Rassegna informazioni scuola

RASSEGNA 7_10 DEL 30/07/2010


 

Notizie della settimana –07_10

A cura di Roberto Pasolini

 

 

Scuola, troppa disparità

Roberto Pasolini

martedì 20 luglio 2010

Il Sussidiario Editoriale

 

Parità: in certi momenti sembra “irraggiungibile” e quello di oggi sembra uno di quei momenti. Leggendo alcuni interventi del dibattito apertosi in tempi recenti a seguito delle possibili nuove norme sul redditometro e sui tagli per l’intervento finanziario tendente alla correzione del bilancio e altri sentiti durante l’ultimo convegno tenutosi a Montecitorio, sembra essere tornati indietro di oltre 10 anni o meglio, sembra che non si voglia tener conto dell’intenso dibattito culturale sul tema della parità scolastica che ha prodotto, tra l’altro, anche una legge, la 62/2000, di cui molti sembra vogliano dimenticare l’esistenza.

 La legge 62, nonostante le sue imperfezioni, ha introdotto un principio fondamentale: “Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali” (art. 1), ma il principio non ha avuto corretta e completa attuazione nella conseguente normativa derivata.

 I problemi aperti sono molti e chi opera nel settore della scuola paritaria sa quanto decreti, ordinanze e circolari spesso non siano in linea e non rispettino pienamente il principio di parità. Questa consapevolezza ha portato il gruppo di lavoro per la parità, istituito dal ministero, a chiedere una rilettura e una revisione della normativa vigente alla luce del principio di parità, al fine di ottenerne una correzione. Una revisione che, purtroppo, non è ancora iniziata.

 La piena parità si costruisce come un poliedro a più facce: pari dignità dei docenti, pari dignità dei dirigenti, pari dignità delle istituzioni, pari dignità degli studenti, eliminazione di discriminazioni economiche e normative, libera scelta dei genitori, gratuità nell’assolvimento dell’obbligo scolastico…

 Una problematica complessa la cui soluzione è “inquinata” dal pregiudizio ideologico per il quale nonostante le scuole paritarie svolgano una funzione pubblica (ormai riconosciuta da quasi tutti), nonostante facciano parte dell’unico sistema nazionale (sancito per legge), come ricordato dal Presidente Fini - e non solo - nel citato convegno, famiglie, studenti, docenti, dirigenti, gestori delle scuole paritarie sono, di fatto, considerati “figli di un dio minore”.

Se si dovesse prendere alla lettera il principio espresso dalla legge 62/2000 la piena parità si otterrebbe seguendo un semplice assioma: su ogni situazione parità di diritti e doveri rispetto alle scuole statali, quanto è concesso agli uni dovrebbe essere analogamente concesso agli altri.

 Un esempio? Perché una scuola paritaria deve trovare ostacoli ad aumentare le classi di fronte ad un aumento di iscrizioni? Perché un dirigente di scuola paritaria non può svolgere la funzione di presidente di Commissione all’esame di Stato nonostante lunga esperienza e carriera? Perché le leggi di riforma non distinguono con chiarezza le norme di impostazione generale dalle norme organizzative che riguardano solo le scuole “gestite” dallo Stato?

 Perché il tutor per la formazione iniziale (Regolamento in approvazione) deve essere un “docente di ruolo”? Perché uno studente portatore di disagio perde il diritto al sostegno se si trasferisce da una scuola statale ad una scuola paritaria? Perché l’assolvimento dell’obbligo è gratuito solo per chi frequenta una scuola statale (nonostante il dettato costituzionale)? E potremmo continuare.

 Questa impostazione, a dir poco non corretta, nasce dalla convinzione che alcune scuole non statali non funzionano bene (ma tutte le scuole statali funzionano bene?) e dalla presenza di altre che sono considerate “diplomifici”. La conseguenza è stata spesso quella di “fare di ogni erba un fascio” e far cadere a livello istituzionale e politico la “fiducia” verso tutto il settore con conseguente emanazione di norme spesso “liberticide” o, comunque, non allineate con il principio di parità.

 Un’impostazione sbagliata che impedisce al nostro sistema scolastico di usufruire di tutti i benefici che gli porterebbe, in modo sinergico, una piena parità.

 Perché allora non provare ad affrontare il problema alla luce della normativa vigente e dei diritti che da essa derivano a tutti i cittadini? Se così affrontato, perché non avere l’onestà intellettuale di accettarne, fautori e detrattori, le conseguenze giuridiche? Siamo o non siamo uno Stato di diritto?

 Metto da parte, per il momento, l’annosa questione dei finanziamenti, come detto non è il momento propizio visto che tutti “dobbiamo tirare la cinghia”, ma evidenzio come potrebbe essere affrontato: con un taglio diverso rispetto alla vecchia impostazione trita e ritrita e demagogica del “dare i soldi alle scuole dei preti”.

Che diritti ha un cittadino italiano riguardo a questo problema? Se analizziamo la Costituzione, l’art. 33 comma 4 recita “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”,che incrociato con l’altro dettato costituzionale, quello previsto dall’art. 34 comma 2 “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita” fa scaturire un mix giuridico interessante e da molti sconosciuto. È il cittadino italiano che ha il dovere di assolvere l’obbligo scolastico ma anche il diritto di poterlo assolvere gratuitamente.

 Dove assolverlo? La Costituzione non lo dice, ma credo che la risposta sia: in una scuola del sistema nazionale di istruzione e, “anche se nasce dalla statualità” - come affermato dall’onorevole Mazzarella al convegno di Montecitorio, dopo la pubblicazione della legge 62/2000, di questo sistema fanno parte, a pieno titolo, le scuole paritarie ai cui studenti, guarda caso, la Costituzione riconosce il pieno diritto ad un trattamento equipollente rispetto agli studenti frequentanti la scuola statale.

 So che è un’impostazione “fastidiosa” che può provocare qualche “arricciamento di naso” e più, anche a qualche operatore della scuola paritaria, ma ritengo sia la vera strada trasparente e corretta su cui aprire un dialogo basato non sul diritto delle scuole, ma sul diritto del cittadino. D’altra parte se nuovamente vogliamo imboccare la strada verso la graduale “conquista” della parità occorre lasciare i vecchi stereotipi e usare metodi e linguaggio nuovi.

 

 

NORMATIVA RECENTE

 

Prot. n.14565

SIDI – Gestione dei dati del personale del Dipartimento dell'Università collocato in part time

(21 luglio)

Prot. n.13816

Avviso di disponibilità posto di funzione dirigenziale generale

(9 luglio)

Prot. n.6881

DM. 177/00 articolo 4 – Direttiva n° 90/03 articolo 6. Diffusione delle iniziative di formazione promosse da Soggetti accreditati/qualificati per la formazione del personale della scuola

(21 luglio)


 

Prot. n.6816

Pubblicazione movimenti personale scuola secondaria di II grado. A.s. 2010/2011

(19 luglio)

Prot. n.6747

Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo e A.T.A. per l'a.s. 2010/2011

(15 luglio)

Prot. n.6433

FP CIDA, CONFEDIR PA E ANQUAP: SCIOPERO GENERALE del 19 luglio 2010. COMPARTO SCUOLA

(13 luglio)

Prot. n.5367

La Giornata Mondiale dell'Alimentazione - 15 ottobre 2010

(15 luglio)

Prot. n.5315

Integrazione e chiarimenti Progetto Nazionale “Qualità e Merito” (PQM Centro Nord)

(14 luglio)

Prot. n.5183

Progetto Nazionale "Qualità e Merito" (PQM) - Individuazione di Tutor di progetto per la Matematica e per l'Italiano nelle scuole secondarie di I grado a.s. 2010-2011 - Selezione pubblica

(8 luglio)

Prot. n.4870

Monitoraggio conclusivo delle azioni realizzate e delle risorse assegnate per l'anno scolastico 2009/2010, di cui alla C.M. prot. n.0002701 del 9 aprile 2010

(21 luglio)

Prot. n.2991

CEDOLINO ELETTRONICO: INTERRUZIONE DEL SERVIZIO DI ASSISTENZA ONLINE EROGATO TRAMITE IL SITO ISTRUZIONE.IT

(28 luglio)

Prot. n.2905

Avviso preliminare di Bandi per Cl@ssi 2.0

(21 luglio)

Prot. n.2537

La riforma della scuola secondaria superiore

(8 luglio)

Prot. n.2447

Collaborazione Parlamento MIUR. Trasmissione bandi

(27 luglio)

Prot. n.2391

Bando di concorso "I giovani ricordano la Shoah". Anno Scolastico 2010/2011

(23 luglio)

Prot. n.2339

Protocollo d'Intesa MIUR – Comitato Nazionale per la Bioetica

(16 luglio)

 

DECRETI MINISTERIALI

 

D.M. 63 del 28 luglio 2010

Determinati i prezzi di copertina dei libri di testo della scuola primaria per gli anni scolastici 2010-2011 e 2011 e 2012

(28 luglio)

D.M. 56 del 9 luglio 2010

Esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado. Sessione straordinaria. Anno scolastico 2009-2010

(9 luglio)

D.M. 46 del 13 maggio 2010

Dotazioni organiche dirigenti scolastici a.s. 2010/2011

(13 maggio)

 

DECRETI DIRIGENZIALI e DIRETTORIALI

 

D.D.G. del 16 luglio 2010

Ripartizione tra le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano dei finanziamenti per la fornitura gratuita o semigratuita dei libri di testo in favore degli alunni meno abbienti delle scuole dell'obbligo e secondarie superiori. Decreto pubblicato sulla G.U. n. 172 del 26 luglio 2010

(16 luglio)

D.D.G. del 16 luglio 2010

Ripartizione tra le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano dei fondi destinati al sostegno del diritto allo studio. Decreto pubblicato sulla G.U. n. 172 del 26 luglio 2010

(16 luglio)

D.D.G. del 07 giugno 2010

Personale Amministrativo - Reclutamento

(7 giugno)

 

CIRCOLARI MINISTERIALI

 

C.M. 59 del 23 luglio 2010

Anno scolastico 2010/2011- adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto

(23 luglio)

C.M. 58 del 20 luglio 2010

Piano di interventi e di finanziamenti per la realizzazione di progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali appartenenti ad una minoranza linguistica (Legge 15 dicembre 1999, n. 482 art. 5)

Esercizio finanziario 2010(20 luglio)

 

COMUNICATI DIREZIONE REGIONALE LOMBARDIA

 

28 lug 10 - Organico di fatto – Sostegno

Contingente complessivo assegnato a ciascun ambito territoriale per l’anno scolastico 2010/2011.

28 lug 10 - Organico di fatto scuola primaria

Contingente complessivo assegnato a ciascun ambito territoriale per l’anno scolastico 2010/2011.

28 lug 10 - Progetto Nazionale Musica 2020

Elenco scuole selezionate per la partecipazione alla ricera-azione nell’ambito del Progetto Nazionale Musica 2020.

28 lug 10 - Avviso preliminare bandi per “Cl@ssi 2.0″

Il progetto “Cl@ssi 2.0″ inserito nel Piano nazionale Scuola digitale già avviato nel 2009/2010 nelle scuole secondarie di primo grado, sarà esteso alle scuole primarie e secondarie di secondo grado. Iscrizioni on-line a partire dal 6 settembre 2010.

28 lug 10 - Organico di fatto 2010/2011 della scuola dell’infanzia

Tabella con la ripartizione dei posti attivabili dai singoli uffici territoriali in sede di adeguamento dell’organico alla situazione di fatto per la scuola dell’infanzia.

28 lug 10 - Sostituzione dei direttori dei servizi generali e amministrativi

Il 26 luglio 2010 è stata sottoscritta l’intesa sui criteri di articolazione della graduatoria dei responsabili amministrativi e degli assistenti amministrativi finalizzata alla sostituzione dei DSGA. Domande entro il 10 agosto.

27 lug 10 - Provvidenze personale dell’amministrazione scolastica: fondi esauriti

I fondi assegnati alla direzione regionale per le provvidenze del personale della scuola e dell’amministrazione, ai sensi del DDG 58 del 18 febbraio 2010, sono al momento esauriti.

27 lug 10 - Aree a rischio e a forte processo immigratorio: ripartizione fondi per l’anno scolastico 2010/2011

Il 26 luglio la direzione regionale ha raggiunto l’accordo con i sindacati per la ripartizione dei fondi 2010/2011 da destinare alle istituzioni scolastiche situate in aree a rischio e a forte processo immigratorio.

26 lug 10 - Successi italiani alle Olimpiadi di matematica

Congratulazioni a Luca Ghidelli e Giovanni Paolini, medaglia d’oro e medaglia d’argento alle Olimpiadi di matematica. L’ottimo risultato italiano completato dall’undicesimo posto su 96 paesi partecipanti e dal secondo posto nella classifica delle nazioni dell’Europa Occidentale.

26 lug 10 - Elenco di merito per la selezione di un docente coordinatore provinciale di educazione fisica e sportiva

Elenco di merito, in ordine preferenziale, per la selezione di un docente coordinatore provinciale di educazione fisica e sportiva negli ambiti territoriali di Brescia, Milano, Sondrio, Monza e Brianza, Varese.

23 lug 10 - Corsi di aggiornamento per docenti di inglese

Nel mese di settembre il British Council, l’ente internazionale britannico per le relazioni culturali, organizza nella sede di Milano corsi di aggiornamento rivolti a docenti di lingua inglese.

23 lug 10 - Scuole non paritarie della Lombardia 2010/2011

Scuole non paritarie iscritte nell’elenco regionale della Lombardia anno scolastico 2010/2011.

21 lug 10 - Centre Culturel Français de Milan: corso di aggiornamento per docenti di francese

Il Centre Culturel Français de Milan propone, dal 20 ottobre al 24 novembre, sei incontri di aggiornamento con attività laboratoriali.

21 lug 10 - Laboratorial-Mente, scuola estiva 2010 per docenti di fisica

Informazioni e calendario delle attività della scuola estiva Laboratorial-Mente, in programma a Idro (BS) dall’8 al 10 settembre e rivolta a docenti di fisica della secondaria di secondo grado.

21 lug 10 - Piano M@t.abel 2010/2011

L’USR Lombardia prosegue le attività formative presso le scuole individuate come presìdi territoriali del piano M@t.abel, rivolto a insegnanti di matematica di scuola secondaria. Iscrizioni entro il 15 settembre 2010.

20 lug 10 - Integrazione e chiarimenti progetto nazionale “Qualità e Merito”

Alcune precisazioni della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici sul progetto Qualità e Merito e criteri di selezione delle scuola da parte dell’USR Lombardia.

16 lug 10 - Restituzione dei dati del Progetto Qualità e Merito

Sul sito dell’Invalsi è disponibile il rapporto di monitoraggio dei dati del Progetto Qualità e Merito relativo al 2009/2010.

16 lug 10 - Risultati del progetto CertINT 2010

Elenco delle 110 scuole lombarde che hanno ottenuto l’attestato di internazionalizzazione CertINT 2010.

16 lug 10 - Confluenza delle scuole secondarie di secondo grado paritarie ai nuovi ordinamenti

Tabella di confluenza delle scuole paritarie di secondo grado rispetto ai nuovi ordinamenti a decorrere dall’anno scolastico 2010-2011. Eventuali richieste autocertificate entro il 30 luglio 2010.

15 lug 10 - Elenco dei docenti di religione che hanno ottenuto il trasferimento per il 2010/2011

Elenco dei docenti di ruolo di religione cattolica che hanno ottenuto il trasferimento per l’anno scolastico 2010/2o11 con indicazione del punteggio complessivo e diocesi destinazione a decorrere dall’1 settembre 2010.

14 lug 10 - Sovvenzione globale Learning Week della regione Lombardia

Sono disponibili online gli Avvisi Dote relativi ai percorsi Transnazionalità e Consolidamento. A partire dal 5 luglio sarà inoltre disponibile online il catalogo aggiornato dei percorsi approvati.

8 lug 10 - Pubblicazioni INVALSI sulla prova di italiano 2009

Rapporto di monitoraggio degli esiti della prova d’italiano di fine secondo ciclo 2009.

8 lug 10 - Calendario dei colloqui per la selezione di un docente coordinatore provinciale di educazione fisica e sportiva

I colloqui orali con i docenti ritenuti idonei a ricoprire il ruolo di Coordinatore si svolgeranno il 13 luglio 2010 a Milano, presso la sede dell’USRL, a partire dalle ore 10.00 secondo il calendario e gli orari riportati nella circolare.

8 lug 10 - Elenco candidati ammessi ai colloqui per la selezione di un docente coordinatore provinciale di educazione fisica e sportiva

La commissione incaricata, valutati i curricoli e i titoli pervenuti, rende noto l’elenco dei 15 candidati ammessi a sostenere il colloquio orale.

6 lug 10 - Commissioni colloqui lingua cinese

Nominati i componenti delle Commissioni per i colloqui di verifica delle competenze dei docenti di lingua, cultura e conversazione cinese.

6 lug 10 - Riforma della scuola secondaria di secondo grado

Invito della direzione generale a curare la correttezza delle informazioni riguardo gli indirizzi previsti dai nuovi regolamenti, evitando pubblicità disorientanti.

5 lug 10 - Progetto nazionale “Qualità e Merito”

Il Progetto Qualità e Merito prosegue per le classi seconde che hanno partecipato alla prima fase e si amplia ad un nuovo campione di scuole. Iscrizioni on-line dal 12 al 25 luglio 2010.

2 lug 10 - Colloqui per la selezione di un docente coordinatore provinciale di educazione fisica e sportiva

Dal giorno 13 Luglio 2010 si svolgeranno presso l’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia i colloqui ai docenti ritenuti idonei.

2 lug 10 - Premio nazionale dei nonni d’Italia

I nonni, che si sono distinti per aver compiuto azioni particolarmente meritorie sul piano sociale, verranno premiati durante la manifestazione che si svolgerà il 2 ottobre 2010 alla presenza del Capo dello Stato, il presidente Giorgio Napolitano al Quirinale a Roma.

 

ELLEDICI

 

Emergenza educazione.

Una sfida per docenti, famiglie e mondo politico. Analisi e proposte

 

Autori:

Pasolini Roberto

N.ro pagine:

224

Dimensioni:

210x140x15 (mm)

Destinatari:

Insegnanti

Famiglie e genitori

Educatori e animatori

Collana:

La sfida educativa

Sezione:

Educazione, animazione e comunicazione

Catalogo:

Libri

Argomenti:

Educazione

Scuola

Classificazione:

SCIENZE DELLA FORMAZIONE

Scuola-didattica, sussidi

Data di pubblicazione:

22-07-2010 -  Edizioni ELLEDICI

Descrizione:

L'autore, uno dei protagonisti della scuola milanese e nazionale, sviscera gli aspetti grandi e piccoli delle vicende scolastiche, offrendo, per ciascuno di essi, acute e pertinenti analisi stimolate da domande intelligenti e ben formulate, secondo tre direttrici: quella della scuola e della sua funzione educativa, quella culturale e sociale (con rimandi storici) e quella istituzionale e politica. Il lettore - sia esso insegnante, genitore, allievo o semplice cittadino - troverà non poche informazioni e riflessioni utili alla comprensione di un mondo con il quale ha spesso a che fare.

Prezzo di copertina:

€ 12.50

Codice prodotto:

04541

Codice EAN13:

9788801045413

Codice ISBN:

9788801045413

 

 


Da Aninsei

 

Esame di Stato 2010 - Chi paga i commissari delle scuole paritarie?

 

Alcune scuole statali, sulla base di direttive ricevute dalla Direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio, che sembrerebbero voler innovare rispetto ad una prassi consolidata, chiedono alle scuole paritarie di corrispondere ai commissari interni delle scuole paritarie i compensi previsti nella tabella 1 quadro A allegata al decreto 24 maggio 2007 emanato dal ministro della pubblica istruzione di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze.

Poiché i commissari agli esami di Stato sono funzionari dello Stato e, di conseguenza, nell’esercizio di tale funzione non hanno alcun rapporto con la gestione della scuola non statale, ma unicamente con l’amministrazione scolastica statale.

L'ANINSEI ritenendo chiaro che i compensi devono essere corrisponsti da parte dello Stato per un’opera che il commissario di esami svolge per incarico dello Stato e che a carico della Amministrazione statale ricadano gli oneri di sostituto di imposta, ha chiesto che venga ripristinata la prassi fino ad ora utilizzata, pur dichiarandosi disponibile ad esaminare ogni possibilità di semplificazione e snellimento della prassi amministrativa.

In allegato la nota inviata dalla Presidenza ANINSEI

 

Allegato

AA10-0076i.pdf

 

Da Tuttoscuola FOCUS

 

1. Manovra/1. Quello strano emendamento sul 30% dei risparmi

C'era attesa per conoscere le mosse concrete del Governo dopo gli annunci del ministro dell'economia Tremonti circa il recupero del 30% dei risparmi previsti nella manovra triennale 2008.

Ebbene un emendamento del relatore alla manovra, Antonio Azzollini, in discussione in commissione Bilancio al Senato prevede che tali fondi verranno 'accantonati' nonostante il congelamento triennale 2011-2013 previsto nella manovra in discussione al Senato e potranno, in un secondo tempo, essere anche destinati a scatti di anzianità e progressioni del corpo docente. A decidere, sarà, però, un "decreto di natura non regolamentare del ministero dell'Istruzione di concerto con quello dell'Economia e sentite le organizzazioni sindacali". Non è definito un termine entro il quale ciò debba avvenire.

Sembra di capire insomma che il Governo stia prendendo tempo per decidere come impiegare quella quota di risparmi derivanti dalle misure stabilite nel 2008 (i 7,8 miliardi di tagli): se investirli nella valorizzazione del merito, come previsto allora (ed enfatizzato come un asse portante della politica scolastica di questa legislatura), o per recuperare il blocco agli scatti di anzianità, misura introdotta in queste settimane, il cui effetto verrebbe in tutto o in parte coperto attingendo appunto a quel "tesoretto" stanziato due anni fa.

Intanto non si capisce se nel frattempo il governo abbia trovato altri fondi per finanziare i debiti delle scuole e per pagare le supplenze.

 

2. Manovra/2. E quel silenzio assordante sulla franchigia per i dirigenti

Non compare in alcun emendamento, a nostra conoscenza, la proposta - avanzata da Tuttoscuola - di eliminare, o quanto meno ridurre, la franchigia che protegge da riduzioni lo stipendio dei dirigenti statali fino a 90 mila euro (mentre per il personale della scuola non c'è alcuna franchigia). Una misura che porterebbe nelle casse dello Stato 6,9 miliardi in tre anni (in caso di eliminazione della franchigia; la metà se la si dimezzasse, per esempio lasciandola solo per i redditi fino a 45 mila euro). Risorse che consentirebbero di ripianare i debiti delle scuole, pagare le supplenze, recuperare pienamente il 30% per la carriera e almeno una parte degli scatti di anzianità (30% e scatti valgono insieme 4,2 miliardi).

Il Governo, almeno finora, non ne fa menzione; non si ha notizia di emendamenti in questo senso da parte della maggioranza, ma neanche da parte dell'opposizione; i sindacati tacciono su questa proposta. Come mai?

Eppure sarebbe un intervento tecnicamente facile da realizzare, nella direzione dell'equità (si richiederebbe alla classe dirigente un sacrificio percentualmente simile a quello richiesto ad altre categorie). Certo, far digerire un taglio significativo e non solo "di facciata" (come è attualmente nella manovra) ai grand commis non deve essere semplice; e poi a quel punto ci si aspetterebbe che la franchigia fosse tolta anche ai parlamentari, quando si procederà alla riduzione dei loro stipendi, che i presidenti di Camera e Senato dovranno deliberare entro la fine dell'anno. Sarà mica per questo? Si sa, a pensar male si fa peccato, ma...

 

3. Non 100 mila ma 14 mila i posti in meno dei precari nel 2009-10

La sintesi dei dati della scuola statale (situazione di fatto) per l'anno scolastico 2009-2010, pubblicata nei giorni scorsi dal Miur, DG Studi Statistica e Sistemi informativi, consente per la prima volta, al di là delle ipotesi o delle indagini campione dell'anno scorso, di fare il punto sul primo anno di attuazione della manovra finanziaria 2008 che ormai da quasi due anni è al centro di tante polemiche.

Come si ricorderà, i tagli di organico, secondo alcuni sindacati, avrebbero determinato una pesante ricaduta sui posti di lavoro dei precari (si parlava anche di una perdita superiore ai 100 mila posti di supplenze annuali o fino al termine delle attività), mentre, secondo il Miur, le riduzioni di posti per i precari sarebbero state molto contenutie (al massimo 18 mila posti in meno).

E nel mezzo delle polemiche c'era stato il provvedimento "salva-precari", con il cosiddetto contratto di disponibilità, che aveva ulteriormente diviso il mondo sindacale.

È interessante ora verificare come sono andate effettivamente le cose.

Nel 2008-09 i docenti con nomina di supplenza annuale erano stati 20.405; in questo anno scolastico che sta finendo sono stati 23.421, con un aumento di 3.106 unità.

I docenti con supplenza fino al termine delle attività didattiche nel 2008-09 erano stati 110.740; nel 2009-10 sono stati 93.844 con una diminuzione di 16.898 unità.

I docenti con contratto a tempo determinato (annuali o fino al termine delle attività) che nel 2008-09 erano stati complessivamente 131.145, sono stati, dunque, 117.265 nel 2009-10, con un decremento finale di 13.880 unità.

Sono state le regioni meridionali ad avere, con 5 mila unità in meno, il maggior decremento di posti per precari, seguite dalle Isole con un calo di quasi 3,5 mila unità, equivalente a quelle complessive di tutte le regioni settentrionali.

 

4. Effetto tagli dopo il primo anno di riforma

L'annuale "Sintesi dei dati" pubblicata dal Ministero dell'istruzione per la situazione di fatto relativa al 2009-10 consente, tra l'altro, di rilevare anche i primi effetti della manovra finanziaria del 2008 sugli organici del personale statale, mettendo a confronto questi nuovi dati con quelli precedenti la riforma stessa.

Tutto il personale scolastico sia a tempo indeterminato che a tempo determinato (supplente annuo e supplente fino al termine delle attività), prima della manovra nel 2008-09, raggiungeva il ragguardevole numero di 1.094.255 unità. Dopo un anno, a manovra applicata, il numero complessivo del personale scolastico è sceso a 1.039.102, con una contrazione complessiva di 55.153 unità (-5%).

I docenti (di ruolo e non) sono diminuiti di 40.384 unità (erano 835.726 e sono scesi a 795.342: -4,8%); il personale Ata (di ruolo e non) è passato da 245.275 a 231.118 unità (meno 14.157: -5,8%).

Alcune novità riguardano anche i docenti di religione cattolica: quelli con contratto a tempo indeterminato sono diminuiti di 243 unità (erano 14.123 nel 2008-09 e sono diventati 13.880 nel 2009-10), mentre quelli con contratto a tempo determinato, grazie anche all'aumento di spezzoni di cattedra hanno avuto un incremento di 638 unità.

