prova il fatto che era prevista - e non è mai stata realizzata - una riduzione di posti dell’1 per cento all’anno per tre anni, per un totale di circa 30.000 posti.

La riduzione è stata resa possibile anche attraverso un migliore impiego delle risorse disponibili (riconduzione delle cattedre a 18 ore) e alla revisione di alcuni modelli organizzativi normativamente superati (organico funzionale nelle scuole secondarie). I risparmi conseguiti grazie a questi interventi, pari a 676 milioni di euro, circa 1300 miliardi di vecchie lire, sono stati impiegati per la valorizzazione della professionalità docente.


Forme superate di reclutamento

Il modello di reclutamento attualmente in vigore, basato sui concorsi e sullo scorrimento di graduatorie permanenti, oltre a rivelarsi lento e macchinoso e non più adeguato all’attuale assetto organizzativo del sistema scolastico, e in particolare della scuola dell’autonomia, non è in grado di individuare, selezionare e valorizzare i più capaci e motivati; inoltre non risolve, l’annoso fenomeno del precariato, che, anzi, viene consolidato e incentivato.

Nonostante nell’anno scolastico 2001/2002 siano state effettuate oltre 63.000 immissioni in ruolo e per il prossimo anno siano previste oltre 15.000 nuove nomine (da conferire, per il 50% utilizzando le graduatorie dell’ultimo concorso e per il restante 50% le graduatorie permanenti) rimane, in tutta la sua allarmante evidenza, il problema di decine di migliaia di precari inclusi nelle graduatorie permanenti e in cerca di una sistemazione stabile.

L’articolo 5 della legge n. 53 di riforma degli ordinamenti intende dare una risposta agli inconvenienti cui ho accennato, proponendo nuove e più moderne procedure e soluzioni. Con tale articolo, infatti, è stato previsto un nuovo sistema di reclutamento che attribuisce a strutture universitarie il compito di curare l’accesso ai corsi di laurea specialistica e la formazione iniziale degli insegnanti, sulla base della previsione dei posti effettivamente disponibili nelle istituzioni scolastiche di ogni regione.

È evidente che il passaggio dall’attuale al nuovo sistema di reclutamento deve realizzarsi in maniera graduale attraverso idonei interventi da porre in essere in una fase di transizione che raccordi e metta in sintonia il "vecchio" e il "nuovo" modello. A tal fine la legge n. 143/2004 intende disciplinare situazioni irrisolte del precariato e gradualmente eliminare tale fenomeno.


Età media dei docenti elevata

Le procedure e le soluzioni individuate all’articolo 5 della legge n. 53/2003 consentiranno di ovviare ad uno dei mali gravi che attualmente travagliano la scuola italiana, vale a dire l’età media piuttosto elevata del personale docente. In base all’attuale normativa il personale riesce a stabilizzare il proprio rapporto lavorativo solo dopo anni di deludenti e differenziate esperienze di precariato, il più delle volte vissute al di fuori o ai margini di un quadro di sistema organico e ben finalizzato, che ne sostenga e segua l’aggiornamento e la formazione.

Inoltre le nuove forme e modalità di reclutamento e un programmato sistema di formazione in servizio, quale appunto previsto dall’articolo 5 della legge n. 53/2003, si ritiene possano, unitamente ad altre misure, efficacemente contrastare la rapida obsolescenza cui è esposta la formazione docente; obsolescenza che crea frustrazioni, spesso alimenta disimpegno, frequentemente orienta il personale docente verso attività esterne al sistema scolastico, diverse dall’insegnamento.

 

Centralismo e prescrittività dei programmi - Carichi orari eccessivi - Frammentazione delle discipline e degli insegnamenti

La legge n. 59/1997 all’articolo 21 ha introdotto nel nostro ordinamento l’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Si è trattato di una innovazione di straordinaria portata che ha dato vita ad una vera e propria rivoluzione copernicana negli assetti tradizionali dell’impianto educativo e formativo, avendo, tra l’altro, posto al centro dell’intero sistema la scuola e avendo individuato come momenti di supporto il complesso delle articolazioni centrali e periferiche dell’Amministrazione scolastica.

La nuova articolazione ha segnato il superamento di un sistema centralizzato, gerarchizzante, rigido, che per lunghi anni ha visto al vertice della piramide i livelli più alti della burocrazia e, via via, le altre strutture operative, sino alla base della piramide, comprendente anche le istituzioni scolastiche, quali terminali dell’intero sistema.

C’è però da rilevare che l’autonomia è rimasta un fatto non del tutto compiuto, tanto è che non hanno fatto seguito altri interventi che ne consentissero una piena realizzazione. Ne deriva una perdurante, macchinosa complessità di talune procedure, la burocraticizzazione e la rigidità degli interventi in appoggio dell’offerta formativa, il centralismo e la prescrittività dei programmi, i carichi orari eccessivi, la frammentazione delle discipline e degli insegnamenti.

La legge n.53/2003 di riforma del sistema scolastico e i relativi provvedimenti applicativi intendono dare risposte puntuali alle incompiutezze e anomalie cui ho accennato. Tali provvedimenti ribadiscono, infatti, la posizione di centralità delle istituzioni scolastiche nell’ambito del sistema educativo di istruzione e formazione, rimettendo alla capacità organizzativa e didattica il raggiungimento degli obiettivi generali del processo formativo e degli obiettivi specifici di apprendimento, attraverso la personalizzazione dei piani di studio.