Complessivamente nel 2009-10 i docenti di religione sono stati più di 26 mila (26.326).

 

 

da tuttoscuola.com

 

Il rapporto alunni/docenti si è alzato di mezzo punto, ma non ovunque

Un obiettivo correlato alla manovra finanziaria del 2008 era anche quello di alzare il rapporto numerico alunni/docenti: "a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010, sono adottati interventi e misure volti ad incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque entro l'anno scolastico 2011/2012, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei, tenendo anche conto delle necessità relative agli alunni diversamente abili" (comma 1, art. 64, legge 133/2008).

 

Nel computo di tale rapporto non viene considerata la scuola dell'infanzia e non sono calcolati i posti di sostegno. Tenendo conto delle risultanze pubblicate dal Miur nella "Sintesi dei dati per il 2009-10 a confronto con quelle analoghe dell'anno precedente, si riscontra che tale rapporto si è già innalzato di oltre mezzo punto, passando dall'11,41 del 2008-09 all'11,97 del 2009-10.

 

Le regioni del Nord Est, nonostante il sensibile aumento di alunni, hanno dato il maggior contributo nell'innalzamento del rapporto (il Veneto ha aumentato tale rapporto di 0,70); buono anche l'incremento di quelle del Sud (favorite dal calo di alunni) che hanno elevato il rapporto di 0,58.

 

Se il nuovo rapporto alunni/docenti di 11,97 conseguito nel 2009-10 fosse stato conseguito in modo identico da tutte le regioni, vi sarebbe stata una ben diversa distribuzione dei posti da tagliare o da assegnare. Ad esempio, la Puglia avrebbe dovuto avere 2.479 in più, così la Campania (+2.122) e l'Emilia Romagna (+1.971), mentre altre regioni avrebbe dovuto cedere propri posti, come, ad esempio, la Calabria (-2.589), la Sardegna (-1.943) e il Piemonte (-1.631).

 

Ma l'Italia, come si sa, è bella e varia, il che rende l'equità un miraggio.

 

Da Disal

sabato 10 luglio 2010

 

Sostegno H: interpellanza per scuole paritarie II grado

A seguito di sollecitazioni da parte di dirigenti scolastici riuniti nell’annuale incontro DiSAL della Lombardia lo scorso 3 luglio gli on. Valentina Aprea e Antonio Palmieri hanno accettato di presentare una interpellanza urgente al Ministro Gelmini sull’inserimento negli organici del 2010/2011 di personale di sostegno anche per gli alunni D.A. iscritti alla scuola media ed al biennio della scuola secondaria di II grado iscritti alle scuole paritarie. Riportiamo il testo. (DiSAL)

 

                                                                                         Roma, 6 luglio 2010

 

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE VII

 

Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca

 

Premesso che:

                        -la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea stabiliscono che l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente dalle autorità pubbliche;

                        -la Costituzione italiana stabilisce che lo Stato deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l’esercizio dei diritti/doveri  educativi, formativi, scolastici di natura personale ed istituzionale;

                        -la frequenza degli alunni diversamente abili al percorso di istruzione nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria nelle scuole paritarie è favorita da apposite Convenzioni tra Stato e scuole che realizzano il pari trattamento degli alunni in quanto soggetti portatori di diritti indipendentemente dal tipo si scuola frequentata;

                        -attualmente le scuole paritarie, come quelle statali, sono obbligate (legge 62/2000 e 104/92) ad accogliere ed inserire alunni diversamente abili, senza la possibilità di vedere riconosciuto sia parte dell’Amministrazione statale nessuno strumento didattico, nessun personale di sostegno né finanziamenti per la formazione del personale e per la dotazione delle attrezzature necessarie;

                        -le scuole paritarie, come quelle statali, sono così tenute a garantire il diritto allo studio, ad eliminare le barriere architettoniche, a garantire l’assistenza igienica del personale ausiliario senza veder, tuttavia, assegnati all’alunno diversamente abile quegli strumenti, personale e risorse che sono invece garantiti all’alunno diversamente abile frequentante la scuola statale, per cui il diritto soggettivo del portatore di handicap, che non varia in base al tipo si scuola prescelta, non trova applicazione nel caso di alunno frequentante una scuola non statale;

                        -numerose sentenze di Tribunali Ordinari hanno sancito, dal 2001 in poi, l’obbligo del Ministero e, conseguentemente, dell’Amministrazione periferica di assumersi totalmente l’onere economico dell’insegnante di sostegno, rispettando così il diritto della persona portatrice di handicap all’educazione, all’integrazione sociale e alla partecipazione alla vita della comunità, nonché il diritto di crescere in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini;.

                        -l’attuale assenza degli interventi per gli alunni diversamente abili frequentanti le scuole paritarie che lo Stato garantisce agli alunni portatori degli stessi svantaggi ed iscritti alla scuola statale, lede la dignità della persona umana e l’equo trattamento delle stesse specialmente di fronte a situazioni di svantaggio;

                        -è importante sottolineare che il sostegno non è insegnamento in sé, quanto piuttosto il supporto per rendere l’insegnamento fruibile e dunque esso deve essere a carico dello Stato sia nelle scuole pubbliche che in quelle private;

                        -la mancata assegnazione delle stesse risorse materiali, strumentali e dei personale all’alunno frequentante la scuola paritaria si configurerebbe come lesione del principio solidaristico che informa, tra gli altri, il nostro ordinamento nazionale;

 

per sapere:

- quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda porre in atto per fornire anche agli istituti paritari i supporti didattici, di personale e finanziari necessari per dare piena attuazione al diritto allo studio, anche per i minori diversamente abili, al pari di quanto garantito nelle scuole statali. Tutto ciò anche per non ledere la libertà di scelta, da parte dei genitori, dell’istituto da far frequentare ai loro figli.

 

On. Antonio Palmieri

 

Da Disal

martedì 6 luglio 2010

 

Scuola e mercato del lavoro: aumentano le distanze

Troppi giovani disoccupati

 

Tuttoscuola – 5 luglio 2010

L'Istat ha diffuso i dati provvisori (si tratta di stime mensili campionarie) sull'occupazione, che in Italia ammonta nel mese di maggio 2010 a 22 milioni 870.000 unità, il 56,9% della popolazione in età da lavoro: una percentuale bassa, se confrontata con quella di altri Paesi, che si spiega con l'elevato numero di "inattivi" (14 milioni 877.000 persone, il 34,4% della fascia considerata), che non lavorano e non chiedono di lavorare.

I disoccupati, coloro che invece sono in età da lavoro e vorrebbero lavorare, sono 2 milioni 172.000, l'8,7% della cosiddetta popolazione attiva, che comprende gli occupati e i disoccupati. Un dato inferiore a quello della media europea (10,1%) e a quello di Paesi come la Spagna (19,7%) e la Francia (10,1%), ma fortemente caratterizzato, nel nostro Paese, da squilibri distributivi, perché la disoccupazione colpisce di più le donne (10,1% contro il 7,7% degli uomini), e soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni, fascia d'età nella quale la percentuale sale al 29,2%.

All'interno di questa percentuale emergono ulteriori squilibri non solo tra donne e uomini ma anche tra nord e sud, e spesso si tratta di giovani diplomati i cui titoli di studio non hanno assicurato loro alcun posto di lavoro.

A prescindere da altre valutazioni sull'adeguatezza dei percorsi scolastici di tipo tecnico-professionale, va detto che all'origine di questa elevata percentuale di giovani disoccupati sta anche la storica insufficienza del sistema italiano di apprendistato, incapace di realizzare quel mix di esperienza e apprendimento, lavoro e riflessione che caratterizza, per esempio, il modello tedesco.

 

Domanda e offerta non si incontrano

Tuttoscuola – 5 luglio 2010

Una recente ricerca della Fondazione Agnelli, realizzata in collaborazione con la Associazione italiana per la direzione del personale, giunge alla conclusione che dal punto di vista dei datori di lavoro, in occasione delle nuove assunzioni, un mediocre voto di laurea accompagnato da una buona conoscenza dell'inglese e da qualche anche limitata esperienza di lavoro vale più del 110 e lode di un neolaureato che non ha mai lavorato e magari sa tutto di Shakespeare senza possedere un fluent english.

Il fatto è che le aziende cercano giovani, possibilmente di età inferiore a trenta anni, che dimostrino di possedere competenze che le università non forniscono loro, come la capacità di lavorare in gruppo (la didattica e gli esami sono quasi tutti e quasi sempre individuali e disciplinari) o quella di applicare le conoscenze acquisite a casi concreti o in situazioni inattese (in Italia l'approccio dei professori alle materie è essenzialmente astratto, accademico).

Secondo la maggioranza (54%) dei 226 direttori del personale interpellati nella citata ricerca l'università italiana è addirittura peggiorata con l'avvento del 3+2, che pure mirava (anche) ad una maggiore professionalizzazione, mentre solo il 18% ha espresso una valutazione positiva.

Tra le eccezioni si colloca il Politecnico di Milano, dove l'80% dei neolaureati trova lavoro entro quattro mesi. Ma forse non è casuale che in quella università molti corsi siano tenuti in inglese (con severi test di ingresso per gli studenti che vogliono seguirli), che il piano di studi della laurea triennale preveda uno stage obbligatorio di tre mesi, e che la tesi di laurea alla fine del quinto anno debba essere preparata all'interno di un ambiente aziendale.

 

Perché l'istruzione tecnica non decolla?

Tuttoscuola – 5 luglio 2010

Se lo chiede Dario Di Vico, editorialista del Corriere della Sera, nell'ampio servizio che il quotidiano di via Solferino ha dedicato sabato scorso al tema della disoccupazione, con particolare riguardo a quella giovanile, formata in buona parte da diplomati provenienti dai licei, che hanno meno probabilità di trovare un lavoro rispetto a quelli che provengono dagli istituti tecnici e professionali.

Eppure, come confermano anche i dati provvisori sulle iscrizioni alla scuola secondaria superiore per il prossimo anno 2010-2011, la corsa al liceo non si è fermata, tanto che per la prima volta nel dopoguerra gli iscritti al primo anno dei licei saranno nel prossimo mese di settembre in quantità quasi uguale agli iscritti agli istituti tecnici e professionali: 49,3% contro 50,7%, mentre dieci anni fa gli iscritti alle prime classi dei tecnici e dei professionali superavano nel loro insieme il 64% del totale contro poco meno del 33% dei licei (e il 3% degli istituti d'arte).

Le spiegazioni che propone Di Vico sono due: "l'errore compiuto da chi in nome di un'astratta uguaglianza delle chance ha scommesso sulla licealizzazione dei percorsi formativi" e la mancata riqualificazione degli istituti tecnici, tale da rendere la loro offerta davvero competitiva con quella dei licei agli occhi delle famiglie.

Bastano queste ragioni per spiegare il persistere di una tendenza in atto ormai da molti anni?

 

Resta l'impianto tradizionale

Tuttoscuola – 5 luglio 2010

La questione sembra in realtà più complessa se si tiene conto del fatto che la licealizzazione dell'istruzione tecnica, portata avanti con molte contraddizioni sia dal centro-sinistra (legge n. 30/2000, Berlinguer) sia dal centro-destra (legge n. 53/2003, Moratti) non ne aveva in realtà alterato le caratteristiche strutturali (piani di studio, profili), confermate peraltro anche nell'ambito della operazione di rilancio avviata dal governo Prodi e proseguita dall'attuale ministro Gelmini.

Se malgrado tutti gli sforzi di arrestarlo, fatti per vie diverse negli ultimi dieci anni, il declino dell'istruzione tecnica è proseguito, si deve pensare che ci sia qualcosa di inadeguato proprio nell'impianto strutturale.

Lo intuì la commissione Brocca agli inizi degli anni novanta dello scorso secolo, quando propose di irrobustire la formazione generale in non più di una decina di indirizzi tecnici, compreso lo scientifico-tecnologico, rinviando quella specialistica ad appositi percorsi post-secondari di istruzione tecnica superiore o all'università.

Ma la strada intrapresa successivamente, anche per impulso di una Confindustria che non ha saputo elaborare il lutto per la scomparsa dei vecchi periti e ragionieri, è stata un'altra: quella di tentare di fermare il processo di tendenziale despecializzazione dell'istruzione tecnica, e in generale di quella secondaria che è in corso in tutto il mondo, insistendo per il mantenimento di insegnamenti specialistici di settore in ben 25 tra indirizzi e "articolazioni", come stabilisce il nuovo regolamento Gelmini dell'istruzione tecnica. Un'operazione che finora non ha convinto le famiglie e non ha arrestato la grande fuga verso i licei, visto che la prospettiva più verosimile per gran parte dei diplomati, anche di quelli tecnici, è di continuare gli studi, e  che il lavoro, se lo si trova, non è quasi mai legato al titolo di studio posseduto.

 

Il fallimento del 3+2

Tuttoscuola – 5 luglio 2010

E' sempre più chiaro, anche se il mondo universitario stenta ad ammetterlo, che anche il 3+2 si è dimostrato nei fatti una scelta strutturalmente sbagliata. Salvo rare eccezioni la laurea triennale è percepita dagli studenti come qualcosa di provvisorio e incompleto e la mancanza di sbocchi nel mondo del lavoro induce molti a continuare negli studi.

Così una misura che era stata assunta anche per consentire ai giovani italiani di ridurre di un anno la durata media quadriennale degli studi universitari - e all'università italiana di allinearsi ai sistemi che già prevedevano una prima uscita dopo tre anni - si è trasformata di fatto in un prolungamento degli studi a cinque anni.

Ma c'è di più: l'esperienza ha dimostrato che non erano infondati i timori di coloro che paventavano l'incapacità dell'università italiana di tener fede alla promessa di caratterizzare in senso professionale le lauree triennali, riservando gli approfondimenti di carattere più generale e teorico al biennio successivo. Malgrado le centinaia di corsi di laurea triennali con denominazioni formalmente professionalizzanti i piani di studio hanno continuato a prevedere discipline di tipo spiccatamente accademico, insegnate quasi sempre con metodi tradizionali, che trovano poi la loro naturale continuità e completamento nel biennio successivo.

L'errore strategico? Non aver saputo costruire in Italia, in uscita dagli studi secondari, una vera, seria, organica alternativa all'università: un sistema di trienni davvero professionalizzanti e quindi essenzialmente centrati su insegnamenti e apprendimenti di carattere pratico, esperienziale.

 

Testo del rapporto ISTAT

 

 

 

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7 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Paritarie, il presidente Fini auspica una legge che ne allarghi i diritti

di A.G.

 

Nel corso di un convegno a Montecitorio sul tema ‘Parità scolastica’, la terza carica dello Stato si è augurata che la sia approvi entro questa Legislatura “perché anche le private svolgono un servizio pubblico”. Per Gelmini vanno però prima superati gli steccati ideologici. Mentre il Pd contesta al Governo di aver ridotto questi istituti alla canna del gas.

Attuare un riordino del sistema scolastico paritario, che faccia chiarezza sulle competenze di gestione, attraverso una legge da approvare in Parlamento: la richiesta è importante perché è giunta nel corso del convegno, svolto il 6 luglio a Montecitorio, sul tema 'Parità scolastica: a dieci anni dall'approvazione della legge n. 62 del 2000' e a formularla è stato il presidente della Camera, Gianfranco Fini. La terza carica dello Stato a esordito ricordando la sentenza della Corte Costituzionale che nel 2008 ha dichiarato "l`illegittimità della norma, contenuta nella Legge finanziaria del 2007, che prevedeva un incremento degli importi destinati alle scuole non statali. La motivazione della Consulta è stata che tale disposizione viola il principio della legislazione concorrente delle Regioni".

Per il presidente della Camera è indispensabile, quindi, approvare il prima possibile una legge che superi questo blocco: "oltre a evitare i conflitti di competenza tra Stato e Regioni – ha detto Fini - darebbe certezza a famiglie e istituti scolastici nella fruizione dei sostegni previsti dalla legge: uno dei principali obiettivi deve essere quello di permettere anche alle famiglie meno abbienti di scegliere quella che ritengono sia la migliore opzione educativa per i propri figli. Mi auguro che il Parlamento - ha sottolineato - sappia cogliere, già in questa Legislatura, questa grande ed importante opportunità".

Fini ha anche espresso la sua opinione sulla annosa questione dei finanziamenti alla scuola non statale: dopo aver premesso che "anche le scuole paritarie private svolgono un servizio pubblico", il presidente della Camera ha dichiarato che "la parità scolastica non equivale affatto a intaccare il sistema statale dell`istruzione, ma significa contribuire alla crescita dell`offerta formativa in Italia, che rappresenta un diritto per i nostri giovani e un investimento per il sistema-Paese".

I concetti espressi da Fini hanno avuto un seguito nelle parole del ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, secondo cui in Italia "non è stata ancora raggiunta una piena parità scolastica" perché finora "c'è stato sempre un approccio ideologico. Troppe volte - ha sottolineato Gelmini - ci si è divisi tra scuole pubbliche e private, troppe volte si è gridato alla privatizzazione della scuola". Questo ha portato al fatto che "le famiglie non sono ancora in condizione di scegliere liberamente come educare i propri figli". Invece, secondo il Ministro, "bisogna superare gli steccati ideologici".

Le parole pronunciate dal ministro hanno destato reazioni diversificate. Fa un certo effetto quella del Pd,

che attraverso la deputata democratica, componente della commissione Cultura della Camera, Rosa De Pasquale, ha assunto una linea non lontana da quella condotta dall’ex ministro Fioroni. Ed oggi confermata dalla Gelmini, condannando però l’inefficacia sul piano pratico di questo Governo. "La verità – ha detto De Pasquale - è che con la Gelmini le scuole paritarie sono ormai alla canna del gas. Dall'inizio della legislatura il Governo non ha fatto altro che tagliare, ha usato la scuola per fare cassa e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: meno ore di insegnamento, meno didattica innovativa e laboratoriale, meno qualità, meno autonomia, meno servizi e meno possibilità di scelte per le famiglie".

 

da Apcom

 

Scuola/ Gelmini: Non c'è parità, superare steccati ideologici

Famiglie non sono libere di scegliere come educare propri figli

 

Roma, 6 lug. (Apcom) - In Italia "non è stata ancora raggiunta una piena parità scolastica" perché finora "c'è stato sempre un approccio ideologico" al tema. Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, nel corso del convegno alla Camera sulla parità scolastica.

 

"Troppe volte - ha sottolineato Gelmini - ci si è divisi tra scuole pubbliche e private, troppe volte si è gridato alla privatizzazione della scuola". Questo ha portato al fatto che "le famiglie non sono ancora in condizione di scegliere liberamente come educare i propri figli". Invece, secondo il Ministro, "bisogna superare gli steccati ideologici".

 

 

 

Roma, 8 luglio 2010

 

Aumentano i non ammessi alla maturità: sono 23.121, il 6,6%.

Diminuiscono i voti alti.

Stabili le bocciature degli studenti ammessi.

 

Dai primi dati sugli esiti della Maturità (campione del 10%) emergono i seguenti risultati:

 

·         I voti agli Esami di maturità si abbassano. Diminuiscono i voti da 81 a 100 e lode: i voti da 81 a 90 diminuiscono dal 15,3% del 2008/2009 al 15,2% del 2009/2010; i voti dal 91 al 99 passano dal 6,2% al 5,2%; i 100 scendono dal 4,5% al 4%; i 100 e lode passano dallo 0,7% allo 0,6%.

·         Rispetto al 2008/2009, i 60 diminuiscono dall'11,2% al 10,7%; i voti dal 61 al 70 aumentano dal 33,7% del 2008/2009 al 35,1%; i voti da 71 a 80 aumentano dal 28,5% al 29,3%.

·         I non ammessi agli Esami aumentano sensibilmente: nel 2008/2009 erano 17mila (5,1%), nel 2009/2010 sono oltre 23mila (6,6%).

·         A causa dell'aumento dei non ammessi, le bocciature di studenti ammessi agli Esami rimangono stabili, diminuendo leggermente: quest'anno sono il 2,05%, l'anno scorso erano stati il 2,175%.

·         Aumentano notevolmente gli studenti non ammessi agli Esami per aver riportato l'insufficienza in condotta: nel 2008/2009 erano 5.041; nel 2009/2010 sono 8.403.

 

 

8 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Graduatorie, sulla questione delle ‘code’ siamo alla disputa sindacale

di A.G.

 

Mentre l’Anief gongola per la sentenza del Consiglio di Stato, la Gilda di Venezia si dice sconcertata per la possibilità di rifare le liste d’attesa per un semplice errore di notifica dell’Avvocatura di Stato. Poi annuncia un ulteriore controricorso in difesa dei precari ‘storici’.

La mancanza di sintonia tra i sindacati non risparmia le graduatorie degli insegnanti precari, dove in base agli ultimi dati emessi dal Miur stazionerebbero 247.000 aspiranti docenti: le polemiche si sono riaccese a seguito dell'ordinanza n. 207/2010, attraverso cui il Consiglio di Stato ha di fatto sospeso, per un vizio di procedura, il commissariamento del Miur per non aver inserito nelle nuove graduatorie i supplenti ricorrenti, come indicato dal Tar del Lazio, con il sistema del ‘pettine’ anziché in coda.

Alla sentenza del Cds ha fatto seguito, immediata, la soddisfazione dell’Anief, a cui si sono rivolti una buona fetta dei prof non rassegnati a stazionare in fondo alle graduatorie. Dopo le parole del leader degli educatori in formazione, Marcello Pacifico, secondo cui “ancora una volta la giustizia dà ragione alla condotta di un sindacato che vuole soltanto il rispetto di quelle regole che ogni giorno vogliamo insegnare ai nostri studenti: il merito, il lavoro, la professionalità”, giungono ora le dichiarazioni della Gilda di Venezia e che verosimilmente, conoscendo la posizione del coordinatore nazionale, Rino Di Meglio, coincide con la linea di tutto il sindacato autonomo: secondo la sezione veneta della Gilda sarebbe sconcertante che “per un semplice errore di notifica dell’Avvocatura dello Stato si rischia di far saltare tutte le graduatorie in un momento cruciale dell’anno scolastico”.

A differenza dell’Anief, che tutela in via quasi del tutto esclusiva aspiranti docenti abilitati nelle ultime sessioni delle Ssis, la Gilda ritiene opportuno tutelare i diritti dei precari di vecchia data: per questo motivo, dopo che nei mesi scorsi aveva patrocinato un controricorso sulla questione di giurisdizione, oggi ribadisce la propria posizione avversa all’inserimento a ‘pettine’, che lederebbe “i diritti di chi è già in graduatoria provinciale e ha fatto una scelta di vita lavorativa ancora anni fa”. E che ora “rischia di vedersi sorpassato in graduatoria dagli ultimi venuti”. Per la Gilda sarebbe quindi opportuno attuare “un provvedimento urgente da parte del Governo per evitare il caos più totale negli uffici scolastici di tutta Italia”.

La ‘partita’ rimane però aperta. Fonti interne al Miur avrebbero anche ammesso che stavolta, visti anche i tempi davvero stretti per presentare e attendere l’esito di ulteriori ricorsi, vi sono delle reali possibilità che i 5.000 ricorrenti dell’Anief abbandonino le code per essere collocati nelle province richieste in base al punteggio originario. La Gilda di Venezia è consapevole del pericolo. E per questo spiega che qualora “si dovessero rifare tutte le graduatorie invitiamo i docenti che sono direttamente lesi dalle modifiche a rivolgersi alle nostre sedi”. L’impressione è che, comunque vada, la disputa tra i precari è solo all’inizio.

 

 

9 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Maturità: in aumento le bocciature, ma solo quelle dei non ammessi

di A.G.

 

In base ai primi dati forniti dal Miur (10% del totale) i respinti per mano dei Consigli di Classe sarebbero saliti di un punto percentuale. Stabile quello di chi non ce l’ha fatta dopo le prove. Si riduce, invece, la media dei voti sinora assegnati.

La “stretta” voluta dal ministero dell’Istruzione, Gelmini, ma sulla scia del predecessore Fioroni, a proposito delle valutazioni da assegnare agli studenti maturandi, starebbe dando i primi frutti: secondo quanto risulta da un campione minimo (10%) ma già sufficientemente rappresentativo, il numero di candidati che sono riusciti a conseguire il diploma sono in diminuzione dell’1,5%.

La riduzione, già anticipata dal Miur all’indomani della pubblicazione dei primissimi dati sui non ammessi, si deve esclusivamente alla maggiore severità dei Consigli di Classi, che in occasione degli scrutini di fine anno scolastico hanno fermato l’1,6% in più di studenti rispetto al 2009: in base a quanto comunicato dal Miur l’8 luglio, “nel 2008/2009 erano 17mila (5,1%), nel 2009/2010 sono oltre 23mila (6,6%)”. La tendenza sembrerebbe essere stata generata dalla norma (introdotta già nel 2009) che reputa l’insufficienza in condotta un motivo, anche se isolato, più che valido per respingere lo studente: tanto è vero che sempre lo scorso anno i candidati all’Esame di Stato fermati per motivi disciplinari, a prescindere dall’esito nelle altre materie, “erano 5.041; nel 2009/2010 sono 8.403”.

A conferma che a fare la differenza, rispetto al passato, sia stata proprio la condotta (giudicata negativa) è un altro dato fornito sempre dal Miur: la selezione studentesca adottata dai docenti del Consiglio di Classe non sarebbe infatti stata riscontrata dalle 14.000 Commissioni allestite a livello nazionale. “Le bocciature di studenti ammessi agli Esami – ha spiegato viale Trastevere - rimangono stabili, diminuendo leggermente: quest’anno sono il 2,05%, l’anno scorso erano stati il 2,175%”.

Abbastanza stabile, seppure complessivamente in calo, risulterebbe l’esito dei voti fatti riscontare dagli studenti al termine degli Esami di maturità si abbassano. In assoluto, “diminuiscono i voti da 81 a 100 e lode: i voti da 81 a 90 diminuiscono dal 15,3% del 2008/2009 al 15,2% del 2009/2010; i voti dal 91 al 99 passano dal 6,2% al 5,2%; i 100 scendono dal 4,5% al 4%; i 100 e lode passano dallo 0,7% allo 0,6%. Rispetto al 2008/2009, i 60 diminuiscono dall’11,2% al 10,7%; i voti dal 61 al 70 aumentano dal 33,7% del 2008/2009 al 35,1%; i voti da 71 a 80 aumentano dal 28,5% al 29,3%”. Tutte variazioni, insomma, che si possono considerare minime: gli unici dati su che varrebbe la pena soffermarsi è la discesa di un punto percentuale dei voti da 91 a 99. E nel contempo, l’incremento, ancora maggiore (1,4%) del numero di voti appena sopra il minimo (tra 61 e 70).

 

 

Da Disal

sabato 10 luglio 2010

 

ScuolaEuropa/Francia: ritornano convitti per famiglie in difficoltà

Convitti per gli alunni della primaria. In Francia

 

Tuttoscuola – 8 luglio 2010

Una nuova idea educativa sta prendendo piede in Francia in questi ultimi mesi.

Si tratta di convitti (internati) pensati appositamente per gli alunni più piccoli, a partire da quelli che frequentano le prime classi della scuola primaria.

L'obiettivo primario è quello di sostenere gli alunni che hanno possibilità di conseguire buoni risultati scolastici ma non hanno le condizioni economiche o provengono da famiglie in difficoltà.

Sono già una settantina (nove sono statali) gli istituti che accolgono gli alunni delle primarie nei loro convitti, ma il loro numero è destinato ad aumentare per la forte richiesta di iscrizioni.

Ma non sono solo le famiglie disagiate a preferire questo tipo di istituti, dove i bambini possono studiare, fare i compiti e dedicarsi ad attività ludiche con il supporto di personale altamente specializzato.

Il convitto è infatti richiesto anche da genitori con lavori di alto profilo professionale, con orari troppo prolungati o che comportano continui spostamenti.

I costi? Dai 500 ai 1500 euro al mese.

Non mancano, comunque le critiche a questo allontanamento precoce dalla famiglia. Il direttore di una scuola pubblica francese, intervistato dal quotidiano Le Figaro, ritiene che l'inserimento precoce in un convitto potrebbe essere traumatico soprattutto per quei bambini che hanno un legame molto forte con i genitori.

 

 

10 luglio

da Il Sole 24 ORE

 

Cos'è la competenza? Scuola senza frontiere

 

La riforma della scuola secondaria è un fatto importante per il sistema delle imprese. L'accorpamento degli indirizzi dell'istruzione tecnica e professionale, ad esempio, risponde meglio all'evoluzione sempre più rapida dei mestieri e delle professioni che, nella società della conoscenza, rendono facilmente obsoleti livelli eccessivi di specializzazione. Ma c'è un altro elemento del nuovo impianto della scuola superiore che tocca da vicino il mondo delle imprese: il richiamo alla formazione delle competenze dei giovani e l'introduzione di modelli di apprendimento ispirati non soltanto al trasferimento di conoscenze, ma alla loro applicazione.

In una società moderna, lo sviluppo delle competenze deve essere l'obiettivo dell'intero sistema formativo: dalla scuola all'università, fino alla formazione continua sul posto di lavoro. Ed è bene sgombrare il campo da equivoci e polemiche improduttive: a misurarsi con la sfida delle competenze deve essere tutta la scuola superiore, non soltanto l'istruzione tecnica e professionale. In questo senso, non vi è alcuna intenzione di contrapporre modelli educativi fondati sul trasferimento di saperi e discipline con stili di apprendimento incentrati sullo sviluppo di abilità e prestazioni. Quasi fosse uno "scontro di culture" dal quale deriverebbe, a detta di alcuni, una pretesa superiorità dei licei, perché funzionali allo sviluppo di competenze disciplinari "pure" rispetto agli altri tipi di scuola dove, invece, il trasferimento disciplinare avverrebbe solo in forma ridotta e in chiave strumentale.

In realtà, nessuna di queste impostazioni è corretta ed è il frutto di attribuzioni improprie di significato ai concetti di competenza e conoscenza. Proviamo a fare chiarezza. È un grosso errore di fondo identificare le competenze con l'acquisizione di abilità specifiche legate solo a una particolare professione, secondo elenchi e schemi classificatori rigidamente preordinati. Se così fosse, l'istruzione liceale si distinguerebbe davvero, contrapponendosi, a quella tecnica, diventando la scuola della conoscenza intesa come fondamento di una professionalità "alta" che si costruirà poi con la specializzazione universitaria. Ma la competenza è ben altro: è - molto semplicemente - la capacità di "usare" la conoscenza. Basterebbe ricordarci di questo per non temere che una didattica organizzata per competenze possa nuocere alla conoscenza.

La competenza si esercita di fronte a situazioni reali, di vita o di lavoro, che richiedono di saper combinare in modo efficace un sistema organizzato di conoscenze e di utilizzarle in una pluralità di situazioni, spesso anche molto differenti tra loro. Sviluppare competenze significa, dunque, saper fare bene una cosa, sapere perché farla in un certo modo e sapere come ripeterla, anche se cambiano le condizioni di contesto: è ovvio che questo processo non può avvenire in assenza delle conoscenze necessarie. In questo senso, le competenze rappresentano una risorsa decisiva per il successo delle persone e una condizione essenziale perché siano competitive nel mercato del lavoro.

Sotto questo punto di vista, anche il più umanistico dei licei è perfettamente in grado di garantire lo sviluppo di competenze e abilità specifiche e utilizzabili nella vita reale. Ma è anche vero che è soprattutto la cultura tecnica e tecnologica che realizza in modo più compiuto questa sintesi tra conoscenza e capacità di applicazione. Ed è proprio l'istruzione tecnica a dover temere i danni maggiori dalla diatriba tra "disciplinaristi" e "prestazionisti", perché rischia di rimanere a metà del guado. Al contrario, gli istituti tecnici devono essere il primo, fondamentale "luogo" formativo dove i giovani si avvicinano alla cultura tecnologica e dell'innovazione. Una cultura di cui non soltanto il mondo produttivo, ma tutto il paese ha grande bisogno.

 

Alberto Meomartini è presidente di Assolombarda

e della Commissione università di Confindustria

 

 

10 luglio

da Repubblica.it

 

Maturità, aumentano i bocciati e si abbassano i voti di diploma

 

Primi dati forniti dal ministero dell'Istruzione sull'esame del 2010. Il "rigore" voluto dal ministro Gelmini sembra prevalere. Sparicono i superbravi da 100 e lode, diminuiscono i 100

di SALVO INTRAVAIA

 

BOCCIATURE in aumento e voti più bassi alla maturità. E ancora: spariscono quasi del tutto i superbravi, quelli con 100 e lode, e calano i 100. Ecco i primi dati, su un campione del 10 per cento delle scuole, forniti dal ministero dell'Istruzione sugli esami di stato ormai agli sgoccioli. Fra pochi giorni, anche gli ultimi studenti avranno sostenuto il colloquio della maturità e l'anno scolastico potrà essere definitivamente archiviato. Secondo viale Trastevere, la maturità 2010 è stata caratterizzata dall'ormai consueto "rigore" invocato dal ministro Gelmini, con conseguente impennata della dispersione scolastica. Per effetto di una serie di norme introdotte per rendere più credibile l'esame conclusivo del secondo grado, in appena cinque anni, le bocciature all'ultimo anno sono triplicate: nel 2005 erano appena 2,7 su 100.

 

Poi l'allora ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, introdusse l'ammissione agli esami che la collega Gelmini ha reso ancora più difficile richiedendo almeno la sufficienza in tutte le materie per accedere alle prove. E i risultati, ovviamente negativi, non si sono fatti attendere: secondo il comunicato del ministero dell'Istruzione, i non ammessi passano da 17 mila (nel 2009) agli attuali 23 mila. Un 6,6 per cento, cui occorre sommare i bocciati all'esame finali: un altro 2 per cento. Il totale dei bocciati dell'ultimo anno arriva così, nel 2010, all'8,6 per cento: il triplo di 5 anni fa. L'anno scorso i non ammessi agli esami furono 5,1 su 100, mentre il numero di fermati alle prove fu pressoché uguale a quello di quest'anno.

 

Ma nell'elaborare i numeri di quest'anno qualcosa non deve avere funzionato nelle calcolatrici dei tecnici ministeriali: i candidati alla maturità erano quasi 500 mila e il 6,6 per cento semmai corrisponde a 33 mila non ammessi agli esami, non a 23 mila. O, viceversa, 23 mila non ammessi corrispondono al 4,5 per cento: meno dell'anno scorso. Semplice errore di calcolo? Si impennano invece, quest'anno, i non ammessi agli esami per il voto di condotta: 8 mila e 400, contro i 5 mila dell'anno scorso. In questa tornata per ottenere il lasciapassare per gli esami era necessario presentarsi agli scrutini finali con voti positivi: almeno tutti 6, condotta compresa.

 

E i prof sembra abbiano sposato la linea dura cara al ministro Gelmini anche durante le prove: meno diplomati con lode (dallo 0,7 per cento del 2009 allo 0,5 per cento del 2010) e anche meno 100. I voti alti (da 81 a 99 centesimi) sono in netto calo (meno 15 per cento) e crescono invece i voti bassi: da 61 a 80. Studenti più somari o prof più severi? In ogni caso, la linea del rigore ha moltiplicato i bocciati, che a settembre possono scegliere tre strade: ingrossare le fila dei ripetenti della scuola statale, passare alla scuola privata o abbandonare definitivamente gli studi. La dispersione scolastica, che costa alla collettività da 7 a 8 mila euro per alunno, si impenna, ma l'Unione europea ci chiede, mettendo in campo opportune strategie, di farla diminuire.

 

 

Il Sussidiario

 

Fini ha ragione: a quando "un riordino del sistema paritario"?

Roberto Pasolini

sabato 10 luglio 2010

 

Non nascondo che mi sono recato al convegno organizzato il 6 luglio scorso a Montecitorio, sotto il patrocinio del Presidente Gianfranco Fini, con un certo scetticismo verso il rischio di un’altra “parata” che, nonostante le ottime intenzioni della presidente Maria Grazia Colombo, puntasse più a “commemorare” la legge di parità 62/2000 che non ad offrire un’occasione politica tendente a dare, finalmente, una svolta che punti a rimettere mano all’aratro per portare a compimento la parità scolastica nel nostro Paese.

 

Devo riconoscere al contrario, con onestà intellettuale, che il convegno ha indubbiamente avuto una valenza politica poiché, piaccia o non piaccia, ha cercato di attirare l’attenzione dei media e del mondo politico sull’”annosa questio” in una prestigiosa sede istituzionale, presente anche il ministro Mariastella Gelmini.

 

In secondo luogo non sono mancati spunti interessanti nelle diverse relazioni a partire da concetti che, altrettanto onestamente, dovrebbero ormai essere acquisiti come l’affermazione che la scuola paritaria svolge un servizio pubblico, o che scuole statali e paritarie fanno parte di un unico sistema nazionale di istruzione, o che la presenza della scuola paritaria permette un forte risparmio finanziario allo Stato, aggiunti ad altri che aprono qualche spazio al dibattito culturale quale la rivalutazione del principio di parità quale principio laico, ricordato dal Presidente Fini citando Valitutti: “la costruzione della scuola statale - osservò l'esponente del PLI che fu ministro della Pubblica Istruzione alla fine degli anni ’70 - tolse spazio e stimolo alla scuola dei privati

in quanto scuola laica. Il laicismo culturale si rifugiò in larga misura nella scuola statale e con essa si identificò”e, pertanto, da perseguire proprio ai fini di una vera laicità della scuola, così come la necessità di dare una giusta definizione alla sussidiarietà affinché non sia più utilizzata al contrario, come oggi, ma abbia la sua piena applicazione in ambito scolastico aprendo, in questo modo, la strada alla realizzazione di una piena parità.

 

Su questo punto in specifico si è acceso un pacato ma vivo dibattito culturale che ha evidenziato i contrasti ideologici ancora esistenti. L’onorevole Mazzarella, esponente del Partito democratico - forza politica che ha avuto un ruolo determinante nell’approvazione della legge di parità - oltre ad affermare che l’obbligo di istruzione nasce dalla statualità e pertanto deve essere assolto sostanzialmente nelle scuole di Stato, ha sostenuto che il principio di sussidiarietà è applicabile solo limitatamente alla scuola e da qui nasce la vera motivazione del limitato intervento dei ministeri in questi anni. Affermazione forte che ha suscitato inevitabili reazioni, in particolare da parte del Rettore della Lumsa.

 

Il professor La Torre ha voluto dapprima evidenziare l’errore culturale fatto da quanti identificano ancora pubblico con statale, ricordando che sono pubbliche tutte le istituzioni che offrono prestazioni di servizi di carattere generale, per esporre di seguito una sua tesi giuridica che punta a superare il punto di forza di ogni attacco ideologico alla concreta realizzazione della parità: il “senza oneri per lo stato”.

 

La tesi punta ad una interpretazione di quanto è affermato dalla Costituzione nell’articolo 33, distinguendo il dettato del terzo comma che ritiene si riferisca alle scuole meramente private e quanto affermato nel quarto comma, riferito alle scuole paritarie. Il suo intervento si è concluso ribadendo il dettato dell’articolo 118 della Costituzione ed una corretta definizione di sussidiarietà intesa come principio che sancisce l’intervento dello Stato laddove la società civile organizzata non riesce a coprire i servizi necessari ad offrire i servizi pubblici utili e ai cittadini.

 

Principio ripreso con toni diversi anche da Alessandro La Terza, presidente delle Commissione Cultura di Confindustria, che ha voluto segnalare che, ad esempio, ben 500 dei 650 istituti paritari pugliesi sono scuole dell’infanzia: quale miglior concreto esempio di sussidiarietà?

 

Infine alcune dichiarazioni autorevoli dei partecipanti. “Vi è l'esigenza - ha detto il presidente Fini - di un riordino del sistema paritario che, oltre a evitare i conflitti di competenza tra Stato e Regioni, dia certezza a famiglie e istituti scolastici nella fruizione dei sostegni previsti dalla legge” e di “permettere anche alle famiglie meno abbienti di scegliere quella che ritengono sia la migliore opzione educativa per i propri figli”, o quelle del ministro Gelmini tese a riconoscere la presenza di discriminazioni economiche e ad evidenziare l’oggettiva differenza di costi tra il sistema paritario e quello statale (584 contro 6.116 euro), citando dati tratti dal dossier Agesc pubblicato lo scorso anno, affermate in un contesto generale degli interventi teso a riconoscere che il principio di parità è ormai trasversalmente accettato anche se si è ancora di fronte a pregiudizi ed a qualche steccato ideologico che rallentano il percorso, rischiando di renderlo ancora lungo, hanno offerto l’“assist” per l’intervento finale della presidente dell’AGeSC.

 

Maria Grazia Colombo ha voluto evidenziare la necessità che la parità scolastica, percorso di libertà, deve essere portato a compimento per por fine ad “un incredibile caso di sussidiarietà all’incontrario (le famiglie sussidiarie dello Stato) a danno delle stesse famiglie di scuola paritaria” che debbo accollarsi circa 6.245 milioni di euro l’anno per supplire il mancato intervento dello Stato. “La crisi economica non può servire sempre come alibi” ha proseguito, chiedendo con forza interventi immediati che rendano stabili e garantite le pur ridotte risorse attualmente erogate dallo Stato affinché non si debba più assistere all’“annuale ricatto finanziario” in occasione dell’approvazione della legge finanziaria. Al centro vi deve essere la libertà di scelta, una battaglia culturale oltre che economica poiché l’educazione è un bene pubblico, e non un fatto privato, che si può raggiungere solo attraverso un pluralismo educativo.

 

Sarà solo la concreta volontà politica, che potremo verificare nei prossimi mesi, che ci dirà se questo autorevole convegno è stato una “commemorazione” o una “celebrazione” da cui ripartire per dare una risposta definitivamente positiva alle famiglie italiane.

 

 

Da Tuttoscuola FOCUS

 

1. In Germania soldi solo agli studenti più bravi. Perché no?

Fa discutere la decisione del governo tedesco di sostenere finanziariamente gli studenti universitari più meritevoli a prescindere dalla loro condizione economica: si tratta di 300 euro al mese, che andrebbero a 160.000 studenti, l'8% della attuale popolazione universitaria. Una misura dunque rigorosamente meritocratica, che rompe con una tradizione di ancoraggio degli interventi ad indicatori di tipo economico riguardanti le famiglie (reddito, patrimonio, consumi ecc.).

Una decisione coraggiosa, che forse meriterebbe di essere presa in considerazione anche in Italia, dove tutti sanno che le borse di studio e le altre forme di sostegno agli studenti meritevoli finiscono in parte nelle tasche di studenti pseudo "privi di mezzi", appartenenti in realtà a famiglie benestanti che con espedienti vari riescono a dichiarare redditi inferiori a quelli di molti lavoratori dipendenti.

E' vero che la norma costituzionale italiana sul diritto allo studio (art. 34) parla di studenti capaci e meritevoli ‘anche se privi di mezzi', ma sarebbe ragionevole interpretarla nel senso che prima di tutto occorre che gli studenti diano prova di essere meritevoli: in questo modo almeno una parte di studenti davvero privi di mezzi, che attualmente non fruiscono di alcun sostegno per il ‘diritto allo studio', potrebbero accedervi, e qualche figlio di papà sopravvivrebbe anche senza la paghetta  supplementare di cui ora dispone. O no?

 

2. Che tempo (pieno) farà?

Nelle settimane scorse abbiamo assistito all'aspra polemica tra TG3 e ufficio stampa del Miur a proposito del tempo pieno nella scuola primaria per l'anno prossimo: da una parte, la testata televisiva che insisteva con servizi che parlavano di riduzione di posti e, dall'altra, il Miur che a suon di comunicati smentiva il calo, parlava di aumento del tempo pieno e incolpava il servizio radiotelevisivo pubblico di fare politica.

Però di dati attendibili non ne sono venuti da parte di nessuno: soltanto proiezioni e dati campione.

Per sapere la verità dovremo attendere, dunque, forse otto-dieci mesi, il tempo, cioè, che il Miur attualmente impiega per raccogliere dalle scuole ed elaborare tutti i dati complessivi dell'organico di fatto.

L'anno scorso, primo anno del maestro unico, il Miur parlò di aumento di 50 mila iscritti al tempo pieno, un dato che l'opposizione valutò con riserva e non solo per l'aspetto quantitativo.

Dai dati definitivi generali risulta ora che l'aumento per il 2009-10 c'è stato davvero: 49.837 iscritti al tempo pieno in più dell'anno precedente, nonostante la sostanziale conferma dei livelli di popolazione scolastica (incremento complessivo di soli 7.023 alunni). E c'è stato anche un aumento del numero delle classi a tempo pieno (2.176 più dell'anno precedente), mentre quelle a tempo normale diminuivano di 3.860 unità per effetto dei tagli della manovra.

Ma proprio quell'aumento così rilevante potrebbe ora aver compromesso il ripetersi di un uguale exploit per le prime classi del 2010-11, anche in considerazione del fatto che le classi successive alla prima hanno diritto di mantenere l'assetto organizzativo precedente, mentre le risorse disponibili per compresenza sono state già utilizzate pressoché tutte nella prima applicazione.

Se si considera che per il 2010-11 la manovra ha previsto un'altra riduzione di posti, si può ritenere che per le nuove classi del primo anno non ci siano più risorse per espandere il tempo pieno o addirittura nemmeno per confermare almeno le classi uscenti.

E allora chi aveva ragione? Tra dieci mesi lo sapremo...

 

3. Per salvare il posto i docenti si convertono al tempo pieno

Sull'esperienza di tempo pieno nella scuola primaria vi sono alcuni elementi consolidati:

  • nelle regioni meridionali e insulari il tempo pieno non ha attecchito a causa dell'indifferenza dei comuni e delle resistenze degli insegnanti;
  • la domanda delle famiglie, dove vi sono scuole a tempo pieno, è in continuo aumento e provoca il contestuale incremento dell'offerta di servizio (trasformazione di nuove classi a t.p.);
  • quando la domanda di tempo pieno delle famiglie è forte e reale, la percentuale di alunni a tempo pieno è più alta della percentuale delle classi a tempo pieno;
  • quando la domanda di tempo pieno delle famiglie è forte, il numero medio di alunni è più alto nelle classi a tempo pieno che nelle classi a orario normale.

Tenendo conto di questi parametri che caratterizzano il tempo pieno nella scuola primaria, si può dare una lettura più qualitativa sull'aumento di questo modello organizzativo registrato per il 2009-10, che ha sfiorato l'incremento di 50 mila alunni e di circa 2.200 classi a tempo pieno.

Il boom c'è stato soprattutto nelle prime classi non vincolate, a differenza delle classi successive, a confermare i modelli organizzativi precedenti: dei 49.837 alunni che per la prima volta si sono avvalsi del tempo pieno, 33.180 (il 66,6%, cioè due su tre) sono iscritti nelle classi del primo anno; delle 2.176 nuove classi istituite a tempo pieno, ben 1.493 (68,6%) sono del primo anno.

Se si va a vedere dove vi è stato l'aumento, si scopre che nelle regioni settentrionali e centrali la percentuale di nuovi iscritti e quella di nuove classi a t.p. è la metà di quelle delle regioni meridionali e insulari. Per il primo anno di corso le percentuali di incremento al Nord e al Centro oscillano tra il 12% e il 18%, mentre nelle Isole sono rispettivamente del 179% (incremento iscritti t.p.) e del 161,6% (classi) e nelle regioni del Sud sono del 57,4% (alunni) e del 40,4% (classi).

Se per il Sud e per le Isole si confrontano, anche per le prime classi come in quelle successive, le percentuali degli alunni a tempo pieno e quella delle rispettive classi, si riscontra che le seconde sono maggiori delle prime, a riprova che vi è una domanda debole delle famiglie a fronte di una offerta forte della scuola. Il che significa che è stata più la scuola (piuttosto che le famiglie) a volere il tempo pieno. I docenti si sono convertiti al tempo pieno - sembrerebbe - per salvare i posti.

Una riprova di ciò viene anche dal confronto del numero medio di alunni per classe: nel tempo pieno è inferiore al numero medio di alunni delle classi a tempo normale.

 

4. Gelmini: alcune materie insegnate in inglese

Il ministro dell'istruzione Gelmini nella recente intervista al Sussidiario ha annunciato che  "dall'anno scolastico prossimo alcune materie saranno insegnate in inglese... Apriamo ancora di più il nostro sistema scolastico allo scenario internazionale". L'obiettivo  è ambizioso, tanto più se si considera la tradizionale debolezza del nostro Paese relativamente alla conoscenza delle lingue straniere.

Un'idea giusta, infatti, ribatte Pantaleo, segretario nazionale della Flc Cgil, "ma che non ha le gambe per camminare". Di Menna, segretario della Uil scuola aggiunge "... se la tirano fuori dal cilindro, con un colpo di magia, può essere positiva".

Lo scetticismo degli esponenti sindacali non è fuori luogo, perché le buone intenzioni del ministro si scontrano con i comportamenti amministrativi assunti per assicurare concretezza operativa alla previsione del D.P.R 20 marzo 2009, n. 81 concernente tra l'altro il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola. L'art. 10 infatti, prevede di affidare l'insegnamento della lingua inglese nella scuola primaria agli insegnanti specializzati che abbiano frequentato appositi percorsi triennali di formazione linguistica, secondo le modalità definite dal relativo piano di formazione.

Sul livello di attuazione della predetta norma nonché degli analoghi precedenti interventi legislativi inseriti nelle leggi finanziarie relative all'anno 2005 e 2007 che pure stanziavano notevoli risorse per la formazione linguistica dei docenti elementari non è possibile esprimere valutazioni perché il Miur non ha mai comunicato il numero dei docenti specializzati con relativi progetti formativi.

 

5. Insegnare inglese: "zero titoli" nella scuola elementare

Quale è il problema? Se non si riesce a saltare sopra l'asticella reale, cambiamola con una virtuale. I programmati percorsi formativi per la formazione linguistica degli insegnanti elementari sono rapidi perché la scadenza per il pagamento della "cambiale" relativa ai tagli al Ministro dell'Economia è prossima. Gli insegnanti formati, infatti, devono essere pronti dal 1 settembre 2010.

L'obbiettivo è coprire il buco determinato dal taglio di 3900 posti destinati ad una figura particolare di docente elementare, cosiddetto "specialista", utilizzato per insegnare esclusivamente la lingua inglese in più classi della scuola primaria.

In poche parole molti maestri specializzati verranno "reinventati", perché un percorso obbligatorio di formazione rapidissimo di 50 ore di cui 20 online, senza la previsione di alcuna verifica finale,  possa garantire abilità linguistiche per insegnare le lingua inglese ai bambini di sei o sette anni.

Si registra una differenza incolmabile rispetto ad esperienze pregresse di insegnamento dell'inglese affidato a docenti laureati in lingua straniera o formati con percorsi di formazione e di apprendimento delle competenze linguistiche della durata fino a 500 ore, dedicate allo sviluppo delle competenze linguistiche della lingua straniera ed alla preparazione metodologica didattica.

Oggi siamo in presenza di qualcosa di veramente miracoloso: acquisire il livello di competenze linguistiche e metodologiche necessarie con sole 90 ore di insegnamento in presenza e 250 ore, come si dice, "online", cioè a distanza.

Ma non è troppo poco per una scuola che - come dichiara giustamente la Gelmini - voglia aprirsi allo scenario internazionale?

 

 

13 luglio

da Tecnica della Scuola

 

I danni dell’obesità? Iniziano dal basso rendimento a scuola. Serve più prevenzione

di A.G.

 

Se ne è discusso a Roma durante il dibattito "Globesità: strategia e interventi", promosso dall'associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione e dall'università degli Studi di Roma Tor Vergata: se in Italia un bambino su 3 è sovrappeso è perché manca informazione sui corretti stili di vita.

È di almeno 100.000 euro il costo che un giovane di 18 anni obeso richiede alla società, per tutto il corso della sua vita, rispetto ad un giovane senza chili di troppo: la stima è stata realizzata dalla scuola superiore Sant'Anna di Pisa, che evidenzia i costi sociali dell'obesità attraverso l'elaborazione di dati relativi alla prevalenza della patologia in Italia, negli Usa e in Europa e la revisione approfondita di diversi studi internazionali riguardanti questi costi nelle stesse aree geografiche.

Il calcolo realizzato dai ricercatori toscani si basa sul fatto che il costo sociale annuo di una "generica" persona obesa rivelano una spesa media di 1.700 euro (1.400 euro di costi sanitari e 300 di costi non sanitari). Le Regioni che in questi anni hanno registrato i tassi più bassi di cittadini obesi sono il Piemonte, il Trentino Alto Adige e la Liguria, mentre la Regioni con più abitanti con problemi di peso sono il Molise, seguito da Puglia e Basilicata.

A livello nazionale c’è poco da stare allegri: il 9,9% della popolazione è obeso, in cifre si tratta di circa 5 milioni di persone, che gravano sullo Stato per più di 8 miliardi di euro ogni anno, pari a circa il 6,7% della spesa sanitaria pubblica. Il tutto, escludendo da questo valutazioni costi intangibili altrettanto gravosi, come quelli legati al nucleo sociale dell'obeso, alla discriminazione lavorativa, tra cui un più basso rendimento scolastico ed in generale sul versante della formazione. E tutto ciò comporta, come conseguenza finale, disagi psicosociali non indifferenti.

Il problema, sostengono gli esperti, è che tra i giovani non si colgono segnali di miglioramento. Anzi: in Italia, secondo recenti dati Istat, l’eccesso di grasso tra i bambini è sempre più diffuso, tanto che nella fascia di età tra i 6 e i 17 anni, un bambino su 3 è sovrappeso e uno su 4 è addirittura obeso (con punte regionali, come in Campania, anche molto più alte).