Inoltre essi realizzano il passaggio dalla prescrittività dei programmi ministeriali alla consapevole e partecipata adozione di Indicazioni nazionali, i cui caratteri di inderogabilità attengono soltanto alla configurazione degli obiettivi di apprendimento. Le Indicazioni, nell’esaltare il ruolo dell’autonomia, riconoscono ai docenti responsabilità progettuali e di scelte che ne valorizzano il profilo professionale.

Attraverso la previsione di un monte ore annuale di attività didattiche, di quote orarie facoltative e opzionali rimesse alle scelte delle famiglie, di quote orarie regionali, viene di fatto superato il modello unitario e centralistico di tipo tradizionale, modulando i percorsi formativi attraverso una serie di apporti e di collaborazioni che fanno uscire la scuola dalla sua tradizionale autoreferenzialità.

Viene così realizzato un coinvolgimento più diretto e partecipato delle famiglie, delle autonomie locali e delle istanze del territorio.

Altra rilevante innovazione è quella relativa alla riformulazione e alla riarticolazione dei carichi orari in un’ottica di allineamento agli standard europei.

Attraverso la revisione delle classi di concorso si dovrà arrivare ad una semplificazione e, per quanto possibile, ad una aggregazione delle discipline e alla creazione di competenze polivalenti, che superino l’attuale angustia derivante dall’eccessiva parcellizzazione degli insegnamenti e delle classi di concorso.

Da qualche mese è al lavoro una commissione con l’incarico di rivedere l’attuale impianto e articolazione delle classi di concorso.


Assenza di un sistema nazionale di valutazione degli apprendimenti e della qualità complessiva dell’offerta formativa

La mancanza nel nostro Paese di un sistema nazionale di valutazione degli apprendimenti e della qualità complessiva dell’offerta formativa costituisce un rilevante limite alla piena funzionalità e alla efficienza dei servizi scolastici; penalizza la qualità dell’impegno e, in ultima analisi, mortifica la professione docente.

Per allineare l’Italia agli altri Paesi dell’Ue abbiamo istituito il sistema nazionale di valutazione. Il passaggio alla fase attuativa avverrà fra breve, non appena l’apposito decreto legislativo avrà concluso il suo iter. Si passerà così dalla fase sperimentale alla fase istituzionale e a regime.


Mancanza di una progressione di carriera e assenza di valutazione della professione docente

La scuola dell’autonomia deve avvalersi di docenti che non siano soltanto educatori e tecnici delle proprie aree disciplinari, ma mediatori e catalizzatori di istanze più alte, anche di carattere sociale.

La formazione continua dei docenti può essere il volano per una scuola che sia in grado di assolvere ad un ruolo attivo nella società civile e costituisca anche il centro di un insieme di comunità educative aperte.

Questo nuovo modello presuppone che un numero crescente di docenti, pur senza abbandonare l’insegnamento, si faccia carico di aree strutturate di lavoro "trasversali" e collettive (coordinamento dei dipartimenti disciplinari, predisposizione e valutazione del Piano dell’offerta formativa, assistenza tutoriale ai docenti in formazione, coordinamento delle attività di orientamento o di stage) e si veda riconosciute, anche in senso formale, queste funzioni.

Il profilo professionale docente così rivisto prefigura la possibilità di definire la costruzione di una vera e propria carriera che ne articoli e differenzi il lavoro. Si potrà sciogliere in questo modo anche un nodo importante per la piena realizzazione della scuola dell’autonomia.

In tale contesto sono previste l’istituzione e l’organizzazione, all’interno delle Università, di centri di eccellenza per la formazione permanente degli "insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche e formative". L’ultimo contratto per il personale della scuola ha previsto, in questa ottica, la costituzione di una Commissione mista Miur-Aran-Sindacati con l’incarico di predisporre ipotesi di meccanismi di carriera.

I lavori della Commissione, da poco conclusi, prospettano alcune interessanti aperture, che, opportunamente interpretate e applicate, potrebbero portare a buon fine una questione annosa e mai risolta. Per la prima volta viene sottolineata la necessità di individuare modalità di sviluppo di carriera dei docenti, non ancorate soltanto ai crediti professionali e formativi, ma anche alla valutazione dei singoli docenti e al ruolo dagli stessi svolto per il miglioramento degli apprendimenti degli alunni.

Il problema è piuttosto complesso: si potrebbe avviare una sperimentazione a partire da un ristretto numero di situazioni territoriali in cui sia consolidata una cultura e una pratica di valutazione e sia disponibile una base di dati estesa e sistematica. All’interno di queste situazioni, con l’apporto di adeguate strutture scientifiche, si potrebbe prevedere la costruzione di modelli semplici di valutazione dei docenti dai quali partire per una successiva generalizzazione delle procedure.
Questi in sintesi i principali aspetti critici e problematici rilevati dalla puntuale analisi di TreeLLLe.

Appare comunque evidente che l’insieme dei temi aperti andrà affrontato anche alla luce dei nuovi scenari conseguenti all’attuazione del Titolo V della Costituzione e in particolare all’introduzione delle norme in materia di federalismo scolastico.

Per concludere, l’attenzione crescente posta dall’Europa, dai singoli Paesi, dall’Italia all’importanza del ruolo del sistema di istruzione e formazione professionale crea opportunità nuove per risolvere annosi problemi e poter dare così al sistema quel livello di qualità e di efficienza necessario alla piena valorizzazione del capitale umano e sociale.

È del tutto evidente in tale contesto la centralità del ruolo degli insegnanti per il raggiungimento degli obiettivi: occorre quindi lavorare per superare le criticità evidenziate e per porre le condizioni per attrarre, selezionare e motivare i migliori insegnanti, alla professionalità dei quali è legato il successo della nuova scuola.