Questi temi sono stati affrontati nei giorni scorsi in occasione del dibattito "Globesità: strategia e interventi", promosso dall'associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione e dall'università degli Studi di Roma Tor Vergata. I relatori sono stati concordi nell’individuare nell’informazione, nella prevenzione e nella diffusione di una maggiore cultura dei corretti stili di vita delle soluzioni conosciute e praticabili. Che tuttavia non sembrano essere sufficienti considerando che oltre un milione di giovani con problemi di peso potrebbe vivere dai 10 ai 20 anni in meno rispetto ai coetanei normopeso.

Ancora una volta, la vera arma per contrastare il fenomeno, che ormai è paragonabile a una malattia a diffusione epidemica, è la prevenzione. I consigli sono sempre gli stessi, semplici e difficili al contempo da seguire: adottare uno stile di vita più sano, con una alimentazione corretta, senza eccedere mai in calorie ed evitando i grassi animali e gli zuccheri semplici, mangiando molta frutta e verdura e svolgendo quotidianamente attività fisica, se possibile all'aperto. Ma anche a scuola, il luogo probabilmente migliore per trasmettere valori a favore di una corretta alimentazione e cura di sé.

 

 

13 luglio

da tuttoscuola.com

 

Salta per i disabili il tetto di venti alunni per classe

 

Per favorire l'integrazione degli alunni con disabilità, il nostro sistema prevede due forme di intervento tra di loro integrate: l'assegnazione di docente di sostegno per un tempo rapportato alla gravità dell'handicap e la riduzione del numero complessivo di alunni fino ad un massimo, di norma, di venti unità.

 

Per quanto riguarda la formazione delle classi, dall'anno scorso, per effetto del Regolamento sulla rete scolastica (dpr 81/2009) è stato ripristinato il limite di venti alunni, a cominciare gradualmente dalle prime classi: Le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni.

 

Un emendamento approvato in Commissione Bilancio al Senato sembra riportare, però, indietro tale disposizione, in quanto consente di derogare da tale limite numerico.

 

A lanciare l'allarme per tale intervento sono stati i parlamentari di opposizione che ha così commentato l'emendamento "Con una mano il governo raccoglie, pur con ritardo, le giuste proteste degli invalidi sulle pensioni e sugli assegni d'accompagnamento, con l'altra torna a colpire tra i disabili i più deboli tra i deboli: i bambini, i ragazzi e il loro diritto a imparare e a crescere nelle scuole insieme ai loro coetanei".

 

La posizione del PD è stata espressa dalla senatrice Mariangela Bastico e dalla deputata Manuela Ghizzoni, per le quali "L'emendamento approvato in commissione Bilancio dalla maggioranza rende sempre più difficile una positiva integrazione scolastica, perché stabilisce infatti che è sempre possibile derogare, superandolo, al vincolo dei venti alunni per classe in presenza di uno studente disabile".

 

Secondo le parlamentari gli effetti di questa norma renderebbero difficile l'inserimento scolastico, perché collegati con altre due negative 'innovazioni' della manovra Tremonti: il numero massimo, un vero 'tetto', degli insegnanti di sostegno, già giudicato incostituzionale da una recente sentenza della Corte, e il fissare criteri più rigidi per la certificazione dell'invalidità per l'attribuzione dei docenti di sostegno.

 

 

14 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Disabili, forti proteste per la “miope” sparizione del tetto di 20 alunni a classe

di Alessandro Giuliani

 

Per le associazioni di categoria se l’emendamento (Pdl) passerà in Finanziaria ci sarà un'impennata di richieste di prof di sostegno. E poiché la Corte Costituzionale ha decreto inammissibile porre un limite al numero di questi docenti, i costi supereranno i risparmi previsti. Dura anche la sinistra: secondo il Prc-Se siamo alla ‘carneficina’ ai danni di diritti e persone.

Sembra destinato a rimanere in vita solamente un anno il ripristino del limite massimo di 20 alunni nelle classi dove sono iscritti alunni disabili: come da noi annunciato, per eludere il provvedimento, introdotto nel 2009 attraverso l’art. 5.2 del Dpr 81, la Commissione Bilancio del Senato ha incluso nel maxiemendamento della manovra Finanziaria (che dovrebbe passare nelle prossime ore attraverso il ricorso al voto di fiducia) una correzione (voluta dai senatori Esposito e Latronico, del Pdl) che prevede una deroga all’attuale limite di alunni complessivi iscritti alle prime classi frequentate da alunni con disabilità.

Appena appreso dell’inattesa modifica, da associazioni e partiti sono partite forti critiche. Ad iniziare dagli organismi che difendono i diritti dei disabili, già scesi in piazza la scorsa settimana a causa del paventato innalzamento della percentuale di invalidità che dà diritto all’indennità di accompagnamento. Quando sembrava che l’alzata di scudi avesse prodotto la cancellazione di quest’ultima volontà del Governo, presente nella prima versione della stessa manovra, ecco ora giungere l’addio al “tetto” di 20 alunni per classe in presenza anche di un solo disabile. Secondo Pietro Vittorio Barbieri, presidente Fish, “la prospettiva reale è quella di classi sempre più sovraffollate che mettono a rischio la qualità stessa dell'istruzione e dell'inclusione scolastica. Un atto, quindi, gravissimo che colpisce, ancora una volta, i più deboli. Un danno che riguarda tutti i bambini, siano essi disabili o meno”.

Secondo il presidente dell’associazione pro-disabili quella del Governo è una mossa a dir poco miope, che alla lunga non porterà benefici economici. Anzi, alla luce della piuttosto recente sentenza della Corte Costituzionale, che abbatte limiti al numero di insegnanti a supporto degli alunni con difficoltà nominabili in caso di necessità, se le classi sono sovraffollate “i docenti – sostiene Barbieri - non potranno seguire con attenzione i bambini con disabilità e questo causerà un'impennata nella richiesta di insegnanti sostegno. E di fronte agli eventuali rifiuti vi sarà un fiorire di ricorsi al giudice, nei quali le amministrazioni scolastiche, come avviene ormai in ogni dove, saranno soccombenti. Un contenzioso che causerà un aumento di costi ben superiore ai risparmi previsti”.

Di “ennesimo ‘colpo di mano’, ma anche piuttosto vacillante ed improvvisato sotto il profilo del calcolo economico” parla anche Giovanni Pagano, presidente Fand: l’emendamento “se approvato definitivamente – sostiene il rappresentante dell’associazione - non potrà che creare disagio ai bambini e alle loro famiglie e rendere ancora più devastato un sistema scolastico già messo a dura prova da tagli e misure restrittive. Senza nessun risparmio effettivo. Quell'emendamento – conclude Pagano - va ritirato, abrogato, soppresso nell'interesse di tutti. Compreso del Ministero dell'economia”.

Della volontà del Governo di cancellare il limite dei 20 alunni si è occupato pure il Partito democratico: la senatrice Mariangela Bastico e la deputata Manuela Ghizzoni, attraverso un comunicato congiunto, hanno dichiarato che "l'emendamento approvato rende sempre più difficile una positiva integrazione scolastica". Secondo Antonio Ferraro, responsabile nazionale politiche sociali Prc-Se, si tratterebbe “dell’ennesimo atto maldestro e improvvisato di questa maggioranza, che andrebbe a colpire un sistema scolastico già tartassato da tagli e ridimensionamenti: chiediamo pertanto che l’emendamento venga ritirato nel rispetto di tutti i bambini, disabili e non, e che finisca – ha concluso Ferraro - questa ‘carneficina’ ai danni di diritti e persone”.

 

 

Da Disal

giovedì 15 luglio 2010

 

Finanziaria e scuola: le novità del Senato

 

Tuttoscuola - 14 luglio 2010 - Manovra: tutti gli articoli che riguardano la scuola

Indichiamo qui di seguito gli articoli del decreto legge sulla manovra finanziaria che prevedono, oltre al blocco triennale del rinnovo dei contratti (che riguarda tutto il pubblico impiego), le specifiche misure concernenti il personale scolastico, così come risultano da una scheda di sintesi elaborata dalla Uil scuola:

- all'art. 4 sono aggiunti i commi da 4 septies a 4 nonies, che prevedono nuove modalità di pagamento dei compensi accessori, che saranno pagati direttamente in busta paga, insieme alle competenze fisse per tutto il personale, con eccezione dei supplenti nominati dai dirigenti scolastici per supplenze brevi, che continuano a gravare sui bilanci delle scuole (con esclusione delle maternità); inoltre all'inizio di ogni anno scolastico il Miur comunicherà alle scuole la dotazione finanziaria complessiva per i compensi accessori (fondo di Istituto), che verrà articolata secondo il contratto di istituto; in conseguenza verranno apportate modifiche  al regolamento di contabilità delle scuole.

- all'art. 7 è stato aggiunto il comma 3 bis, che prevede la soppressione dell'ENAM ed il trasferimento delle sue funzioni all'INPDAP, con trasferimento delle risorse strumentali, umane e finanziarie entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge.

- all'art. 9 è stato aggiunto il comma 15 bis, che riguarda i lavoratori LSU: gli Uffici scolastici provinciali sono autorizzati a prorogare le convenzioni ininterrottamente in corso, nei limiti di spesa già previsti dalla legge n. 191/2009.

- all'art. 9 permane il comma 15 relativo ai docenti di sostegno: resta inalterato il contingente dell'organico di fatto dell'anno scolastico 2009/2010 anche per il 2010/2011, fatta salva la possibilità di deroghe per gravi casi.

- all'art. 9 permane il comma 37, che prevede uno specifico confronto tra le parti dopo il 2012 su RPD e CIA.

- all'art. 12, commi 1 e 2, relativamente alle disposizioni in materia pensionistica, rimane per la scuola la previsione di liquidazione delle competenze dal 1° settembre dell'anno di maturazione dei requisiti (ai sensi art. 59 della legge n. 449/1997).

 


Tuttoscuola -  15 luglio 2010 -  La manovra passa al Senato

Il governo ha ottenuto la fiducia del Senato sulla manovra economica. I voti favorevoli sono stati 170, 136 quelli contrari. Ora il provvedimento passa alla Camera.

Molto acceso il dibattito sulla fiducia che ha preceduto il voto finale, con l'opposizione che ha accusato il governo di colpire gli interessi delle nuove generazioni. Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd, ha sottolineato come il provvedimento mostri una "straordinaria povertà di effetti" e manchi di una "strategia politica". "L'unica cosa che interessa, anche l'Europa, sono i saldi contabili. Di scuola, diritti, lavoro, soprattutto per i giovani non c'è traccia". "Abbiamo salvaguardato il paese dai rischi che stanno correndo altri paesi d'Europa" ha replicato il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri.

Per quanto riguarda la scuola il 30 per cento dei risparmi derivanti dalla manovra estiva 2008 potrà essere accantonato e destinato anche agli scatti di anzianità e alla progressione di carriera dei professori.

Confermato  il tetto massimo di 20 alunni per le classi con alunni disabili: la norma approvata dalla commissione, che introduceva una deroga al tetto, è stata infatti eliminata dal testo finale approvato dal Senato.

 

Tuttoscuola -  15 luglio 2010 -  Espropriato l'Enam

Non costa nulla allo Stato, ma dispone di notevoli beni patrimoniali. Soppresso

Il maxiemendamento sulla manovra finanziaria, in fase di conversione al Senato in queste ore, ha previsto all'articolo 7 del decreto legge 78/2010 l'inserimento di un comma aggiuntivo (3-bis) che dispone con effetto immediato la soppressione dell'Enam, l'Ente nazionale di assistenza magistrale.

Lo Stato con questa espropriazione non risparmia nulla, perché l'Enam ha sempre vissuto esclusivamente dei contributi (obbligatori per legge) degli insegnanti statali della scuola dell'infanzia e della scuola primaria.

Alla comunità nazionale l'Enam non è costato nemmeno un centesimo.

Ma lo Stato ci guadagna, perché incamera tutti i beni patrimoniali (cospicui) dell'Ente.

Questo l'emendamento che decreta la fine dell'Enam.

Con effetto dall'entrata in vigore della presente legge, al fine di assicurare la piena integrazione delle funzioni in materia di previdenza e assistenza, l'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM), istituti in base al DLCPS 21 ottobre 1947, n. 1346, come modificato dalla legge 7 marzo 1957, n. 93, è soppresso e le relative funzioni sono attribuite all'INPDAP che succede in tutti i rapporti attivi e passivi.

Con decreti di natura non regolamentare del Ministro del lavoro  e delle politiche sociali di concerto con il Ministro  dell'economia  e delle  finanze e con il Ministro dell'Istruzione dell'università e della ricerca, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge di conversione sono trasferite le risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi, sulla base delle risultanze dei bilanci  di  chiusura delle relative gestioni.

 

 

giovedì 15 luglio 2010

Dislessia: si avvicina la legge

 

Tuttoscuola -  14 luglio 2010 -  La legge sulla dislessia prossima all'approvazione

Forse siamo vicini alla conclusione di questa troppo lunga storia della legge sulla dislessia, visto che la VII Commissione del Senato, in sede deliberante, si prepara, se pur con qualche perplessità, ad approvare il testo licenziato dalla Camera.

Un primo testo sulla legge era stato approvato all'unanimità dalla stessa Commissione del Senato, ma alla Camera erano state introdotte diverse modifiche, costringendo una approvazione in seconda lettura.

La situazione sorprendente di questo ping-pong tra le due Camere è data dal fatto che non vi sono posizioni differenziate tra maggioranza e opposizione (l'unanimità c'è stata sia al Senato sia alla Camera), bensì tra i due rami del Parlamento.

La legge riguarda i DSA, cioè i disturbi specifici d'apprendimento in ambito scolastico (non si chiameranno più difficoltà ma disturbi), individuati sotto le forme di dislessia, disgrafia, disprassia, discalculia, che non consentono a migliaia di ragazzi di conseguire gli apprendimenti attesi.

La senatrice Vittoria Franco, nel dar conto della situazione, oltre ad evidenziare le modifiche condivisibili apportate dalla Camera, ha evidenziato taluni aspetti non altrettanto condivisibili, quali, ad esempio, la possibilità che i familiari di alunni con DSA del primo ciclo di istruzione hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili oppure la cancellazione della previsione contenuta nel testo approvato in prima lettura per incentivare iniziative per l'identificazione precoce dei DSA.

La relatrice ha osservato che le novità introdotte in seconda lettura non paiono sempre supportate da forti motivazioni e che suscita perplessità la nuova disposizione che prevede l'uso di strumenti compensativi, fino all'esonero, per l'insegnamento delle lingue straniere, laddove al Senato detta facoltà era limitata agli alunni bilingui nelle ipotesi di apprendimento della seconda lingua straniera.

Tuttavia, la senatrice Franco ha auspicato, comunque, che la Commissione bilancio renda un parere favorevole sul testo onde consentire un iter spedito, in quanto giudica essenziale approvare rapidamente il provvedimento andando incontro alle attese delle famiglie e degli studenti. Ritiene dunque che la disponibilità di tutte le forze politiche ad una conclusione celere dell'esame sia condizionata all'orientamento della Commissione bilancio.

 

15 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Ripristinati i fondi per le paritarie, ma il PD non è soddisfatto

di R.P.

 

Il sottosegratario Giuseppe Pizza risponde in Senato ad una interrogazione di due senatori del PD. Antonio Rusconi replica e fa notare che dal 2001 i fondi sono sempre gli stessi.

Mentre nell’aula del Senato è in pieno svolgimento il dibattito sulla manovra finanziaria, nella Commissione Cultura il sottosegretario all’Istruzione Giuseppe Pizza risponde ad una interrogazione dei senatori del PD Antonio Rusconi e Mariapia Garavaglia sui finanziamenti in favore delle scuole paritarie.

Ed è subito polemica.

Il sottosegretario, infatti, dà notizia che proprio un mese fa il Ministro dell’economia ha autorizzato una variazione di bilancio che consentirà di trasferire alle Regioni 130milioni di euro a sostegno delle scuole paritarie.

Ma l’opposizione, anziché prenderne atto, sottolinea che si tratta esattamente della stessa cifra erogata nel 2001. Il senatore Rusconi, rispondendo a Giuseppe Pizza, stigmatizza che “in dieci anni di applicazione della legge n. 62 del 2000 non siano state incrementate le risorse in favore di questi istituti, i quali nei piccoli comuni rappresentano gli unici enti in grado di fornire un servizio pubblico”.

Rusconi, evidenzia anzi che molto spesso le scuole dell'infanzia paritarie fanno capo ad enti morali o ecclesiastici e svolgono un lavoro del tutto gratuito e volontario.

Il senatore Rusconi ha anche ricordato che dal 2001 sono mutati i contratti di lavoro che hanno aumentato i costi a carico delle scuole che, peraltro, sopravvivono grazie ai contributi delle famiglie, dello Stato e degli enti locali.

Il rischio, ha aggiunto Rusconi, è quello di una ulteriore penalizzazione causata dai tagli alle amministrazioni locali disposti dal decreto-legge n. 78 del 2010.

In conclusione della sua replica il senatore del PD ha “invocato un maggiore rispetto per le scuole paritarie dell'infanzia, le quali hanno una grande tradizione” dichiarandosi solo parzialmente soddisfatto in quanto il sottosegretario non ha fornito nessuna assicurazione in merito agli stanziamenti previsti per il 2011.

La vicenda non passerà certamente inosservata all’interno del fronte “anti-Gelmini” che lamenta esattamente il contrario di quanto sostenuto dai senatori del PD; l’accusa che i movimenti anti-Gelmini e la stessa Flc-Cgil rivolgono al Governo è infatti quella di aver ridotto drasticamente gli stanziamenti per la scuola statale ma di non aver toccato i finanziamenti per la quella privata.

 

 


 

 

Roma, 15 luglio 2010

 

Gelmini e Abravanel presentano il

Piano Nazionale Qualità e Merito (PQM)

 

Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Mariastella Gelmini e Roger Abravanel, autore del saggio “Meritocrazia. Quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto”, hanno presentato oggi il Piano Nazionale Qualità e Merito (PQM).

Conclusa la prima fase del processo di riforma della scuola, il prossimo obiettivo da raggiungere è migliorare la qualità del sistema educativo. Per farlo è stato predisposto il Piano Nazionale Qualità e Merito, un progetto che prevede l’estensione dell’esperienza dei test oggettivi standard predisposti dall’INVALSI. I test permetteranno di rilevare le carenze di ogni singolo studente e di pianificare azioni mirate per colmare le lacune dimostrate.

Le prove saranno somministrate all'inizio dell'anno scolastico proprio per evidenziare la reale preparazione degli studenti. Al termine dell’anno saranno ripetute per verificare i miglioramenti ottenuti.

Sarà così possibile iniziare a valutare oggettivamente i rendimenti delle singole classi. Questo nuovo metodo consentirà di valorizzare l’autonomia scolastica, poichè darà agli istituti la possibilità di valutare i propri risultati e avviare un processo di miglioramento della qualità dell'insegnamento. Vengono dunque create le premesse per creare un sistema  nazionale di valutazione che sarà pienamente attivo con il completamento del corpo ispettivo, previsto nei prossimi mesi. Le scuole quindi saranno finalmente valutate su base oggettiva e sarà costituito un ranking nazionale degli istituti migliori.

Da settembre, con il nuovo anno scolastico (2010/2011), il PQM coinvolgerà 1.000 scuole medie e, dal 2011-2012, anche la scuola superiore. Entro il 2013 il 50% delle scuole medie sarà interessato dai test. Dal 2013 in poi il Piano sarà esteso gradualmente a tutte le scuole medie italiane.

Quest’anno i test hanno impegnato 17.600 studenti, verificando le competenze solo per quanto riguarda la matematica. Dall’anno prossimo i ragazzi interessati saranno 50.000 e verranno esaminati anche sull’italiano. I docenti coinvolti aumenteranno da 770 a 2.000, assistiti da 200 tutor rispetto ai 68 dell’anno scorso.

Dopo il primo anno di sperimentazione del progetto, il 91% dei dirigenti scolastici ha giudicato il PQM una metodologia efficace e innovativa. Inoltre, è interessante notare che l’87% degli studenti ha scoperto che la matematica è utile e adesso la studia più volentieri. L’84% è consapevole di aver migliorato la propria preparazione.

 

Perché promuovere prove oggettive di valutazione

Crescita economica e test scolastici

La crisi che ha colpito l’economia mondiale ha evidenziato la necessità di un sistema d’istruzione in grado di fornire le competenze necessarie per affrontare la competizione internazionale e riprendere la strada della crescita. Per il rilancio del nostro Paese è urgente dunque migliorare la qualità della didattica.

Quest’obiettivo non può essere raggiunto senza l’introduzione di meccanismi e prove di valutazione oggettive elaborate sulla base di parametri standard ed internazionali. L’Italia - e l’Ocse lo ha ricordato anche di recente - è ormai l’ultimo paese in Europa nel quale la valutazione degli apprendimenti rappresenta esclusivamente un “fatto interno”, che si realizza cioè tra l’insegnante e lo studente attraverso criteri del tutto soggettivi.

 

I risultati raggiunti nei test oggettivi influenzano direttamente la crescita dell’economia. Il grafico seguente dimostra infatti che a risultati positivi nei test corrisponde un livello maggiore di PIL pro capite.

 

Test scolastici e meritocrazia

Il ricorso a questo tipo di test è indispensabile anche per promuovere il valore della meritocrazia. L’erogazione di borse di studio da assegnare agli studenti particolarmente meritevoli non può prescindere da una valutazione imparziale e credibile delle competenze dei ragazzi. La recente scelta fatta in Germania di assegnare borse di studio soltanto sulla base del merito suggerisce una riflessione anche in Italia, dove invece il parametro principale è il reddito.

 

E’ allo studio un sistema per assegnare le borse di studio solo in base al merito, dopo aver sostenuto un test di valutazione che premi i migliori per ogni Regione.

Per questo motivo il ministro Gelmini ha chiesto a Roger Abravanel - la cui collaborazione con il Miur è a titolo completamente gratuito - di mettere a disposizione la sua esperienza per elaborare progetti per la promozione del merito e della qualità nel sistema d’istruzione italiano. Una delle quattro proposte contenute nel suo saggio “Meritocrazia” è proprio quella di introdurre test nazionali standard nelle scuole.

Perché puntare sulla qualità

In passato il criterio privilegiato dal sistema educativo del nostro Paese è stato la quantità. Questa scelta, come dimostra il grafico seguente, non ha affatto contribuito al successo scolastico degli studenti.

 

 

Come si può notare, l’Italia ha il maggior numero di ore di insegnamento e allo stesso tempo i risultati più scarsi. Non è importante dunque quanto tempo gli studenti trascorrono a scuola, ma come investono il proprio tempo tra i banchi. E’ evidente dunque che l’unica strada percorribile è migliorare la qualità del sistema, attraverso meccanismi di valutazione oggettiva.

 

 

15 luglio

da tuttoscuola.com

 

Gelmini lascia?

 

Si fanno sempre più insistenti le voci all'interno della maggioranza per affidare le sorti del PDL, attualmente con qualche crisi al proprio interno, ad un coordinatore unico.

 

In pole position per questo incarico vi sarebbe il ministro Maria Stella Gelmini, per la quale anche le colleghe ministro tifano, pur consigliando cautela.

 

La Gelmini, prima della nomina a ministro, si era fatta apprezzare per un ruolo simile all'interno di Forza Italia in Lombardia, raccogliendo consensi e apprezzamenti anche da parte del premier Berlusconi che l'ha poi premiata con la nomina a ministro.

 

Quella del coordinatore unico sta diventando l'argomento del giorno, obbligato a continuare come tormentone estivo. A settembre sapremo se la Gelmini assumerà questo incarico con il benestare dei diversi "colonnelli" della maggioranza.

 

Se l'incarico di coordinatore si concretizzerà, c'è da chiedersi se la Gelmini manterrà l'incarico di ministro, visto che l'attende una fase complessa nell'attuazione delle "sue" riforme (università e secondaria superiore) per le quali tra pochi mesi dovrà anche privarsi di alcuni direttori generali che si sono dimessi per effetto della manovra.

 

 

15 luglio ’10

da LASTAMPA.it

 

Scuola, nuova riforma della Gelmini: doppio test alle medie e alle superiori

Il piano del ministro: gli studenti verranno valutati a inizio e fine anno.

Svolta per le borse di studio: saranno assegnate soltanto in base al merito

 

ROMA

Un test a settembre e un altro a giugno per accertare quanto hanno imparato in un anno di scuola i ragazzi. Si parte con la scuola media - anello debole della catena formativa - e si prosegue con le superiori fino ad arrivare al 100% delle scuole.

 

L’arrivo di questa duplice verifica è stato annunciato oggi, in una conferenza stampa, dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che nella messa a punto di questa novità si è avvalsa della collaborazione, gratuita, di Roger Abravanel, autore di un fortunato saggio sulla Meritocrazia. «Con questi test - ha spiegato il ministro - non si intende penalizzare nè gli insegnanti nè gli studenti. Lo scopo è, invece, quello di migliorare la qualità del nostro sistema scolastico».

 

«L’Italia è ormai l’ultimo Paese in Europa nel quale la valutazione degli apprendimenti rappresenta esclusivamente un "fatto interno" che si realizza cioè tra l’insegnante e lo studente attraverso criteri del tutto soggettivi». L’arrivo dei test sarà affiancato da una rivalutazione del ruolo degli ispettori (da noi sono un centinaio contro 3.000 della Francia e 1.500 del Regno Unito), da un piano per la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti (se i test non dovessero riscontrare miglioramenti negli studenti è evidente che nella didattica c’è qualcosa che non funziona) e a interventi per un migliore collegamento tra scuola media, superiori e università. «La scuola del futuro è insegnare come pensare e non cosa pensare» ha osservato Abravanel secondo il quale «il declino economico italiano è conseguenza dell’emergenza educativa».

 

TEST DA SETTEMBRE IN 1.000 SCUOLE MEDIE

Con il prossimo anno scolastico il Piano nazionale qualità e merito (Pqm) coinvolgerà 1.000 scuole medie e dall’anno successivo anche le superiori. Entro il 2013 il 50% delle scuole medie sarà interessato dai test e poi il piano sarà esteso gradualmente a tutte le scuole medie italiane. I test, che saranno predisposti dall’Invalsi, ricalcano il modello già adottato per la terza media, ma mentre quest’anno hanno impegnato 17.600 studenti verificando le competenze solo per quanto riguarda la matematica, dall’anno prossimo i ragazzi interessati saranno 50.000 e verranno esaminati anche sull’italiano. Permetteranno di rilevare le carenze di ogni singolo studente e di mettere in campo azioni mirate per colmare le lacune, consentendo alle scuole di auto-migliorarsi.

 

BORSE DI STUDIO IN BASE AL MERITO

Il ricorso ai test servirà anche a promuovere il merito. L’erogazione di borse di studio (finanziate dallo Stato, dalle regioni ma anche da realtà del privato) da assegnare agli studenti particolarmente meritevoli non può prescindere da una valutazione imparziale e credibile delle competenze dei ragazzi - ha spiegato il ministro richiamando quanto fatto in Germania a questo proposito da Angela Merckel. Sarà dunque costituito un ranking nazionale degli istituti migliori e stilata una classifica degli studenti eccellenti per poi assegnare le borse.

 

QUALITÀ ISTRUZIONE VOLANO CRESCITA PAESE

«Per il rilancio dell’Italia è urgente un drastico miglioramento della qualità dell’insegnamento » ha osservato Abravanel. A risultati positivi nei test, infatti, corrisponde un livello maggiore di Pil pro capite. E sulla qualità dell’istruzione - ha ribadito il ministro Gelmini - non incide il tempo che gli studenti traxcorrono in classe visto che secondo dati Ocse l’Italia pur avendo il maggior numero di ore di insegnamento ha i risultati più scarsi.

 

 

Da FISM

 

Scuola paritaria a rischio implosione: 130 milioni di contributi statali stanziati ma non erogati. Taglio di 258 milioni previsto per il prossimo anno.

 

venerdì, 16 luglio, 2010

 

Roma, 16 luglio 2010 – L’anno scolastico è ormai terminato, i bambini delle scuole dell’infanzia paritarie sono in vacanza, ma i contributi statali previsti dalla finanziaria alle scuole paritarie dell’infanzia, nonostante ripetute promesse, ultima quella del ministro Gelmini di pochi giorni fa – non sono stati ancora erogati.

La Fism , che riunisce 8000 scuole dell’infanzia paritarie inserite nel sistema nazionale di istruzione e che quindi svolgono un servizio pubblico alle famiglie ed alla comunità, denuncia questo stato di cose che sta diventando ormai intollerabile, anche perché alla mancata – almeno fino ad ora – erogazione dei contributi dovuti per l’anno scolastico 2009\2010 , nonostante le recentissime interpellanze di alcuni deputati e senatori – si aggiunge il taglio di 258 milioni previsto ad oggi dalla manovra economica in corso e da quanto previsto el bilancio triennale per il 2011.

Pare perfino superfluo ricordare per l’ennesima volta che un bambino che frequenta la scuola dell’infanzia statale costa allo Stato 6.116 euro all’anno contro i 584 euro – contributo rimasto immutato dal 2001- per un bambino frequentante una scuola dell’infanzia paritaria e che se lo Stato volesse sostituire le scuole dell’infanzia non statali, dovrebbe spendere poco meno di 4 miliardi di euro all’anno, ogni anno, soltanto per la spesa corrente.

E’ indilazionabile a questo punto un’iniziativa del ministro Gelmini per la modifica del bilancio triennale dello Stato 2011/2013 – quantomeno sul 2011 – per evitare il rischio di implosione dell’intero sistema scolastico paritario non profit”.

E’ necessario, al posto del capitolo unico di bilancio per la scuola paritaria, tornare – come nel recente passato – ad indicare chiaramente le cifre in quattro capitoli: per la scuola paritaria dell’infanzia non profit; per la scuola paritaria primaria; per l’handicap; per altro. Ancora la Fism conviene con l’indicazione – già contenuta nel documento elaborato ed unanimemente condiviso del Gruppo di lavoro della Commissione ministeriale per la parità (istituito dal Ministro Gelmini, nel febbraio 2009) e consegnato al Ministro stesso nel luglio 2009 – di convenzioni pluriennali con il MIUR anche per le scuole dell’infanzia, ma con fondi definiti ed adeguati. Nel predetto documento è chiaramente indicato, tra l’altro, di inserire gli interventi economici quantificati dalle leggi finanziarie, per le scuole paritarie, nelle “Norme generali d’istruzione”, onde assicurarne la destinazione.

Infine è opportuno ricordare che i Consigli di Amministrazione delle scuole dell’infanzia hanno già dovuto definire le rette per l’anno scolastico 2010-2011 e che il quadro sociale delle famiglie che iscrivono i loro figli alle scuole Fism non consente di gravarle di ulteriori oneri economici.

 

Da FISM

 

Piano nazionale infanzia: la FISM chiede attenzione e sostegno per servizi prima infanzia e minori stranieri non accompagnati e sollecita istituzione immediata garante infanzia

 

venerdì, 16 luglio, 2010

 

Roma, 15 luglio 2010 – Era atteso da 5 anni e finalmente il Piano nazionale per l’Infanzia e Adolescenza è stato presentato ieri, 14 luglio, all’ Osservatorio nazionale infanzia. Un piano articolato che dovrebbe definire le linee guida di intervento del governo e delle istituzioni a livello centrale e locale per dare piena attuazione ai diritti dei minori stabiliti dalla Convenzione Onu del 1989 ratificata dall’Italia con la legge 176 del 27 maggio 1991.

Fra i punti del Piano l’impegno di estendere la rete dei servizi per la prima infanzia (0-6 anni) al quale tuttavia dovrà necessariamente affiancarsi un impegno di spesa adeguato da parte del governo centrale e locale per sostenere le strutture scolastiche statali e paritarie presenti in questo settore, fra le quali – si ricorda – le 8000 scuole dell’infanzia, 600 sezioni primavera ed i tantissimi nidi della Federazione Italiana Scuole Materne (Fism).

Nel Piano opportunamente si sottolinea anche la centralità della funzione educativa della famiglia, anche se non tutti i bambini nel nostro Paese vivono in un contesto familiare sereno e facilitatore di un loro sviluppo armonico. E’ evidente che il contesto sociale e culturale è profondamente mutato rispetto al 1989, anno in cui è stata approvata la Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e pertanto è necessario avere presenti alcune priorità che vanno emergendo nel nostro paese. Fra queste la presenza di 800mila minori stranieri, molti dei quali non accompagnati. A questi ultimi, in particolare, è necessario dare particolare attenzione per assicurare loro tutti i diritti previsti dalla nostra legislazione – dall’accesso alla scuola al sistema sanitario pubblico – ed adottare tutte le precauzioni per evitare che diventino vittime di odiose forme di sfruttamento.

Nel Piano ci si impegna anche all’istituzione del Garante nazionale per l’infanzia, ma la legge istitutiva, nonostante le ripetute sollecitazioni da parte delle associazioni e il richiamo dello stesso Comitato Onu per l’applicazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia, non è stata ancora approvata.

Infine nel Piano, fra le azioni programmate relative all’”evento nascita”, si ricorda anche “l’effettività del diritto della donna al non riconoscimento del proprio nato ed alla segretezza del parto”. Purtroppo l’ignoranza di questo diritto ha provocato in questi ultimi anni ripetuti casi di abbandono di neonati con conseguenze spesso tragiche. La Fism , nel suo impegno globale al servizio dell’infanzia, ha rilevato la scarsa conoscenza fra le donne soprattutto straniere di questo diritto, e si è fatta promotrice, già alcuni anni fa, di una campagna informativa televisiva nazionale. L’interesse superiore del bambino, enunciato dalla Convenzione Onu, deve prevalere anche in questo ambito su ogni altra considerazione.

 

16 luglio

da LASTAMPA.it

 

Scuola, nuova riforma della Gelmini: doppio test alle medie e alle superiori

Il piano del ministro: gli studenti verranno valutati a inizio e fine anno.

Svolta per le borse di studio: saranno assegnate soltanto in base al merito

 

ROMA

Un test a settembre e un altro a giugno per accertare quanto hanno imparato in un anno di scuola i ragazzi. Si parte con la scuola media - anello debole della catena formativa - e si prosegue con le superiori fino ad arrivare al 100% delle scuole.

 

L’arrivo di questa duplice verifica è stato annunciato oggi, in una conferenza stampa, dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che nella messa a punto di questa novità si è avvalsa della collaborazione, gratuita, di Roger Abravanel, autore di un fortunato saggio sulla Meritocrazia. «Con questi test - ha spiegato il ministro - non si intende penalizzare nè gli insegnanti nè gli studenti. Lo scopo è, invece, quello di migliorare la qualità del nostro sistema scolastico».

 

«L’Italia è ormai l’ultimo Paese in Europa nel quale la valutazione degli apprendimenti rappresenta esclusivamente un "fatto interno" che si realizza cioè tra l’insegnante e lo studente attraverso criteri del tutto soggettivi». L’arrivo dei test sarà affiancato da una rivalutazione del ruolo degli ispettori (da noi sono un centinaio contro 3.000 della Francia e 1.500 del Regno Unito), da un piano per la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti (se i test non dovessero riscontrare miglioramenti negli studenti è evidente che nella didattica c’è qualcosa che non funziona) e a interventi per un migliore collegamento tra scuola media, superiori e università. «La scuola del futuro è insegnare come pensare e non cosa pensare» ha osservato Abravanel secondo il quale «il declino economico italiano è conseguenza dell’emergenza educativa».

 

TEST DA SETTEMBRE IN 1.000 SCUOLE MEDIE

Con il prossimo anno scolastico il Piano nazionale qualità e merito (Pqm) coinvolgerà 1.000 scuole medie e dall’anno successivo anche le superiori. Entro il 2013 il 50% delle scuole medie sarà interessato dai test e poi il piano sarà esteso gradualmente a tutte le scuole medie italiane. I test, che saranno predisposti dall’Invalsi, ricalcano il modello già adottato per la terza media, ma mentre quest’anno hanno impegnato 17.600 studenti verificando le competenze solo per quanto riguarda la matematica, dall’anno prossimo i ragazzi interessati saranno 50.000 e verranno esaminati anche sull’italiano. Permetteranno di rilevare le carenze di ogni singolo studente e di mettere in campo azioni mirate per colmare le lacune, consentendo alle scuole di auto-migliorarsi.

 

BORSE DI STUDIO IN BASE AL MERITO

Il ricorso ai test servirà anche a promuovere il merito. L’erogazione di borse di studio (finanziate dallo Stato, dalle regioni ma anche da realtà del privato) da assegnare agli studenti particolarmente meritevoli non può prescindere da una valutazione imparziale e credibile delle competenze dei ragazzi - ha spiegato il ministro richiamando quanto fatto in Germania a questo proposito da Angela Merckel. Sarà dunque costituito un ranking nazionale degli istituti migliori e stilata una classifica degli studenti eccellenti per poi assegnare le borse.

 

QUALITÀ ISTRUZIONE VOLANO CRESCITA PAESE

«Per il rilancio dell’Italia è urgente un drastico miglioramento della qualità dell’insegnamento » ha osservato Abravanel. A risultati positivi nei test, infatti, corrisponde un livello maggiore di Pil pro capite. E sulla qualità dell’istruzione - ha ribadito il ministro Gelmini - non incide il tempo che gli studenti traxcorrono in classe visto che secondo dati Ocse l’Italia pur avendo il maggior numero di ore di insegnamento ha i risultati più scarsi.

 

 

16 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Manovra finanziaria: ok del Senato

di R.P.

 

Nessun problema per il Governo che incassa il voto di fiducia. Soddisfatto il ministro Tremonti, polemica l'opposizione. Per gli scatti di anzianità bisognerà aspettare un decreto ministeriale. Cancellato il "glorioso" Enam.

Con 170 voti a favore e 136 contrari il Senato ha dato il via libera alla manovra finanziaria contenuta nel decreto legge 78 di fine maggio.

Il maxiemendamento proposto dal Governo è passato senza difficoltà e ora si tirano le somme.

Gli scatti di anzianità del personale della scuola potrebbero essere ripristinati, ma il testo approvato dal Senato si limita a stabilire che le modalità di utilizzo dei risparmi legati ai tagli di organico di questi anni saranno definite con un decreto ministeriale di natura non regolamentare adottato dopo aver sentite le organizzazioni sindacali.

La formulazione sta facendo discutere parecchio per diverse ragioni.

Il fatto che si tratti di un semplice decreto e non di un regolamento vero e proprio significa che esso potrà essere adottato con una procedura semplificata (per esempio non sarà necessario acquisire il parere delle Commissioni parlamentari); significativo poi che non si dica “previa intesa” con i sindacati, come invece avrebbero voluto l’opposizione e la Cgil.

La formula “sentite le organizzazioni sindacali” vuol semplicemente dire che, prima di firmare il decreto, il Ministro dovrà informare i sindacati senza per questo averne il consenso; in altre parole sarà sufficiente che il Ministro convochi una riunione e consegni il testo del provvedimento, anche se va detto che è ormai prassi che, in questi casi, qualche osservazione sindacale venga accolta, anche se solo parzialmente.

Dopo diversi batti e ribatti è saltata l’ipotesi di cancellare il tetto dei 20 alunni per le classi che accolgono alunni disabili; va però considerato che già ora molto spesso il tetto non viene rispettato e sono frequenti i casi di classi con disabili formate da 25-28 alunni, soprattutto se il disabile non è considerato grave.

Farà molto discutere, infine, la disposizione con cui si sopprime l’Enam e se ne trasferiscono proprietà e competenze all’Inpdap. In pratica con due righe di una legge lo Stato incamera i beni (consistenti) di proprietà dell’Enam acquisiti nel corso degli anni grazie ai contributi, peraltro obbligatori, dei docenti delle scuole dell’infanzia e della scuola primaria.

Nei prossimi giorni il provvedimento verrà esaminato dalla Camera dove, a meno di sorprese dell’ultima ora, entro fine mese il decreto 78 sarà convertito in legge.

 

 

17 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Linee guida nuovi istituti tecnici

di Lara La Gatta

 

Il Ministero dell’istruzione ha pubblicato la direttiva e le linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento degli istituti tecnici.

Le linee guida, predisposte a cura del gruppo tecnico di lavoro operante presso il Dipartimento per l’istruzione in sinergia con le istituzioni scolastiche, le associazioni professionali e le parti sociali, individuano gli orientamenti per sostenere gli istituti tecnici, in relazione al primo biennio dell’a.s. 2010/2011, nell'applicazione delle innovazioni ordinamentali introdotte dal regolamento di cui al D.P.R. n. 88/2010.

Si tratta di un documento articolato, che analizza vari aspetti che interesseranno gli istituti tecnici all’avvio del nuovo anno scolastico, dalle azioni per il passaggio al nuovo ordinamento, agli orientamenti per l’organizzazione del curricolo, passando attraverso tematiche “trasversali”, quali l’integrazione delle scienze, la legalità, cittadinanza e Costituzione, la conoscenza dell’ambiente e del territorio, la formazione per la sicurezza.

“Il riordino dell’istruzione tecnica - leggiamo nel testo - si è misurato con la frammentarietà che negli anni si è andata moltiplicando, in assenza di riforme organiche e ha ricondotto l’insieme delle proposte formative ad alcuni indirizzi fondamentali, in modo da favorire l’orientamento dei giovani e, nel contempo, garantire una preparazione omogenea su tutto il territorio nazionale. Nel successivo triennio sarà possibile articolare ulteriormente tali proposte in opzioni, anche per rispondere alle esigenze di una formazione mirata a specifiche richieste del tessuto produttivo locale.”

I percorsi degli istituti tecnici sono definiti, rispetto ai percorsi dei licei, in modo da garantire uno base comune di saperi e competenze riferiti soprattutto agli insegnamenti di lingua e letteratura italiana, lingua inglese, matematica, storia e scienze, che hanno già trovato un primo consolidamento degli aspetti comuni nelle indicazioni nazionali riguardanti l’obbligo di istruzione. Inoltre, altro importante obiettivo è dare spazio alle metodologie finalizzate a sviluppare le competenze degli allievi attraverso la didattica di laboratorio e le esperienze in contesti applicativi, l’analisi e la soluzione di problemi ispirati a situazioni reali, il lavoro per progetti, prevedendo anche uno stretto collegamento con il mondo del lavoro e delle professioni, attraverso stage, tirocini, alternanza scuola-lavoro.

Le linee guida sono integrate da due allegati, il primo riguardante la declinazione dei risultati di apprendimento in conoscenze e abilità per il primo biennio (A.1 Settore economico - A.2 Settore tecnologico) ed il secondo contenente un glossario dei termini più ricorrenti.

Con Avviso del 15 luglio, il Miur comunica che la direttiva è stata inviata alla Corte dei Conti per la registrazione.

 

 

18 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Il primo ok alla Finanziaria mette a nudo le spaccature sindacali

di A.G.

 

Le critiche maggiori da Flc-Cgil, comitati di base a ass. precari. Perplessa pure la Gilda. Alla “finestra” Snals e Uil. Soddisfatta la Cisl: soluzioni più efficaci non erano realisticamente perseguibili. La neonata Cgu dice che è tempo che tutti i sindacati ritrovino una strategia unitaria di azione. Ma i tempi non sono maturi.

L’approvazione in Senato della manovra Finanziaria ha riproposto le posizioni diversificate dei sindacati di fronte alla politica di ‘razionalizzazione’ delle spese intrapresa negli ultimi 24 mesi dal Governo. Il (quasi) scampato pericolo di blocco triennale degli scatti di anzianità è stato interpretato in modo antitetico: la più critica è stata la Flc-Cgil, secondo il cui segretario generale, Domenico Pantaleo, il ricorso al decreto ministeriale, attraverso cui verrà definita l’entità dei fondi da estrapolare dai risparmi destinati al merito, "oltre a non essere chiaro nei tempi e nei modi, rappresenta un parziale risarcimento di natura solo economica. Infatti il diritto del personale alla maturazione degli scatti di anzianità non viene assolutamente ripristinato". Dalla stessa parte dei lavoratori della conoscenza c’è il Coordinamento precari della scuola, una cui delegazione era presente il 15 luglio in occasione del sit-in organizzato dalla Cgil davanti al Senato in occasione del voto di fiducia. Ed anche se non si tratta di un sindacato, quella dei precari è una realtà tutt'altro che da trascurare (se non altro per la forte consistenza numerica potenziale).

Forti dubbi verso l’esito della Finanziaria 2010 sono stati espressi anche dalla Gilda degli Insegnanti: il coordinatore nazionale, Rino Di Meglio, si chiede se il Governo “riuscirà davvero a seguire questa strada, rispettando così l’impegno assunto dal ministro Tremonti di utilizzare il 30% dei fondi riservati al merito per evitare il blocco degli scatti di anzianità". Il sindacato autonomo non sembra molto ottimista sull’esito del decreto, tanto che "di fronte a una situazione così incerta" annuncia l’intenzione di "confermare tutte le iniziative di protesta in programma per il prossimo anno scolastico , tra cui l’astensione dei docenti dalle attività non obbligatorie, a partire dall’organizzazione delle gite e dei viaggi di istruzione".

Di rifiuto a partire da settembre di “ogni forma di ‘collaborazionismo’ nelle scuole” e di “ogni genere di attività aggiuntiva e lavoro volontario oltre gli stretti impegni contrattuali” parla anche Piero Bernocchi, coordinatore Cobas: contro quello che definisce “un furbesco emendamento di apparente modifica del blocco per ingannare docenti ed Ata”, Bernocchi chiede inoltre al personale di bloccare tutti i progetti e le attività aggiuntive (con conseguente distribuzione egualitaria del fondo di istituto), le cattedre extra-large oltre le 18 ore (che sottraggono posti di lavoro ai precari), le attività di coordinamento, le gite scolastiche, l’accettazione in aula di alunni/e di altre classi”.

Di tutt’altro tenore i giudizi, sempre sul testo approvato al Senato, da parte delle organizzazioni di settore. Per Marco Paolo Nigi segretario generale dello Snals-Confsal "quello ottenuto è un risultato parziale e in sede contrattuale dovremmo operare per il mantenimento della progressione di anzianità anche oltre il triennio". Massimo Di Menna, a capo della Uil Scuola, chiede un immediato incontro a tre (Miur, Mef e sindicati) per definire il decreto, ma al momento ritiene che "il testo della manovra approvato in Senato consente una soluzione positiva alla questione degli scatti del personale della scuola, ottenuta attraverso un'azione sindacale rigorosa, intelligente e partecipata".

Canta vittoria, invece, la Cisl Scuola, che per trovare una soluzione al blocco degli scatti del personale scolastico aveva messo in campo tutte le ‘forze’ possibili, compreso l’interessamento in prima personale del segretario generale Raffaele Bonanni: "gli emendamenti ci sono – sostiene la Cisl - e sono quelli su cui si era convenuto. Soluzioni più vantaggiose e di più immediata efficacia, per quanto auspicabili, non erano realisticamente perseguibili. Chi ritiene che lo fossero, evidentemente vive nella dimensione astratta del desiderio, il che non è consentito a un sindacato che responsabilmente voglia tutelare i lavoratori che rappresenta, facendo seguire alla doverosa e forte protesta la concretezza dei risultati possibili".

Fin qui le reazioni. In attesa che si realizzi l’auspicio della neonata confederazione Cgu (“è tempo che tutti i sindacati ritrovino una strategia unitaria di azione” uscendo da “logiche concertative inutili”), l’impressione è che la “partita” sui tagli rimanga ancora aperta: è improbabile, infatti, che l’intero importo derivante dai mancati scatti professionali (alcune stime indicano che nel corso degli anni si tratti di quasi 20 miliardi di euro) possa essere coperto dai circa 2 miliardi e mezzo di euro derivanti dai tagli imposti dalla Legge 133/08. Nelle prossime settimane, in corrispondenza dell’avvio del nuovo a.s., vista la pausa estiva imminente, ne sapremo qualcosa di più.

 

 

da Apcom

 

Scuola/ Dal 2012 voti on line, pagelle di carta solo a richiesta

Per esperti La Tecnica della Scuola solo più lavoro per istituti

 

Roma, 18 lug. (Apcom) - Ancora due anni e per gli studenti italiani la tradizionale pagella cartacea, contenente i giudizi di metà e fine anno scolastico, potrebbe diventare un ricordo: al suo posto arriverà un documento di valutazione di tipo 'elettronico', inviato dalle scuole in modalità digitale. Anche se, a ben vedere, le famiglie degli studenti potranno chiedere entrambe le versioni.

 

La novità, riportata oggi dal periodico La Tecnica della Scuola, è contenuta nell'articolo 30 del ddl in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese, già approvato dalla Camera agli inizi del mese di giugno, ed in questi giorni all'esame del Senato: la norma prevede che alla fine dell'anno scolastico 2011/2012 la "pagella elettronica" dovrà essere resa disponibile per le famiglie "sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale".

 

Le famiglie, tuttavia, potranno ottenere, su richiesta, la doppia versione: lo stesso art. 30 prevede comunque il mantenimento del "diritto", da parte "dell'interessato di ottenere gratuitamente copia cartacea del documento redatto in forma elettronica".

 

Secondo la redazione del periodico specializzato in scuola la doppia modalità, cartacea e digitale, non verrà bene accolta dalle segreterie didattiche: "per le scuole, già oberate da innumerevoli incombenze e con risorse finanziarie sempre più ridotte, - sostiene La Tecnica della Scuola - non ci sarà alcun vantaggio", ma una sicura mole di lavoro aggiuntiva. La conclusione è che la novità avrà "sicuramente un certo impatto mediatico, ma non sembra che possa servire davvero a semplificare i rapporti fra scuola e famiglia e a far risparmiare carta".

 

Le amministrazioni dei 10mila istituti scolastici italiani "dovranno informatizzare le procedure per l'attribuzione dei voti agli alunni, ma dovranno contemporaneamente - sottolinea la rivista scolastica - produrre la pagella cartacea (è facile prevedere, infatti, che la stragrande maggioranza delle famiglie chiederà di avere copia del documento)".

 

E le critiche al provvedimento non finiscono qui: "Non si capisce perché - sostengono gli esperti di scuola - con un semplice provvedimento ministeriale non si ponga mano a semplificazioni che si potrebbero introdurre da subito e senza difficoltà. Per esempio si potrebbe eliminare l'obbligo, previsto da una vecchia circolare ministeriale, di inserire copia cartacea della pagella nel fascicolo personale di ciascun alunno; così come si potrebbe, da subito, la trasmissione da scuola a scuola di tutto il contenuto dei fascicoli degli alunni che si trasferiscono".

 

E ancora, "più semplicemente, si potrebbe stabilire che il nulla osta al trasferimento degli alunni (una scuola di medie dimensioni ne produce non meno di una cinquantina all'anno) venga trasmesso per tramite posta elettronica alla scuola di nuova iscrizione anziché essere consegnato in formato cartaceo alla famiglia".

 

Le possibilità che il ddl venga approvato sono comunque molto alte. Successivamente, però, il testo del provvedimento è atteso da un iter piuttosto complesso: dovrà essere proposto da tre ministri (Pubblica amministrazione, Istruzione ed Economia), previo parere del Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza Stato Regioni. Ed entro quattro mesi dalla sua approvazione, il presidente del Consiglio dovrà emanare un apposito decreto.

 

 

19 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Paritarie, ma il Governo da che parte sta?

di A.G.

 

Spesso accusato di favorire gli istituti privati a svantaggio dei pubblici, da qualche tempo si deve difendere da attacchi opposti. L’ultimo è della Fism: l’a.s. è finito ma i 130 milioni promessi non sono mai stati erogati ed in futuro si prevedono tagli, rischiamo di scomparire. Ma i vertici di viale Trastevere dicono che non c’è alcun ridimensionamento, anzi (a parole) rilanciano il settore.

Sta assumendo dei contorni quasi paradossali la vicenda del sostegno finanziario prodotto dal Governo in carica per mantenere in vita le scuole paritarie: spesso accusata di favorire gli istituti privati a svantaggio dei pubblici, nell’ultimo periodo la maggioranza parlamentare ha dovuto difendersi anche dagli attacchi di coloro che sostengono il contrario. Di coloro secondo cui, in pratica, il Governo starebbe facendo ben poco per risollevare un settore i cui finanziamenti statali sono fermi da anni. Tanto è vero che rispetto alle ultime legislature, la attuale si sarebbe resa artefice di ingiustificati ritardi nelle sovvenzioni annuali stabilite. A sostenerlo è, in particolare, la Federazione italiana scuole materne, che ha denunciato una situazione al limite della sostenibilità. L’esempio di quest’anno sarebbe ‘lampante’: ad anno scolastico concluso "i contributi statali previsti dalla finanziaria alle scuole paritarie dell'infanzia, pari a 130 milioni di euro, nonostante ripetute promesse, ultima quella del ministro Gelmini di pochi giorni fa, - fa sapere la Fism - non sono stati ancora erogati".

Come se non bastasse, la Federazione sostiene che quella dei finanziamenti alle scuole private è una mancanza destinata a peggiorare perché al ritardo dell’erogazione dei fondi stabiliti "si aggiunge il taglio di 258 milioni previsto ad oggi dalla manovra economica in corso e da quanto previsto nel bilancio triennale per il 2011". E tutto ciò malgrado "un bambino che frequenti la scuola dell'infanzia statale – sottolinea la Fism - costi allo Stato 6.116 euro all'anno contro i 584 euro, contributo rimasto immutato dal 2001".

L’organo di tutela degli istituti d’infanzia si rivolge quindi direttamente al ministro dell'Istruzione perché si adoperi al più presto, anche nei fatti, per "modificare il bilancio triennale dello Stato 2011-2013, o quantomeno quello del 2011" evitando, in tal modo, "il rischio di implosione dell'intero sistema scolastico paritario no profit".

Secondo il Governo, però, le lamentele delle scuole paritarie sarebbero prive di reale fondamento. Di recente, il ministro Gelmini ha inviato messaggi di comprensione verso gli istituti scolastici non statali: "dobbiamo garantire ai nostri ragazzi - ha detto Gelmini durante un convegno sul settore - una buona scuola indipendentemente che sia statale o paritaria. Forse è venuto il momento di rivedere, di immaginare un adeguamento della legge 62 che in alcuni punti appare lacunosa e non in linea - ha concluso il responsabile del Miur - con il processo di sviluppo del sistema scolastico e formativo"

Ed alcuni giorni fa il sottosegretario all'Istruzione, Giuseppe Pizza, rispondendo ad una interrogazione, proprio sui finanziamenti in favore delle scuole paritarie, ha rassicurato i diretti interessati sostenendo che da maggio "il Mef ha autorizzato una variazione di bilancio che consentirà di trasferire alle Regioni i 130 milioni di euro a sostegno delle scuole paritarie". Pronta la risposta dell'opposizione, per la quale ha parlato il senatore Antonio Rusconi (Pd), tra i promotori dell’interrogazione : "si tratta esattamente della stessa cifra erogata nel 2001".

 

 


Da Tuttoscuola FOCUS

 

1. Qualità&Merito/1. Verso standard internazionali

La scorsa settimana Mariastella Gelmini, affiancata da Roger Abravanel, autore del noto bestseller Meritocrazia. Quattro proposte per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto, citato dal ministro fin dall'inizio del suo mandato, ha presentato il Piano Nazionale Qualità e Merito (PQM). Si tratta di  un progetto che prevede l'impiego sistematico di test oggettivi standard, predisposti dall'Invalsi, per misurare i livelli di apprendimento degli studenti al di là delle valutazioni didattiche, che continueranno comunque ad essere formulate dagli insegnanti.

Già in questa direzione si è mosso il test nazionale di italiano e matematica che negli ultimi due anni è entrato a far parte delle prove d'esame della licenza media, ma questo progetto va più avanti perché non si limita a registrare i livelli di apprendimento mediante una valutazione di tipo istantaneo, sommativo, ma prevede che le prove siano sottoposte agli studenti all'inizio dell'anno scolastico, per rilevarne la preparazione iniziale, e che siano ripetute al termine dell'anno per verificare i miglioramenti ottenuti (si comincerà con la scuola media per poi estendere la sperimentazione alle scuole secondarie superiori).

In questo modo la valutazione, condotta in contemporanea in tutta Italia sulle stesse prove,  diventerà diagnostica e formativa, servirà cioè agli insegnanti e alle scuole per valutare i propri risultati, ponendoli a confronto con quelli medi nazionali e con quelli delle scuole migliori, e per avviare processi di miglioramento della qualità dell'insegnamento.

È ciò che si fa da anni in molti sistemi scolastici del mondo, come Tuttoscuola ha sempre documentato insistendo sull'importanza strategica della valutazione di sistema tramite prove standardizzate, ed è a queste esperienze internazionali che appare ispirarsi il progetto PQM.

 

2. Qualità&Merito/2. Il grave ritardo dell'Italia

Con il progetto PQM potrebbe forse iniziare una nuova fase nella tormentata storia della valutazione di sistema in Italia. Una storia fatta finora di ritardi, rinvii, scontri politico-accademici, ostacoli burocratici e pochi mezzi (una costante) assegnati a chi avrebbe dovuto o voluto realizzare il sistema nazionale di valutazione: l'ex Cede (Centro europeo dell'educazione), poi trasformato nel 1999 in Invalsi (Istituto nazionale di valutazione del sistema di istruzione e formazione).

La consapevolezza della necessità e urgenza di costruire in Italia un servizio nazionale di valutazione era già ben presente dalla metà degli anni ottanta del scorso secolo, e se ne fecero interpreti in sede scientifica autorevoli studiosi di diverso orientamento come il laico Aldo Visalberghi e il cattolico Mauro Laeng, senza che le loro proposte trovassero sbocco a livello politico.

Solo tra il 1990 (Conferenza nazionale sull'autonomia delle scuole, ministro Mattarella) e il 1994 (bozze Pajno di decreti legislativi sull'autonomia delle scuole, poi cestinati da D'Onofrio) si cominciò a discutere del problema a livello governativo, ma l'idea di affidare all'allora Cede il compito di cominciare a costruire il sistema di valutazione fu ostacolata dalla burocrazia ministeriale, orientata ad avvalersi per questa funzione del servizio ispettivo, più controllabile dal Ministero. Il risultato fu il nulla di fatto fino alla 1999, quando il ministro Berlinguer, vinte le ultime resistenze di una burocrazia ormai assai indebolita, decise infine di puntare sul Cede, trasformato in Invalsi, allora presieduto da Benedetto Vertecchi.

Ma il nuovo Istituto nasceva con i limiti strutturali del vecchio Cede: dipendenza dalle commesse del Ministero, personale tutto ‘comandato' e ridotto al minimo (anche se ora con la possibilità di assumere ricercatori a tempo determinato), modello organizzativo e di governance inadeguati, controlli del Ministero "vigilante" e così via. Limiti rimasti praticamente gli stessi anche con la presidenza Elias (ministro Moratti) e in buona parte ereditati dall'attuale presidenza Cipollone (ministri Fioroni e Gelmini), che però rispetto ai suoi predecessori gode di un significativo credito e di maggior sostegno da parte non solo del Miur ma anche del Ministero dell'economia e della Banca d'Italia, dalle cui fila Cipollone proviene. Ma per fare bene il suo lavoro l'Invalsi avrà bisogno di risorse finanziarie, strumentali e umane di gran lunga superiori a quelle di cui oggi dispone.

 

3. Qualità&Merito/3. Le nuove frontiere della ricerca valutativa

Il ministro Gelmini ha ribadito che intende premiare il merito legando la distribuzione delle risorse alla qualità dei risultati e ha anche accennato all'istituzione (già decisa) di un fondo per il merito per premiare gli studenti "indipendentemente dalle condizioni economiche e sulla base di test volontari, al termine dei quali i migliori potranno accedere a borse di studio e ad aiuti per proseguire la propria carriera scolastica".

L'accenno ai test volontari e al riconoscimento del merito a prescindere dalla condizioni economiche dello studente sono senza dubbio novità rilevanti, che rompono con pratiche spesso rivelatesi inefficaci proprio sul versante della valorizzazione del merito e che si muovono in sintonia con analoghe tendenze ‘meritocratiche' che si stanno affermando in Germania (citate dalla Gelmini), in Gran Bretagna e negli USA. Ma rendono ancora più necessario che il nostro Paese si doti delle più aggiornate tecniche (e delle relative tecnologie) per effettuare valutazioni il più possibile oggettive.

Mentre per i test standardizzati rivolti a grandi numeri di destinatari (del tipo delle prove Invalsi per l'esame di licenza media o per la valutazione di sistema) il principale problema è quello dell'affidabilità dei risultati globali, sui quali influiscono variabili organizzative e comportamentali non facilmente dominabili, per i test volontari, che potrebbero essere solo in parte standardizzati (il SAT reasoning test,  per esempio, comprende una composizione scritta) la questione più importante è l'oggettività della valutazione. Negli USA sono in fase di sperimentazione avanzata software per la valutazione delle prove individuali non standardizzate che danno ormai risultati praticamente identici a quelli cui pervengono i migliori valutatori ‘umani'.

 

4. Qualità&Merito/4. Non c'è qualità senza equità

C'è poi la questione, tuttora assai discussa in campo internazionale, se il ricorso ai test standardizzati (soprattutto se ad essi sono legate forme di merit pay) spinga gli insegnanti a preparare gli studenti a superare al meglio i test anziché a formarsi in modo più ampio e più critico e creativo. In Finlandia, per esempio, proprio raccogliendo questo tipo di obiezione si è deciso di non utilizzare né standard né test standardizzati. Eppure gli studenti finlandesi risultano i migliori nelle prove standardizzate OCSE, IEA ecc. Come mai? L'elevata personalizzazione dei curricoli favorisce una formazione più idonea ad affrontare anche i test internazionali standardizzati? E anche più omogenea nei risultati?

Il fatto è che in Finlandia (come in Svezia, dove invece i test standardizzati si fanno da sempre) la varianza dei risultati (territoriali e per tipologia di scuola) è assai bassa. Anche per questo i finlandesi possono permettersi di non avere un servizio nazionale di valutazione. Il loro sistema scolastico ha caratteristiche positive e uniformemente distribuite sul territorio sia per la qualità sia per l'equità dei risultati.

Per un Paese come l'Italia - dove invece la varianza è assai elevata, e andrebbe meglio conosciuta nelle sue connessioni socio-ambientali e didattiche - disporre di un servizio nazionale di valutazione che possa costruire una articolata mappa delle disuguaglianze e suggerire misure di riequilibrio costituisce una necessità assolutamente prioritaria.  

Su questo punto esiste tra l'altro una ampia convergenza: la senatrice del PD Mariangela Bastico, già viceministro con Fioroni, pur avanzando riserve sul tipo di test impiegati per l'esame di licenza media, riconosce che la valutazione di sistema è essenziale per "comprendere quali siano gli elementi di sistema per cui alcune scuole hanno una riconosciuta qualità e danno buoni risultati ed altre no. Pertanto deve essere rivolta all'organizzazione nel suo complesso e non solo ai singoli ragazzi e ai singoli docenti".  Su questi temi la parlamentare democratica invita il ministro ad un "confronto approfondito e costruttivo" da tenersi nelle Commissioni parlamentari competenti.

 

5. Qualità&Merito/5. La peggiore delle crisi? L'istruzione inefficace

L'andamento concitato e in qualche caso velenoso delle polemiche di questi giorni sugli effetti della manovra economica, ma anche su vicende poco chiare (inchiesta P3), ha fatto passare in secondo ordine l'agenda degli interventi intorno ad alcune riforme: la riforma della scuola e della università, la formalizzazione dell'Accordo Quadro di attuazione del Titolo V, la riforma della pubblica Amministrazione. Ma la crisi dell'istruzione resta anche se non smettiamo di parlare di quella finanziaria.

Delusione e preoccupazione sono gli stati d'animo ricorrenti a una cinquantina di giorni dall'avvio del nuovo anno scolastico. Tutti a parole dicono di sapere come agire esattamente (riordino dell'istruzione secondaria liceale, tecnica e professionale, insegnamento di alcune discipline in lingua straniera, test per "misurare" quanto i ragazzi hanno imparato, etc;) per migliorare la qualità del sistema scolastico. Sarebbe sbagliato pensare che sia sufficiente verificare l'apprendimento degli alunni per garantire standard formativi di qualità più alti per tutti, per ridurre le distanze che separano il nostro paese dalle altre nazioni.

Non è sufficiente insomma la sola promozione del Piano nazionale qualità e merito con la previsione di un test a settembre e di un altro a giugno per migliorare gli esiti formativi e perché questo possa incidere anche sulla crescita dell'economia.

E che i ragazzi più bravi avranno, a prescindere dal reddito, una borsa di studio che consentirà loro di studiare nelle università migliori e non per forza in quella sotto casa, è certamente una prospettiva ottima, ma a condizione che si assicuri a tutti un bagaglio di conoscenze ed effettive opportunità di accesso al lavoro, come antidoto contro l'iniquità della nostra scuola.

Eccellenza ed equità debbono e possono andare di pari passo

 

6. Manovra. Quel comma 23 di troppo

"Per il personale docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (A.T.A.) della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti" (comma 23 dell'art. 9 del decreto legge 78/2010). 

Così era e così è rimasto dopo l'approvazione del maxiemendamento della manovra al Senato.

La progressione di carriera del personale scolastico in servizio, d'ora in poi, sarà, quindi, ritardata di tre anni fino al momento della pensione e il personale incasserà gli aumenti per il passaggio di gradone sempre tre anni dopo, perdendo, quindi, altrettanti anni di aumento fino al termine della carriera. I ritardi di riscossione costeranno complessivamente per i più giovani fino a 29 mila euro, secondo i valori contrattuali attuali.

Quegli anni "congelati" saranno, però, utili per l'anzianità pensionistica (i contributi continueranno, infatti, ad essere versati regolarmente), mentre tutti i futuri scatti di gradone saranno ritardati di tre anni.

Tutto questo è la conseguenza del comma 23, e non incide più di tanto che a quel vecchio comma 23, con il maxiemendamento, sia stato aggiunto questo ulteriore breve periodo: "è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 14".

Il nuovo comma 14 dell'articolo 8 prevede che le risorse del 30% siano utilizzate in parte a favore del personale scolastico (a voce il relatore di maggioranza ha dichiarato che le risorse serviranno per pagare gli scatti di questo triennio).

Gli scatti di anzianità che dovrebbero essere salvati dal maxiemendamento non possono che essere quelli del triennio 2010-2012: un beneficio che riguarderà soltanto la metà del personale e che, nonostante alcune rassicurazioni sindacali, probabilmente avrà solo effetto economico (e non giuridico), perché, come conferma tuttora il comma 23, "gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali...."

 

7. L'impegno di Tremonti per la scuola onorato a metà. I sindacati...

L'impegno assunto da Tremonti per salvare la destinazione delle risorse del 30% è stato (in senso letterale) onorato e quei fondi verranno restituiti al personale scolastico, anziché essere destinati, come era stato previsto, a sostenere i bilanci delle scuole.

Hanno ragione, quindi, quei sindacati della scuola che hanno strappato quell'impegno, ad apprezzare la correzione apportata dal maxiemendamento, però...

Però quel sacrosanto diritto di tutto il personale scolastico di vedere garantita la progressione di carriera prevista dalle norme contrattuali vigenti non è stato rispettato, come chiedevano i sindacati della scuola Cisl, Uil, Snals e Gilda.

Vi è stata una concessione minima, non troppo esplicita nel nuovo testo, per assicurare gli scatti di anzianità per questo triennio, mediante il parziale utilizzo delle risorse del 30%. E questo, come la restituzione del fondo del 30% alla sua originaria destinazione, è merito della pressione sindacale.

Ma il ritardo di tre anni nella progressione della carriera da qui al 2050 è rimasto tutto, come prevedeva già il comma 23 dell'art. 9 del DL 78/2010.

Di questa sgradita sorpresa (segnalata subito da Tuttoscuola) hanno preso consapevolezza anche i sindacati.

La Gilda degli Insegnanti esprime "forte preoccupazione" sugli scatti di anzianità dopo l'approvazione in Senato del maxiemendamento alla Finanziaria e si chiede se il ministro Gelmini riuscirà a rispettare "l'impegno assunto dal ministro Tremonti di utilizzare il 30% dei fondi riservati al merito per evitare il blocco degli scatti di anzianità".

Lo Snals, da un parte, plaude al recupero delle risorse del 30%, ma, dall'altra, dichiara che "quello ottenuto è un risultato parziale e in sede contrattuale dovremmo operare per il mantenimento della progressione di anzianità anche oltre il triennio". Comma 23, permettendo, naturalmente...

 

8. Gli stipendi ai docenti delle materne paritarie non si pagano con gli annunci

Il ministro Gelmini ha comunicato in Parlamento, alcuni giorni fa, che per le scuole paritarie sono previsti per il 2010 (cioè quest'anno) 160 milioni di contributi.

La Fism, la Federazione delle scuole materne che organizza la maggior parte delle scuole paritarie del settore, non si accontenta dell'annuncio e denuncia una situazione tuttora preoccupante.

"L'anno scolastico è ormai terminato - osserva in un comunicato - ma i contributi statali previsti dalla finanziaria alle scuole paritarie dell'infanzia, pari a 130 milioni di euro, nonostante ripetute promesse, ultima quella del ministro Gelmini di pochi giorni fa, non sono stati ancora erogati".

Una situazione, continua la Fism, che "sta diventando ormai intollerabile, anche perché alla mancata, almeno fino ad ora, erogazione  dei contributi dovuti per l'anno scolastico 20092010, si aggiunge il taglio di 258 milioni previsto ad oggi dalla manovra economica in corso e da quanto previsto nel bilancio triennale per il 2011".

"È indilazionabile a questo punto un'iniziativa del ministro Gelmini per la modifica del bilancio triennale dello Stato 2011/2013 - quantomeno sul 2011 - per evitare il rischio di implosione dell'intero  sistema scolastico paritario non profit", conclude la nota.

Eppure dall'esistenza delle scuole paritarie di questo settore lo Stato ci guadagna, perché esse in moltissimi territori sostituiscono di fatto, in un ruolo vero e proprio di supplenza, la scuola statale, evitando una spesa quantificabile in circa 4 miliardi di euro all'anno.

E lo Stato, invece, se la cava con 130 milioni, mentre le scuole dell'infanzia paritarie svolgono un servizio pubblico sia perché la legge della parità le include nel sistema pubblico integrato sia perché svolgono un servizio in sostituzione della scuola statale.

"Pare perfino superfluo ricordare - prosegue la Federazione delle scuole materne - che un bambino che frequenta la scuola dell'infanzia statale costa allo Stato 6.116 euro all'anno contro i 584 euro, contributo rimasto immutato dal 2001, per un bambino frequentante una scuola dell'infanzia paritaria."

19 luglio

 

 

da Tecnica della Scuola

 

Direttiva sulla legge 440 all'esame della Camera

di R.P.

 

Lo scorso anno la direttiva aveva distribuito 140mlioni di euro, quest'anno la disponibilità è inferiore a 129milioni. Azzerati i fondi per la promozione della lettura, ridimensionate molte voci, qualche aumento per le tecnologie e la valutazione degli apprendimenti.

Inizia nei prossimi giorni presso la Commissione Cultura della Camera l’iter parlamentare dello schema di direttiva ministeriale sul fondo della legge 440 del 1997 destinato all’arricchimento e all’ampliamento dell’offerta formativa.

Il provvedimento dovrà acquisire il parere delle Commissioni per poter poi essere emanato dal Ministro.

Lo scorso anno la procedura era andata parecchio per le lunghe tanto che – a tutt’oggi – le scuole non hanno ancora ricevuto i fondi stanziati per il 2009.

Lo stanziamento per il 2010 ammonta a poco meno di 129 milioni di euro, 11 in meno rispetto al 2009.

Quasi tutte le voci che compongono il “pacchetto” hanno subito riduzioni più o meno consistenti.

I fondi per le attività di educazione alla salute, di educazione ambientale e di educazione alla cittadinanza passano così da 15 milioni di euro a 7.400.000 (erano 27 milioni nel 2007 e 20milioni nel 2008); restano invariati i 10milioni per l’handicap e i 5milioni per le paritarie.

Per l’istruzione professionale resta gli stessi 30milioni dello scorso anno, mentre le attività di formazione e aggiornamento vengono incrementate in modo significativo anche per consentire la prosecuzione del piano di formazione sulla lingua inglese per i docenti della primaria.

Spariscono del tutto gli 8milioni per i programmi di promozione alla lettura, e vengono ridimensionati in modo drastico i fondi per progetti sull’educazione scientifica e sul’insegnamento della lingua italiana.

Per la valutazione degli apprendimenti si passa da un milione e mezzo a 5milioni, i fondi per l’innovazione tecnologica salgono da 2milioni a 4milioni e mezzo e si passa da 2 a 2,5 milioni per l’editoria digitale.

Alle scuole verrà assegnata la somma complessiva di 30milioni di euro, 20 destinati all’ampliamento dell’offerta formativa e 10 alle attività di aggiornamento e formazione: a conti fatti 3mila euro in media per ogni istituzione scolastica.

I 10milioni assegnati alle scuole per la formazione corrispondono più o meno a 10euro per ogni dipendente, un po’ poco davvero per far fare alla scuola italiana quel salto di qualità che il Ministro vorrebbe.

C'è da augurarsi che, per lo meno, la direttiva venga emanata in tempi brevi in modo da consentire alle scuole di ottenere in tempo i finanziamenti.

 

20 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Premiare gli studenti migliori, ma con quali risorse ?

di R.P.

 

Il Ministro propone che le borse di studio vengano assegnate facendo riferimento ai risultati scolastici e non al reddito. Ma intanto la direttiva sulla legge 440 cancella proprio quella voce,

Le borse di studio agli studenti vanno assegnate esclusivamente in base al merito: questo l’annuncio fatto nei giorni scorsi dal Ministro. Buona idea, peccato che la nuova direttiva sulla legge 440 cancelli proprio la voce sulla valorizzazione delle eccellenze.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire come stanno le cose.

Nel presentare il nuovo “Progetto qualità e merito” il ministro Mariastella Gelmini ha più volte sottolineato che il ricorso a prove oggettive e standardizzate è “indispensabile anche per promuovere il valore della meritocrazia”.

Anzi, “l’erogazione di borse di studio da assegnare agli studenti particolarmente meritevoli non può prescindere da una valutazione imparziale e credibile delle competenze dei ragazzi”.

E ancora: “La recente scelta fatta in Germania di assegnare borse di studio soltanto sulla base del merito suggerisce una riflessione anche in Italia, dove invece il parametro principale è il reddito”.

L’idea, insomma, sarebbe quella di istituire un sistema “premiale” legato non al reddito ma ai risultati scolastici. Ispiratore teorico della proposta è il professore Roger Abravanel (Gelmini ci tiene però a precisare che il professore collabora con il Ministero a titolo del tutto gratuito) e dunque sembra poggiare su serie basi scientifiche e non solo “politiche”.

In effetti già lo scorso anno era stato istituito un premio per gli studenti che avevano riportato il massimo dei voti all’esame di Stato. D’altronde la direttiva per le modalità di utilizzo dei fondi stanziati ai sensi della legge 440/97 metteva a disposizione 2milioni di euro.

Ma la direttiva di quest’anno, che proprio in questi giorni è all’esame della Commissione Cultura della Camera, ha cancellato del tutto la lettera d) del precedente provvedimento che parlava di “avvio di un sistema di valorizzazione del merito e del talento che, attraverso procedure oggettive di valutazione, preveda l’erogazione diretta di borse di studio agli studenti”.

Sembra, insomma, che alle dichiarazioni di intenti non corrispondano iniziative conseguenti, a meno che il Ministro non abbia già la certezza che la valorizzazione del merito degli studenti verrà perseguita ricorrendo ad altre fonti di finanziamento (quali ?) estranee alla legge 440, dalla quale la Lega vorrebbe anche ritagliare una fetta più che consistente per organizzare i “Nuovi Giochi della gioventù”.

 

20 luglio

da ItaliaOggi

 

Il tesoretto della Gelmini

Alessandra Ricciardi

 

Il ministro ha avviato l'azione di recupero e redistribuzione, priorità agli istituti bisognosi

 

Un piccolo tesoretto. Quasi 40 milioni di euro, per l'esattezza 39.450.000, che sono stati lasciati a giacere sui conti delle scuole dal 2000 fino ad oggi, nonostante la crisi finanziaria in cui il sistema versa. Semplicemente, i dirigenti li hanno dimenticati. Li avevano ricevuti - lo stanziamento complessivo è stato di di 67 milioni, dei quali 28 mln effettivamente impegnati- sui loro conti perché realizzassero progetti, dalla messa in sicurezza ai corsi di lingue all'acquisto di materiali per i ragazzi con handicap, progetti che sono rimasti in larga parte sulla carta. Che si tratti di difficoltà sopraggiunte oppure di incapacità gestionali, non è dato sapere. Ora il ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini, li ha scovati e con un decreto datato 18 giugno scorso, finora rimasto sotto silenzio, ne ha disposto il trasferimento dai conti delle singole scuole al dicastero di viale Trastevere. Il decreto, che ItaliaOggi pubblica sul proprio sito, contiene in allegato anche l'elenco dei codici degli istituti scolastici interessati all'operazione di recupero, un elenco di 34 pagine. I fondi così recuperati saranno redistribuiti alle scuole in maggiore sofferenza finanziaria, perché provvedano alle spese di funzionamento. E intanto sta venendo a galla che in alcuni casi l'accredito sui conti degli istituti potrebbe essere stato solo un espediente delle direzioni provinciali e regionali per scongiurare il rischio di vedersi sottrarre i fondi non immediatamente spesi nell'esercizio finanziario di imputazione. Sarebbe questo il caso di un istituto tecnico di Avezzano, sul cui conto residuano 69 mila euro per attività di ricerca per l'innovazione metodologica, 51 mila euro per la formazione in sicurezza e 417 mila euro di economie pregresse della regione Abruzzo.

 

Ci sono poi i 13 mila euro per un progetto di biblioteca nel 2000 a Napoli, 20 mila euro a Palermo per la musica, 129 mila ero per il potenziamento dell'insegnamento delle lingue straniere. Una scuola romana, nel lontano 2001, aveva ricevuto 51 mila euro per un corso sulla tendenza della trasgressione e del disagio giovanile. Ha speso 782 euro. Nel 2004, una scuola campana ha ricevuto 33 mila euro per l'acquisto di materiali per l'integrazione degli alunni con handicap, mai spesi, così come nel 2005 in Abruzzo sono arrivati contributi per la sicurezza degli sport invernali: 95 mila euro assegnati, 73 mila euro ancora giacenti. Anche nella efficiente Parma, capita che residuino 13 mila euro arrivati 5 anni fa per i corsi per il patentino dei ragazzi. Una volta tanto, i soldi c'erano.

 

 

20 luglio

da Il Messaggero

 

Scuola, no del Tar a sospensiva riforma

ma circolari su organici sono illegittime

 

Accolto ricorso dello Snals per gli istituti tecnici e professionali, nei quali tornerà l'orario completo

 

ROMA (20 luglio) - Il Tar del Lazio ha respinto la richiesta di sospensiva delle circolari su organici e iscrizioni nella scuola perché ha ritenuto che non sussiste, dall'applicazione di questi provvedimenti, un danno «grave e irreparabile». È questa la decisione presa dai giudici della III sezione bis, presieduti da Evasio Speranza, pur ammettendo che il ricorso, presentato da alcuni Comitati, dalla Flc-Cgil e da un nutrito schieramento di insegnanti e genitori, presenta «sufficienti elementi di fondatezza».

 

Se la riforma non viene sospesa, le circolari ministeriali sugli organici sono comunque «illegittime», ha stabilito il Tar. Per i giudici amministrativi i ricorrenti non hanno «documentato nel giudizio posizioni specifiche (di studenti, docenti e dipendenti ATA) direttamente incise dalle circolari impugnate»; da ciò, l'inesistenza «di un danno attuale e concreto» che giustificherebbe «l'emissione del provvedimento di sospensione richiesto».

 

I giudici però sono andati anche oltre. In particolare, ritenendo l'ammissibilità dei ricorsi «nella considerazione che le puntuali disposizioni dettate con le circolari impugnate ancorchè dirette agli uffici periferici dell'amministrazione scolastica, sono suscettibili di riverberare effetti concreti» nei riguardi dei ricorrenti. Ma anche, considerando che il ricorso presenta sufficienti elementi di fondatezza, ravvisando l'illegittimità: «della circolare ministeriale 17/10, essendo essa diretta a disciplinare le iscrizioni scolastiche entro il 26 marzo 2010 sulla base di ordinamenti scolastici a tale data non ancora in vigore», nonchè «della circolare ministeriale 37/10, che, nel disporre la trasmissione di uno schema di Decreto Interministeriale (emanato solo il successivo 6 luglio 2010) contenente le disposizioni sulle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2010/2011, e nell'anticiparne i contenuti, si sostanzia in circolare applicativa di un testo normativo ancora privo di efficacia e di rilievo giuridico».

 

Il Tar del Lazio ha disposto che negli istituti tecnici e professionali torni l'orario completo, rende noto lo Snals che aveva presentato il ricorso. Il Tar con l'ordinanza del 19 luglio, n. 3363, ha sospeso i decreti con cui il Ministero della pubblica istruzione aveva unilateralmente deciso la riduzione degli orari di insegnamento negli istituti tecnici e professionali. La sospensione è destinata a durare fintanto che il Consiglio nazionale della pubblica istruzione esprimerà il proprio parere sull'iniziativa del Ministero che appare preordinata più a rispondere a economie di spesa che all'esigenza di valorizzare l'offerta formativa. Per espresso ordine del Giudice amministrativo il Ministero sarà tenuto a considerare le indicazioni formulate al riguardo dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione.

 

Grande soddisfazione è espressa dal segretario generale dello Snals-Confsal, Marco Paolo Nigi: «Da settembre i ragazzi degli istituti tecnici e professionali potranno continuare a godere di un monte ore di insegnamento adeguato, con indubbi riflessi positivi per tutto il corpo docente, di ruolo e precario. È inutile dire, infatti, che la riduzione delle ore di insegnamento nelle classi intermedie, oltre che a ledere i diritti dei discenti, avrebbe comportato degli effetti oltremodo negativi anche sui livelli occupazionali degli insegnanti. Lo Snals-Confsal auspica quindi che l'ordinanza del Tar possa costituire l'opportunità per una utile riflessione critica».

 

 

20 luglio

da Il Messaggero

 

La grande fuga dai licei severi di Roma:

ecco le scuole senza bocciati

Diplomi facili e pochi “rimandati”: viaggio negli istituti paritari

 

di Tiziana Guerrisi e Ilaria Ricci

 

ROMA (20 luglio) - L’istruzione viaggia su un doppio binario in Italia. Ci sono scuole severe dove la promozione si conquista a colpi di interrogazioni e quelle in cui lo studente viene coccolato di più, soprattutto se l’iscrizione è a pagamento. È in queste ultime che, come hanno denunciato i presidi al Messaggero negli scorsi giorni, si rifugiano i ragazzi più fragili dal punto di vista della preparazione, quelli che anche se il liceo non fa per loro, vogliono arrivare comunque alla conquista del diploma. Il risultato finale non cambia: dopo la maturità il pezzo di carta è lo stesso, ha identico valore legale nei concorsi. Puoi studiare in classi di pochissimi alunni a selezione zero (dove la percentuale di bocciati è bassissima o nulla) o in aule affollate dove i prof lasciano al palo i somari ma, a conti fatti, la fatica resta un bagaglio personale, non c’è distinzione fra un diploma e un altro. Forse anche per questo i ragazzi meno volenterosi e con più difficoltà a metà anno chiedono il nulla osta e si spostano.

 

«Il 90% di chi ce lo chiede va alla paritaria», spiega il preside del liceo romano Visconti, Rosario Salamone. La sua è una delle scuole più severe della capitale: solo nelle prime, quest’anno, i professori hanno fermato oltre il 12% degli alunni (esclusi i ritirati). Consolazione: alla maturità, il liceo ha conquistato il primato dei cento e molti studenti sono già stati accettati alla Bocconi. Ma tra la prima e la quinta in tanti sono rimasti indietro, molti di questi se ne sono andati altrove, in scuole “più facili”. Quelle dove la percentuale dei bocciati è vicina a zero, le classi sono micro, i professori fanno corsi di recupero il pomeriggio, gli alunni si sentono come a casa loro.

Che il risultato della valutazione sia diverso emerge dai quadri di fine anno. Nelle prime di licei romani come il Tasso, il Visconti, il Righi, il Giulio Cesare (tutti noti anche per la loro severità) la percentuale di bocciati oscilla tra il 6 e il 12%. Le classi sono maxi, anche con trenta alunni, e i prof non fanno sconti. In molte paritarie la situazione è diversa: i bocciati a volte sono anche lo 0%, le classi sono mini, i professori fanno lezione pure il pomeriggio. Insomma alla scuola pubblica tocca fare la parte della “cattiva”, con i presidi sempre a corto di fondi anche per garantire il minimo dei corsi di recupero che non sanno come aiutare i ragazzi in difficoltà e, spesso, non possono fare altro che dare il via libera al loro trasferimento in scuole dove, a pagamento, il pomeriggio c’è chi ti aiuta a fare i compiti. Il che aiuta nei risultati di fine anno.

 

In istituti paritari come il Seraphicum di Roma la percentuale di bocciati è bassissima in tutto il quadriennio: al classico e al tecnico commerciale non se ne conta uno, allo scientifico dalla prima alla quarta, su 80 alunni, ci sono solo 3 non promossi. Nelle prime, dove la selezione di solito è maggiore, su 27 alunni il 74% è passato al secondo anno, il 26% sta facendo gli esami di recupero. Ma nessun bocciato. All’istituto Pirandello (dove c’è anche il servizio di recupero degli anni persi) sia al classico che allo scientifico non si registrano bocciati in prima, i sospesi dovranno vedersela con l’esame di settembre. Ammessi senza riserve all’anno successivo alla sezione del classico, classe prima, del Cristo Re, sempre a Roma, mentre allo scientifico due dei cinque ragazzi che dovevano recuperare al test già effettuato non sono passati e dovranno ripetere l’anno. Anche al Villa Flaminia, scuola modello-College al centro di Roma, niente bocciati nelle due prime, una di classico e una di scientifico, solo qualche rimandato che farà i corsi di recupero e l’esame a settembre.

 

Il mondo del lavoro nel tempo ha imparato a difendersi dalla presupposta uguaglianza fra i diplomi. Anche l’Università si fida poco dei voti alti in uscita dalle scuole che sulla carta sono una uguale all’altra ma «in verità sono ben diverse», hanno sottolineato più volte i rettori. Anche per questo ormai la maturità non ha più peso o quasi per accedere ai corsi a numero chiuso, dove i posti sono “blindati”: l’Università aspetta ancora un sistema di valutazione delle scuole che consenta di fare una qualche differenza fra i diplomi. Intanto il ministro pensa a test di valutazione in entrata e uscita per tutti gli alunni. Se ci saranno ispettori che vigileranno verranno fuori una volta per tutte le vere differenze fra scuola e scuola.

 

 

Roma, 20 luglio 2010

- Alla Redazione del “Messaggero”

- e p.c. Alla Redazione di “Tuttoscuola”

            Alla Redazione di “Italia Oggi”

            Alla Redazione di “La Tribuna    

 

Egr. Direttore,

in qualità di presidente della FILINS (Federazione Italiana Licei e Istituti Non Statali) mi sento in dovere di commentare e di criticare l’articolo apparso sul quotidiano il 20 luglio 2010 con il titolo:

ROMA, IL MERITO PERDUTO: ECCO LE SCUOLE SENZA BOCCIATI.

L’argomento è prospettato in modo distorto e contraddetto dalle stesse statistiche pubblicate a sostegno della tesi enunciata nel titolo.

Ma a prescindere da considerazioni statistiche che, se fossero complete, dimostrerebbero che i veri diplomifici sono le scuole statali, occorre considerare la questione sotto altro profilo.

In primo luogo occorre stabilire se l’elevato numero dei “bocciati” è, per la scuola, indice di qualità e di serietà o se è, invece, indice di inefficienza e di scarsa attenzione ai bisogni dei giovani.

L’articolista mette in risalto che nella scuola paritaria il numero degli alunni in classe è esiguo e che la scuola provvede ad effettuare lezioni pomeridiane a sostegno degli alunni in difficoltà: note positive, ma tali elementi li considera invece negativi ai fini dei buoni risultati dei promossi, in quanto troppo benevoli.

Gli esami di Stato sono affidati a commissioni formate da tre membri interni, tre esterni ed un presidente esterno, in tutte le scuole pubbliche che fanno parte del Sistema Nazionale d’Istruzione: sia nelle scuole statali che in quelle paritarie.  Quindi non c’è alcuna differenza nel giudizio finale.

La severità di giudizio e l’elevato numero di alunni “bocciati” non sono indici di qualità della scuola, ma casomai di mancato raggiungimento degli scopi didattici che ogni istituzione formativa deve avere.

Se gli alunni bocciati, o che sono rimasti indietro, si dirigono dalle scuole statali verso scuole paritarie, vuol dire che per loro la scuola statale è stata un fallimento: un fallimento che dovrebbe essere imputato soprattutto alle scuole che loro lasciano.

Infatti, ogni alunno bocciato costituisce, per la scuola stessa, un fallimento, e dovrebbe essere motivo di riflessione da parte dei docenti e dirigenti, per migliorare il servizio da loro offerto.

Invece, è elemento di discriminazione anche fra scuole: fra quelle che “bocciano” e quelle che “recuperano”. Secondo l’articolista, le prime sono di qualità, le seconde sono poco attendibili.

Ma il vero problema delle scuole paritarie non viene affrontato: l’equivoco di fondo, da cui scaturisce la presunzione ad una maggiore facilitazione per il conseguimento del titolo di studio,  è dovuta al fatto che le famiglie che iscrivono i loro figli alle scuole paritarie devono pagare una somma aggiuntiva per la retta di frequenza.

In pratica queste famiglie pagano due volte: sovvenzionano la scuola statale con le tasse allo Stato (come tutti gli altri cittadini) e pagano in più la retta dovuta alla scuola paritaria.

La mentalità comune, alimentata da articoli come il vostro, è incline a pensare che questa quota “in più” serva ad agevolare il risultato scolastico e che questa facilitazione sia riservata ai più abbienti.

La verità è che la legge 62/2000 che ha instaurato la parità, in base all’art. 33 della Costituzione, va completata per consentire a tutte le famiglie, a prescindere dalla loro condizione economica, di scegliere la scuola statale o paritaria che ritengono più idonea per la formazione dei loro figli, eliminando così l’equivoco di cui sopra. La proposta di eliminare il titolo di studio legale è vecchia.

Se si tiene conto che oggi, in Italia, ci sono sovvenzioni e detrazioni fiscali per la sanità, per gli organi di stampa e radiodiffusioni, per i partiti, per i sindacati, ecc. non si capisce perché il servizio della pubblica istruzione, che è obbligatorio fino a sedici anni e che deve essere a carico dello Stato, non sia affatto considerato, se non, in parte, per le scuole primarie convenzionate e dell’infanzia.

Prof. Giovanni Piccardo

(Presidente FILINS)

 

 

da Apcom

 

Alle scuole superiori uno studente su tre non arriva al diploma

Studio Miur ultimi 5 anni: abbandoni al 31%, il top in Sardegna

 

Roma, 21 lug. (Apcom) - Uno studente su tre si iscrive ad un istituto superiore ma non arriva a concluderlo. L'impietosa e preoccupante proporzione è stata pubblicata dal ministero dell'Istruzione attraverso la fotografia delle scuole statali italiane riferita agli ultimi cinque anni scolastici: rispetto al 2005-06 viale Trastevere ha appurato che quest'anno mancava all'appello il 30,81% degli iscritti ai vari corsi istituti all'interno dei licei, dei tecnici e dei professionali. Dei 616.600 iscritti iniziali sono 'spariti', hanno di fatto abbandonato la scuola, circa 190.000 giovani tra i 14 ed i 19 anni: si tratta di veri e propri ex studenti, perché nel computo non sono stati calcolati i ripetenti. Il Miur ha comunque fatto notare che la tendenza a lasciare la scuola è in leggera riduzione, poiché rispetto al quinquennio precedente si è ridotta del 2%. Il tasso di abbandono non è comunque omogeneo: nei licei si attesta attorno al 20%, ma proprio in questo settore di studi, sempre rispetto a cinque anni prima, ha fatto registrare un soprendente incremento del 4%. Diverso l'andamento della dispersione nei professionali, dove se ad oggi rimane altissima (44%), rispetto al 2005 si è comunque ridotta di sei punti percentuali. Nei tecnici il numero di studenti che lasciano i banchi di scuola (di poco superiore al 30%) appare invece più in linea con la media nazionale e si riduce in media di 1 punto e mezzo l'anno. Poco uniforme anche il numero di abbandoni a livello regionale: si va dai record negativi della Sardegna (39%), della Sicilia (37,5%) e della Campania (35%), fino ai riscontri più positivi di Marche ed Umbria: nelle due regioni centrali, a fronte di cento ragazzi iscritti cinque anni fa, nell'anno scolastico appena terminato ne risultavano presenti 77 (per un tasso di abbandono quindi pari al 23%).

 

21 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Circolari illegittime: il Tar Lazio bacchetta il Ministero

di R.P.

 

I giudici amministrativi accolgono le motivazioni addotte dalla Flc-Cgil e da alcune associazioni: le circolari che danno avvio alla riforma della secondaria sono state emanate prima dei regolamenti e senza il decreto sugli organici. Ma siccome non si sarebbero danni concreti, la riforma può procedere.

Le circolari attuative della riforma della secondaria sono illegittime, ma i ricorsi contro il Ministero sono respinti.

E’ questa la conclusione della vicenda che ha visto contrapposti per diversi mesi il Ministero dell’Istruzione da un lato e l’Associazione “Per la Scuola della Repubblica” (e altre ancora) e la Flc-Cgil dall’altro.

Ma come si è giunti a questo curioso finale ?

In sostanza, il Tar del Lazio, al quale avevano fatto ricorso diversi soggetti, ammette che gli atti ministeriali impugnati sono illegittimi.

In particolare i giudici amministrativi sostengono che la CM n. 17 sulle iscrizioni alla secondaria di secondo grado è illegittima in quanto emanata sulla base di ordinamenti scolastici non ancora in vigore (i regolamenti sulle superiori sono stati infatti firmati dal Presidente della Repubblica il 15 marzo e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale il 15 giugno).

Allo stesso modo la CM n. 37 sugli organici è stata giudicata illegittima in quanto non era corredata dal previsto decreto interministeriale che è stato perfezionato solamente il 5 luglio scorso (e cioè successivamente alla stessa udienza in cui il Tar ha esaminato il ricorso della Flc-Cgil).

Analogamente risulta illegittima anche la circolare n. 19 sulla mobilità che tuttavia discende, è bene precisarlo, da un contratto sottoscritto fra il Ministero e tutti i sindacati.

Tuttavia secondo il Tar le irregolarità commesse dal Ministero non avrebbero prodotto danni concreti a studenti, docenti o altri dipendenti della Amministrazione; o, per essere più precisi, se danni vi sono stati non sono stati evidenziati ed espressamente documentati dai soggetti che hanno fatto ricorso.

Ecco perché il Tar non ha accolto la richiesta di sospendere cautelativamente i provvedimenti ministeriali impugnati.

Le Associazioni ricorrenti si dichiarano in larga misura soddisfatte: “Il castello di carta o meglio di carte con le quali è stato portato avanti il riordino delle scuole superiori attraverso circolari illegittime è crollato miseramente. Il tentativo di riordino delle scuole superiori costruito attraverso circolari e non leggi, come prevedono le norme è fallito”.

E aggiungono: “Non avremo difficoltà a dimostrare i danni collettivi e individuali attuali e diretti come il Tar ci chiede e dunque quanto prima ci ripresenteremo con la documentazione insistendo nella nostra giusta richiesta”.

Il primo tempo si chiude insomma con un nulla di fatto, ma non è detto che il secondo tempo non riservi qualche sopresa.

 

 

21 luglio

da tuttoscuola.com

 

La matematica non fa più paura?

Due notizie inducono a ritenere che la matematica potrebbe smentire la sua fama di storica bestia nera per tanti studenti italiani.

 

Una giunge da Spotorno, nota località balneare ligure, dove è in corso con grande successo una due giorni dedicata a indovinelli di logica, calcoli al volo e giochi di gruppo (terza edizione di Beachmat), che si conclude domani con una conferenza-spettacolo in una piazza della città, durante la quale saranno affrontati e risolti problemi apparentemente insolubili: ma niente magia, solo matematica, precisano gli organizzatori.

 

La seconda giunge dal lontano Kazakistan, dove uno studente italiano, Luca Ghidelli, di Villa al Serio (Bergamo) neodiplomato (100/100) al liceo scientifico ‘Amaldi' di Alzano, ha conquistato una medaglia d'oro nelle Olimpiadi di matematica, una importante competizione mondiale a cui hanno partecipato 96 Nazioni e 517 studenti.

 

Anche la squadra italiana nel suo complesso (6 partecipanti) si è comportata bene, consentendo all'Italia di classificarsi all'undicesimo posto dietro Paesi tradizionalmente molto forti in matematica come Cina, Russia, Corea del Sud e Giappone.

 

Le medaglie d'oro erano assegnate a chi conquistava almeno 27 punti dei 42 a disposizione (6 prove e 7 punti in palio per ognuna): Luca ne ha ottenuti 30. Solo uno dei partecipanti alla gara, il cinese Zipei Nie, ne ha totalizzati 42.

 

Sul rapporto tra la scuola, e più in generale la società italiana, e la matematica Tuttoscuola ha in corso un sondaggio online, Sempre la solita matematica?, raggiungibile a questo indirizzo, che chiede ai lettori la loro percezione della matematica nella vita reale, e una valutazione sui metodi e sugli ausili didattici attualmente in uso, con particolare riguardo agli strumenti che la tecnologia mette a disposizione (per esempio, lavagna interattiva, calcolatrice, computer).

 

 


da ilsussidiario.net

 

Cara Gelmini, per avere "qualità e merito" occorre guardare al Regno Unito

Giovanni Cominelli

 

mercoledì 21 luglio 2010

 

In una recente conferenza stampa, il ministro Maria Stella Gelmini - al suo fianco l’ing. Roger Abravanel, noto per essere un collaboratore del Corriere della Sera nonché autore del saggio Meritocrazia - ha annunciato un Progetto nazionale relativo alla valutazione e al riconoscimento premiale della qualità e del merito (PQM) nel sistema scolastico: qualità dell’offerta formativa delle scuole e merito dei ragazzi.

 

I contenuti essenziali del Progetto: a) estensione massiccia dei test dell’INVALSI (dasettembre, con il nuovo anno scolastico (2010-2011), il PQM coinvolgerà 1.000 scuole medie e, dal 2011-2012, anche la scuola superiore. Entro il 2013 il 50% delle scuole medie sarà interessato dai test. Dal 2013 in poi il Piano sarà esteso gradualmente a tutte le scuole medie italiane); b) premio del merito (borse di studio e aiuti) dei ragazzi, a prescindere dalle condizioni economiche della famiglia; c) creazione di un corpo di ispettori per la qualità.

 

Al netto dell’alone di propaganda, che sempre avvolge le operazioni mediatiche, quali prospettive aprono questi annunci di provvedimenti futuri? In primo luogo, questa linea appare una netta conferma di quella inaugurata a suo tempo con la fondazione dell’INVALSI, nel 2001. Finalmente, in coerenza con il nome, si legittima pienamente la valutazione esterna del sistema di istruzione, in primo luogo come valutazione degli apprendimenti e del valore aggiunto degli apprendimenti, che si incrocia con la valutazione interna che gli insegnanti operano quotidianamente e alla fine dell’anno.

 

Questa impresa, avviata con fatica inevitabile all’epoca della Moratti, sostanzialmente bloccata e sterilizzata dal ministro Fioroni, ora viene ripresa con decisione. Non sarebbe stato politicamente possibile, tuttavia, se l’INVALSI - pur disponendo di scarsi mezzi finanziari e di un apparato, certamente sempre più qualificato scientificamente, ma ancora inferiore alle necessità - non si fosse fatto onore sul campo con operazioni e indagini che ne hanno confermato la necessità e l’utilità per il sistema educativo nazionale. La creazione di un nuovo corpo di ispettori - diverso per missione, a quanto pare, da quello vecchio, ma non del tutto estinto - rappresenta una novità, il cui senso sarà illuminato più sotto.

 

In secondo luogo, per quanto riguarda il merito, si distingue, pur senza contrapporle, tra le politiche universalistiche del diritto allo studio e le politiche del talento e dell’eccellenza. Il talento va riconosciuto in qualche forma, quali che siano le condizioni economiche iniziali. È quanto ha deciso di fare la Germania di Angela Merkel. È il passaggio dall’egualitarismo ideologico astratto alla logica della personalizzazione e dei talenti. La scuola è effettivamente di tutti e per tutti se riesce ad essere “la scuola di ciascuno”.

 

Se questi sono i contenuti dell’annunciato PQM, quali sono le condizioni della sua realizzabilità? Qui la conferenza-stampa non ha detto molto. La prima questione, ovvia, ma tutt’altro che banale, è quella delle risorse finanziarie a disposizione sia per la valutazione esterna sia per il premio al merito. Il famoso 30% delle risorse risparmiate dal sistema doveva, a norma della Legge finanziaria precedente, tornare indietro per politiche di innovazione e di premio. Non sarà così. È ormai chiaro che se qualcosa tornerà, sarà impiegato per sanare i debiti che lo Stato ha contratto con le scuole: supplenze, esami, toner e carta igienica... Oppure, per reintegrare parzialmente in modo fortunoso e obliquo il blocco degli scatti di anzianità e la messa in mora dei contratti nazionali deciso nella nuova Finanziaria 2010.

 

Dietro alla questione dei soldi ne stanno altre, irrisolte, tutte riconducibili a quella del futuro dell’INVALSI. Il metodo INVALSI - quello della valutazione esterna degli apprendimenti mediante prove standardizzate, a base di test - non è l’unica strada possibile per accertare la qualità. Ciò che viene spesso contestato è il ricorso al testing. Alcuni obbiettano che si rischia quanto è già accaduto soprattutto nei Paesi anglo-sassoni: il Teaching to Test, insegnare (e dunque eventualmente apprendere) solo in vista del superamento dei test. Ciò che non è testabile non è insegnato/appreso. Per di più, confezionare un test rigoroso implica un notevole sforzo tecnico-scientifico e pertanto un forte apparato di ricerca e di sperimentazione. E, di più, l’esistenza di standard nazionali. Mancando i quali, accade che chi confeziona i test stabilisca, di fatto, anche gli standard.

 

Un circolo vizioso o virtuoso? Per alcuni critici è vizioso. Per ovviare agli inconvenienti suddetti, nei Paesi anglo-sassoni sono state così introdotte delle prove aperte, non standardizzabili. Il che rende più affidabile il testing, ma assai costoso. Correggere un testo scritto implica competenze e tempi notevoli rispetto alla verifica meccanica di un test. Partendo da queste considerazioni, è venuta maturando nelle retrovie dell’apparato ministeriale e in alcuni ambienti intellettuali un’altra ipotesi di sistema di valutazione, molto simile a quella dell’OFSTED (Office for Standards in Education) inglese.

 

Essa si basa su un nucleo centrale di ispettori - Her Majesty’s Inspectors - istituito nell’800 - che si avvalgono di una rete di agenzie di ispezione - a loro volta periodicamente certificate - composte principalmente da ex-insegnanti e dirigenti ed esperti vari. Questi nuclei di ispezione vanno ogni tre anni in ogni scuola e la sottopongono a lente di ingrandimento, utilizzando tutte le tecniche di indagine e di verifica possibili. Al termine di un’ispezione di alcuni giorni, l’ispettore capo stila una relazione. In base alle risultanze, alla scuola ispezionata vengono segnalati i punti di forza e quelli di debolezza, vengono dati suggerimenti e viene assegnato un tempo per colmare le lacune. Nei casi più gravi, la scuola viene chiusa. Durante il governo Brown, sono state chiuse 526 scuole medie, ritenute incapaci di offrire il necessario educativo ai ragazzi inglesi.

 

Secondo questo progetto, l’INVALSI diverrebbe un apparato tecnico di confezione dei test, alle dipendenze dirette del ministero, mentre gli ispettori - tutti da formare - dipenderebbero dall’ex-INDIRE, oggi ANSAS. Questo istituto sarebbe di fatto l’OFSTED italiano. In attesa che i dilemmi, che ora stanno nel backstage, vengano in prima fila e vengano pubblicamente discussi e sciolti, continua ad essere indefinita una questione, la cui soluzione è condizione sine qua non della buona qualità dell’offerta educativa e di buoni apprendimenti: la formazione, il reclutamento, la valutazione, la carriera, lo stato giuridico dei docenti. In assenza di qualità certificata e valutata degli insegnanti, la qualità dell’apprendimento, il merito, le eccellenze resterebbero puri flatus vocis propagandistici.

 

 

24 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Gelmini annuncia il piano “Italia 2020”: riguarderà scuola, formazione e lavoro

di A.G.

 

Per il Ministro se i giovani hanno difficoltà a trovare un’occupazione è anche perché la scuola e l'università sono troppo distanti dal mondo del lavoro. Nel progetto già coinvolti i ministri Meloni e Sacconi. Polemiche per la scelta di confrontarsi, durante la tre giorni 'Dedalo 2010', solo con una platea giovanile di centro-destra.

Il Governo sta lavorando su un grande piano di rilancio per i giovani: l’iniziativa si chiamerà “Italia 2020” e intreccerà scuola, formazione e lavoro. Ad annunciarlo è stato il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini, nel corso di un dibattito svolto a Viareggio, nell’ambito della manifestazione 'Dedalo 2010' organizzata per il quinto anno consecutivo dai giovani che si identificano nel centro-destra.

"Oggi ci vuole il coraggio non di lamentarsi - ha detto il Ministro - ma di dare soluzioni a problemi annosi che durano da troppo tempo: se c'è una situazione difficile è proprio quella dei giovani che faticano a trovare un’occupazione anche perché la scuola e l'università sono troppo distanti dal mondo del lavoro". Le basi del progetto interministeriale sarebbero già state create. E qualcosa anche avviato: lo stesso anticipo di un anno della possibilità di stipulare un contratto di apprendistato, in luogo dell’ultimo anno di istruzione obbligatoria, appare indirizzato in questa direzione. Ora, le intenzioni del responsabile del Miur, e di altri rappresentanti del Governo, solo quelle di rendere più flessibile la normativa “trasversale” anche nell’ambito della formazione post-diploma.

"Col ministro Meloni e il ministro Sacconi - ha sottolineato Gelmini - stiamo lavorando ad un grande piano, all'Italia 2020, per fare incontrare due mondi, il mondo della formazione con il mondo del lavoro. Solo così la laurea cesserà di essere un pezzo di carta da esibire e varrà veramente qualcosa".

In molti hanno pensato che il ministro dell’Istruzione si riferisse anche all’abolizione del valore legale della laurea, caldeggiata da tempo tra diversi parlamentari del centro-destra, oltre che dalle associazioni di industriali ed imprenditori. L’ipotesi è stata però a sorpresa bocciata, determinando ulteriori incertezze, la scorsa settimana direttamente dal premier Berlusconi. Durante il proprio intervento a Viareggio, la Gelmini, come pure il ministro delle Politiche giovanili, Giorgia Meloni, si sono lasciate trasportare dai giovani del Pdl che si dicono pronti a una ribellione contro i propri vertici, nel caso in cui la riforma dell’Università, nel successivo iter parlamentare, dovesse venire smorzata.

La presenza di centinaia di giovani alla manifestazione, sempre secondo il responsabile del Miur, rappresentano però un segnale importante: "Sembra che esistano solo giovani che contestano nelle tv e sui giornali - ha sottolineato Gelmini - ma se abbiamo raggiunto la maggioranza, qualcosa vuol dire". Così la riforma accademica, al pari di quelle della scuola, che da più parti è stata ribattezzata "dei tagli", secondo la Gelmini invece sarebbe "dei giovani".

I giovani studenti che, sempre secondo il ministro dell'Istruzione, non sarebbero stati tutelati in occasione delle ultime recenti proteste, anche in occasione degli esami in notturna, in ambito accademico: "io ho il massimo rispetto per chi protesta, ma credo che non debba farne le spese il corpo studentesco". Secondo la Gelmini alcuni insegnanti hanno reso impossibile "lo svolgimento degli esami e la regolarità degli appelli", perché "si lamentano del disegno di legge e si rifiutano di fare lezione". Il ministro ha aggiunto: "Credo che sia profondamente ingiusto. Si può essere legittimamente in dissenso ma - ha concluso - non si devono danneggiare gli studenti".

Le parole del ministro non sono piaciute alle associazioni autonome o legate al centro-sinistra. Soprattutto perché il Miur aveva annunciato la presenza della Gelmini un contesto giovanile senza “alcuna connotazione di partito”. “Gli studenti d`accordo con la riforma, di cui parla una nota del Miur – ha detto Giorgio Paterna, coordinatore Uds - non sono altro che alcuni studenti di centro-destra riuniti in un campeggio. Gli studenti a cui dovrebbe prestare ascolto il Ministro sono quelli che hanno riempito le piazze in questi ultimi due anni e che, insieme ai ricercatori e alle altre componenti del mondo accademico, in queste settimane, si stanno mobilitando contro il ddl di distruzione dell`Università pubblica oggi in discussione nell`aula del Senato”.

Entusiasti, invece, i giovani presenti all’iniziativa viareggina: secondo Giovanni Donzelli, presidente di Azione universitaria “con Dedalo smentiamo il luogo comune che vuole i giovani, soprattutto quelli vicini al centrodestra, distaccati dai temi dell’attualità e disamorati della politica”.

 

da ilsussidiario.net

 

Bertagna: i docenti di oggi sono soltanto ripetitori o anche maestri?

Giuseppe Bertagna

 

lunedì 26 luglio 2010

 

«Il rapporto» esistente tra il libro di testo e le lezioni «è paragonabile al rapporto che esiste tra il meccanismo e l’organismo». «I primi termini di questa proporzione (libri di testo, meccanismo) sono costruiti secondo un piano prestabilito». Rimandano a moduli «messi insieme, costruiti con parti preconfezionate», ad un «tirar fuori dai depositi di un’erudizione astratta conclusioni già pronte, in formule stereotipate», oppure concretizzano una «dossografia», cioè la descrizione di opinioni o verità dette da altri ma non necessariamente fatte proprie e interiorizzate.

 

«I secondi termini (lezione, organismo) si caratterizzano, invece, per la naturalezza e la libertà della costruzione, e proprio in forza di questo hanno un funzionamento multiforme, imprecisabile a priori». Rimandano, infatti, ad un «essere vivente» che «sviluppa i propri organi, rispondendo ogni volta alle esigenze che si manifestano in corso d’opera», ad «un’energia viva» (l’energheia aristotelica) contrapposta ad un prodotto già finito (ergon) e quindi «sclerotizzato», all’«innesco» di una miccia di pensiero e al lievito intellettuale, all’«aspirazione a vedere con i propri occhi, a toccare con le proprie mani la fonte prima» di qualsiasi opinione e verità. Per questo leggere «a un intero uditorio» qualsiasi libro di testo, o qualsiasi altra cosa scritta prima della lezione, vorrebbe dire agire come «una cucitrice che, messa da parte la macchina Singer, volesse cucire con una spina di pesce».

 

Queste valutazioni sono di Pavel Florenskij e sono tratte da Lezione e lectio (1917), pubblicato per la prima volta in italiano da La Nuova Europa, n. 2, 2010, p. 19-23. Il saggio costituiva l’introduzione alla pubblicazione di una serie di lezioni dal vivo sulla storia della filosofia, pronunciate nel 1910 dall’autore, quando era un giovane docente dell’Accademia teologica di Mosca.

 

Sono valutazioni che colpiscono ancora oggi per la loro penetrante puntualità. A dire il vero, in quei decenni, si può dire che costituissero perfino una specie di «brodo» comune a tutte le correnti culturali contrarie al positivismo che ancora celebrava gli ultimi riflessi dell’incontrastato predominio esercitato nel secolo precedente. In Italia, ad esempio, proprio nel 1913, osservazioni analoghe saranno proposte da Giovanni Gentile nel suo Sommario di pedagogia.

 

Se, però, le troviamo ancora molto attuali ad un secolo di distanza vuol dire che forse, almeno nella scuola e nelle criteriologie per la formazione iniziale dei docenti, l’ottica e la strumentazione «positivistica» non è stata ancora superata.

 

Ma perché il rapporto tra libri di testo o tra testi comunque scritti prima di far lezione e la lezione viva che si deve tenere ad un gruppo di ragazzi è proprio quello che Florenskij coglie e descrive in maniera così persuasiva? La risposta è perfino intuitiva.

 

L’autore del libro di testo o di qualsiasi altro testo scrive avendo principalmente presente la «materia» che è chiamato ad esporre. La modella perciò secondo logica, riservando l’attenzione che meritano ai vari nessi tra le parti e alla progressione concettuale ed argomentativa che li deve stringere. Ha presente senza dubbio anche i destinatari, ma sono destinatari, per così dire, «di media», astratti, formali, immaginati: cioè realmente inesistenti.

 

Il docente chiamato a far lezione in classe, invece, deve fare i conti non soltanto con la «materia», ma anche e soprattutto con ogni persona che ha dinanzi e con gli ambienti specifici in cui è costretto a parlare. C’è caldo, un ragazzo si alza per aprire la finestra, inciampa nella cartella del compagno, questo reagisce… il docente non può più sviluppare la sua argomentazione, ma deve intervenire a riportare la calma e poi continuare. Nel frattempo, però, è passata un’ambulanza. Tutti gli sguardi sono andati fuori dalla finestra. Il docente perde il contatto visivo con i suoi ragazzi. La concentrazione salta. Bisogna ricominciare. L’ordine e la connessione delle idee, in questo modo, non riesce mai a corrispondere in modo armonico all’ordine e alla connessione delle cose e delle persone reali. Il logico non è l’esistenziale.

 

Bisogna allora trovare, se si è bravi docenti, la «competenza professionale» di ricucire momento dopo momento, in situazione, le idee e la realtà delle persone e delle cose. Non c’è programmazione a priori che tenga dinanzi a queste prove. Curricolo, Pof o unità didattica che funzioni e sia utile. Il docente, «a lezione», resta sempre nella condizione dell’equilibrista sul filo a tre metri da terra. Se non riesce a combinare sempre, attimo dopo attimo, in modo nuovo, la logica di ciò che deve insegnare con le relazioni umane che deve mantenere con tutti i suoi studenti, con la motivazione che deve ravvivare in ciascuno, con la gestione efficace dello spazio e degli imprevisti che si presentano la sua «lezione» diventa vento. Non parla più a nessuno. O ciascuno capisce ciò che vuole. Al suo insegnamento non corrisponde l’apprendimento che vorrebbe suscitare.

 

Perfino l’etimologia, del resto, soccorre questa diagnosi. Lezione, lectio, viene da lectus, participio passato del latino lègere. Vuol dire che bisogna aver letto prima di fare lezione. Se si legge a lezione, infatti, si è sopraffatti dai ragazzi, dai luoghi e dalle circostanze: si cade dal filo. La lezione è un delicatissimo organismo vivente, la cui preziosità è direttamente proporzionale alla sua fragilità.

 

Certo, lègere, infinito, proviene dalla radice indoeuropea leg, che sta per radunare, raccogliere insieme cose diverse, scegliendole a una a una. E siccome rimanda contemporaneamente anche al greco lógos, discorso, e a lexis, parola, non nel senso di suono, ma piuttosto di lemma, di significato concettuale, lègere evocare anche etimologicamente un soggetto intelligente che raduna, raccoglie attivamente insieme segni e parole diverse, e le dice in un discorso che le tiene unite insieme in modo organico. Non c’è lettura, insomma, senza un attivo e protagonistico «dire» interiore non solo e non tanto dei segni vocali o grafici che l’accompagnano, ma del significato e del senso che questi segni hanno. Che poi questo «dire» sia ad alta voce oppure silenzioso, come quello che colpì Agostino quando vide fare per la prima volta Ambrogio praticare la lettura silenziosa non cambia nulla rispetto al necessario protagonismo del soggetto (sed cum legebat, oculi ducebantur per paginas et cor intellectum rimabatur, vox autem et lingua quiescebant: leggeva scorrendo le pagine con gli occhi, il cuore intento a penetrare il senso, mentre voce e lingua riposavano).

 

Leggere, dunque, a meno di ridurre questa abilità ad una serie di mere operazioni percettive meccaniche, è di per sé la prova di un’intensa ed originale attività spirituale di ciascuno. La prova che è il soggetto, con la sua straordinaria forza di inizio, non il testo, ad esistere. Checché ne pensino la linguistica di Jacobson, l’antropologia di Lévi Strass, il marxismo di Althusser o la psicanalisi di Lacan.

 

Ma «fare lezione» è prova di un’attività spirituale personale ancora superiore: si può dire alla tripla potenza. Alla doppia potenza perché presuppone la lettura ben fatta, tante letture ben fatte, di tanti autori. Ma ha bisogno di molto più delle letture ben fatte di tanti autori per essere condotta a segno: le serve, per l’intera sua durata, la concentrazione massima e sempre vigile dell’intero della persona di ciascuno su ogni ascoltatore e nel suo contesto che li circonda: mente, mani, cuore; corpo, psiche e spirito; l’io e il sé nel tu, nel noi, nel voi e nell’esso. Ecco perché la competenza professionale del far lezione, se si fa una «buona lezione», è l’acme della professionalità docente. E costringe ad una spesa di energie che soltanto chi non ne è capace o non ha mai provato ritiene modesta.

 

 

Da Tuttoscuola FOCUS

 

3. Stile Usa

Ha suscitato scalpore la notizia, rimbalzata dagli Stati Uniti, del licenziamento di 226 insegnanti per manifesta incompetenza da parte del provveditore agli studi di Washington, Michelle A. Rhee (ritratta nella copertina di Time con una scopa in mano).

E non è finito lì il drastico provvedimento dell'autorità scolastica - come riferisce il corrispondente del Corriere della sera - perché altri 737 insegnanti, giudicati "minimamente efficaci" hanno ricevuto una deroga di dodici mesi per migliorare la propria performance, dopo di che, se non centreranno l'obiettivo richiesto, perderanno anche loro il posto.  

Le autorità americane, incoraggiate dal nuovo programma dell'amministrazione Obama - la cosiddetta Race to the top (gara verso il top) - hanno attivato il nuovo sistema di valutazione Impact, avviato di recente sulla scia di un vero e proprio movimento finalizzato alla responsabilizzazione di scuole e docenti.

Il programma di valutazione obbliga i docenti a sottoporsi a circa tre ore di osservazione in classe nel corso dell'anno da parte di una giuria composta da un membro interno e uno esterno. Sono oggetto di valutazione le assenze e le presenza in classe, la chiarezza nell'esporre la propria materia e il punteggio finale ottenuto dagli studenti negli esami di Stato.

Il sindacato degli insegnanti ritiene che il programma sia finalizzato a ridurre i posti degli insegnanti anziché aiutarli a migliorare le loro prestazioni. C'è chi, proprio nei confronti del sindacato, punta l'indice ritenendolo in parte responsabile della strage di suoi iscritti.

E in Italia? Senza pensare ad uno strumento valutativo per arrivare a licenziare gli insegnanti, il problema della valutazione non è certamente diverso da quello registrato negli USA, almeno con l'obiettivo di incentivare, valorizzare e premiare, ma la manovra finanziaria ha, ancora una volta, vanificato le migliori intenzioni della premialità dei docenti. Le risorse del 30% serviranno soprattutto, non si sa come, a compensare una parte dei docenti, privati degli scatti di anzianità contrattualmente già previsti, con interventi a pioggia

 

4. Riforme e sindacati/1. Alla ricerca dell'unità perduta

Con quali risorse, finanziarie e umane, è possibile sostenere le riforme, o meglio una serie di processi realmente innovativi, nella scuola di oggi? Come è possibile innovare in questa fase di sacrifici e di tagli alla spesa pubblica che colpiscono duramente proprio il mondo della scuola? E' possibile una strategia unitaria, o almeno convergente, dei sindacati a sostegno di una scuola migliore?

Sono domande alle quali si è cercato di dare risposta nella tavola rotonda che ha concluso i lavori della Summer School di Tecnodid, svoltasi a Ischia tra il 18 e il 22 luglio 2010. All'incontro, coordinato dal redattore di Tuttoscuola Orazio Niceforo, hanno partecipato i segretari generali dei tre sindacati confederali della scuola - Mimmo Pantaleo per la Flc-Cgil, Francesco Scrima per la Cisl scuola e Massimo Di Menna per la Uil scuola - e il presidente dell'Anp Giorgio Rembado.

Riforme e riflessi nella condizione professionale di docenti e dirigenti era il tema dell'incontro, al termine di quattro giornate dedicate a tematiche affrontate essenzialmente sul piano tecnico e culturale - la governance, l'autonomia, la valutazione, i nuovi ordinamenti - cui hanno preso parte circa trecento partecipanti: un notevole successo anche organizzativo per l'iniziativa di Tecnodid e del suo direttore editoriale Antonio Crusco.

C'era attesa per questa specie di summit pubblico dei numeri uno dei più importanti sindacati della scuola (doveva intervenire anche Nigi dello Snals, trattenuto a Roma da un impegno imprevisto). La risposta che è venuta da Ischia è stata problematica e articolata, ma non negativa. Vediamo come e perché.    

 

 

26 luglio

da tuttoscuola.com

 

Superate le forche caudine per la riforma delle superiori?

 

Una settimana fa, prima della pronuncia del Tar sui ricorsi contro la circolare delle iscrizioni e contro quella degli organici, era possibile teoricamente che si verificasse uno stop all'avvio della riforma o, comunque, un ritardo o un serie di difficoltà organizzative che avrebbero potuto ostacolare la regolarità dell'inizio delle classi riformate degli istituti della secondaria superiore.

 

Un passaggio difficile, vere e proprie forche caudine, parzialmente superato dal Miur grazie alla mancata sospensiva degli atti ministeriali da parte del Tar, anche se è costato in termini di censure varie sulla piena legittimità delle procedure di attuazione della riforma.

 

Ma dall'imboscata dei ricorsi e delle contestazioni il ministero non è ancora fuori del tutto, visto che incombe sul regolare avvio un'altra (inattesa) sospensiva, relativa a tutti gli atti di attuazione della riforma dei tecnici e dei professionali che riguardano la riduzione dell'orario settimanale delle classi intermedie non a riforma. Sarà necessario acquisire con urgenza il parere (non vincolante) del Cnpi su quella riduzione oraria per evitare l'ultima imboscata alla riforma.

 

Solamente a parere acquisito, infatti, scatterà automaticamente il lasciapassare del Tar Lazio che ha posto proprio come condizione l'espressione di parere da parte del Cnpi e la sua valutazione da parte del Miur. A quel punto il Miur e il ministro Gelmini potranno tirare un sospiro di sollievo, perché saranno fuori dai pericoli del contenzioso. Forse.

 

Ciò, infatti, non significherà avere la vittoria in tasca, perché sicuramente l'avvio vero e proprio della riforma richiederà da parte di tutti un grande sforzo organizzativo, un'ampia condivisione e un'azione sinergica, accompagnata anche molta umiltà e disponibilità. Una nuova e, forse, più difficile sfida di quella delle forche caudine dei ricorsi.

 

 

28 luglio

da Tecnica della Scuola

 

Salta alla Camera l'audizione della Gelmini

di R.P.

 

Con un breve comunicato pubblicato sul sito della Camera viene reso noto che l'audizione del Ministro, prevista per il 28 luglio, non avrà luogo.

C’era molta attesa per la prevista audizione alla Camera del ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini che avrebbe dovuto parlare sulla riforma del sistema di valutazione degli studenti.

Ci si aspettava non solo di sapere qualcosa di più su come sono andati questi due anni di scolastici, da quando cioè sono stati introdotti i voti numerici nelle scuole del primo ciclo d’istruzione e da quando la rilevazione degli apprendimenti effettuata dall’Invalsi è andata a regime.

L’audizione era prevista per il 28 luglio, ma nel pomeriggio del 27 un breve comunicato pubblicato nel sito della Camera informa che è tutto rinviato.

Il fatto che non venga indicata una nuova data fa presumere che l’audizione potrebbe essere spostata addirittura al rientro dalla pausa estiva.

Nulla si sa sulle motivazioni del rinvio anche se è facile prevedere che l’opposizione non mancherà di protestare per l’assenza del Ministro.

L’intervento del Ministro è particolarmente atteso anche perché c’è molto interesse a saper qualcosa di più su quanto preannunciato qualche giorno fa in occasione della presentazione del Progetto Qualità & Merito che prevede una doppia rilevazione per gli alunni della secondaria di primo grado allo scopo di verificare, dati alla mano, la reale capacità delle scuole di intervenire sugli apprendimenti.

 

 

Da Tuttoscuola FOCUS

 

5. Riforme e sindacati/2. Tra conservazione e innovazione

Un punto di convergenza di tutti i leader sindacali intervenuti nella tavola rotonda di Ischia è stato la critica decisa, senza riserve e sfumature, alla filosofia tremontiana dei tagli orizzontali, o lineari, al bilancio del ministero dell'istruzione, realizzata con la manovra finanziaria del 2008 (legge n. 133). Cioè il carattere indiscriminato, non selettivo, di una manovra basata su criteri meramente quantitativi, priva di qualunque apertura a logiche di investimento.

Il risultato netto di un'operazione di questo genere è stato, secondo i sindacati, il congelamento di qualunque processo innovativo, e anzi la regressione del sistema scolastico verso modelli del passato: un biennio dell'obbligo che è tutto tranne che unitario (Pantaleo), la riscoperta del maestro unico e dei voti (Scrima), il ritorno alla classica tripartizione licei, istituti tecnici e istituti professionali in condizioni di maggiore ristrettezza con orari ridotti e laboratori inadeguati (Di Menna), il blocco dell'autonomia delle scuole, che impedisce qualunque reale miglioramento dell'offerta formativa (Rembado).

Anche la manovra del 2010 è stata oggetto di pesanti critiche, malgrado la parziale retromarcia del governo e di Tremonti sul congelamento degli scatti di anzianità (ma non sul rinvio del contratto): oltretutto, convenendo su quanto subito osservato da Tuttoscuola, i sindacalisti hanno riconosciuto che il recupero degli scatti, che graverà sul 30% dei risparmi derivanti dall'applicazione della legge n. 133/2008, sarà fatto a scapito dello sviluppo professionale dei docenti, al quale quel 30% di risparmi avrebbe dovuto essere destinato. Un altro effetto che si colloca secondo i sindacati sul versante della conservazione, e non certo su quello dell'innovazione.

 

6. Riforme e sindacati/3. Se "la scuola è di tutti"...

"Bisognerebbe smettere di rimettere sempre in discussione le riforme fatte dai governi precedenti, e non cambiare continuamente gli ordinamenti, serve più continuità" (Pantaleo); "spesso sono le contrapposizioni ideologiche tra i partiti a bloccare le innovazioni in Parlamento, ma la scuola non è né del centro-destra né del centro-sinistra, è di tutti" (Scrima); "servirebbe un luogo centrale di produzione di indicazioni tecniche anziché burocratiche, sviluppando adeguatamente il sistema nazionale di valutazione" (Di Menna); "i sindacati dovrebbero individuare unitariamente le cause delle resistenze al cambiamento, e chiedere unitariamente che la professionalità sia riconosciuta e premiata" (Rembado).

Sarà stato per il clima di confronto costruttivo, molto tecnico e poco ideologico, che ha caratterizzato i lavori della Summer School di Tecnodid (cinque convegni e nove seminari), ma le parole pronunciate in questa occasione dai leader sindacali sono sembrate più attente a ciò che unisce che a ciò che divide: ad identificare un loro ruolo autonomo rispetto agli schieramenti politici, quasi terzo, di sostegno al miglioramento dell'offerta formativa.

Al di là delle differenze emerse su punti specifici (la Cgil, per esempio, insiste sull'unitarietà del biennio dell'obbligo, la Cisl sulla valorizzazione dei diversi percorsi), l'appello a tenere la scuola fuori delle controversie politiche, data la sua natura di istituzione che opera su tempi lunghi (15-25 anni) e in una logica di investimento sul sistema-Paese, è sembrato ampiamente condiviso.

Bisognerà vedere se la comune sensibilità emersa nella tavola rotonda di Ischia troverà uno sbocco unitario nelle prossime occasioni di confronto con il governo e il ministro Gelmini: la definizione di alcune priorità condivise in campi, per esempio, come quelli della formazione, valutazione, valorizzazione della professionalità, equità, per le quali chiedere l'avvio di una seria politica di investimenti, potrebbe aiutare i sindacati a ritrovare quel ruolo strategico a sostegno dell'innovazione che negli ultimi anni essi hanno dato spesso l'impressione di avere smarrito.  

 

7. Se si cancellasse la gratuità dei libri di testo della scuola primaria

La settimana scorsa il sindaco di Sant'Olcese, in Liguria, ha informato le famiglie degli alunni di scuola elementare che non sarebbe stato in grado, a causa delle ristrettezze del bilancio comunale, di assicurare la gratuità dei libri di testo. Gratuità totale dei libri prevista dalla legge n. 719/1964 che pone a carico dei Comuni (più o meno finanziati dallo Stato) l'onere completo dei libri.

Anche se il problema sembra essersi risolto nel giro di 24 ore, perché un'azienda di Valpolcevera si è offerta di pagare le spese dei libri, l'episodio ha fatto riemergere una ipotesi di cui si discute anche negli ambienti politici: perché non abrogare la gratuità dei libri di testo di scuola primaria?

Nel novembre scorso, quando per un refuso di una dichiarazione di una parlamentare dell'opposizione, era sembrato che nella manovra finanziaria di fine anno fosse prevista proprio la cancellazione della gratuità dei libri nella scuola elementare, vi sono state alcune prese di posizione decisamente contrarie, improntate ad un massimalismo ideologico di altri tempi.

Prima di rifiutare a priori una simile ipotesi, proviamo a fare due conti.

I Comuni spenderanno per il prossimo anno complessivamente 80,5 milioni per la gratuità dei libri di testo agli alunni della scuola primaria, statale e paritaria. Ne spenderanno almeno 82 di milioni, se l'atteso decreto ministeriale che deve fissare i prezzi dei testi, li dovesse ritoccare.

Il costo dei libri di uno scolaro di scuola elementare vale oggi in media 29 euro ed è compreso tra i 18,29 euro per un alunno del secondo anno e 41,44 per uno dell'ultimo anno. Cifre ben lontane dai prezzi che le famiglie sostengono per i libri della scuola media o della scuola superiore; cifre che, comunque, non impensieriscono i genitori, visto che i contenuti costi dei testi nella scuola primaria sono tuttora a carico dei Comuni.

Assicurando la gratuità agli alunni meno abbienti, è davvero osceno pensare che i libri di testo se li paghino gli alunni di scuola elementare con pochissime decine di euro?

 

8. La non gratuità dei libri di testo violerebbe la Costituzione?

Quando nel novembre scorso era sembrato che vi fosse una proposta governativa di abrogare la legge 719/1964 sulla gratuità dei libri di testo nella scuola elementare, qualcuno ha ricordato che l'articolo 34 della Costituzione dispone che "l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita".

Scuola dell'obbligo, dunque, significherebbe tout court gratuità anche dei libri di testo.

A parte il fatto che, se così fosse, per gli alunni che frequentano la scuola media o il primo biennio delle superiori dovrebbe esserci la gratuità dei libri di testo, in quanto iscritti a scuole dell'obbligo proprio come gli alunni della scuola primaria, vi sono state, negli anni, diverse sentenze della Corte Costituzionale a proposito del concetto di gratuità nella scuola dell'obbligo e della sua possibile estensione sui libri di testo.

Più volte in passato la Corte Costituzionale è intervenuta per chiarire il concetto di gratuità della scuola dell'obbligo, precisando che essa deve essere riferita alla prestazione di attività (l'impiego degli insegnanti), mentre la prestazione di beni è un mezzo per raggiungere lo scopo (libri di testo).

Il principio costituzionale della gratuità è, dunque, riferito alla prestazione, cioè ai costi del servizio, ma non agli strumenti utilizzati.

La gratuità degli strumenti non costituisce un diritto degli alunni, ma rappresenta, piuttosto, una opportunità che l'Amministrazione mette in atto per facilitare l'accesso all'obbligo di istruzione e favorire il diritto allo studio.

 

 

Da Disal

martedì 20 luglio 2010

 

Scuole non Statali: le bozze CCNL Agidae, Fism, Aninsei

 

Roma, 15 luglio 2010

Le OO.SS. FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA, SNALS Conf.S.A.L. e SINASCA (relativamente al CCNL AGIDAE), nel rispetto degli obiettivi fissati nelle Linee Unitarie di Piattaforma Contrattuale, hanno elaborato le Ipotesi di Piattaforma per il rinnovo dei CCNL AGIDAE, FISM e ANINSEI 2010-2012.

Tali ipotesi unitarie di piattaforma sono state approvate nei giorni scorsi dagli organi statutari delle rispettive organizzazioni nazionali, pertanto le OO.SS. firmatarie dei CCNL, unitamente all’invio delle piattaforme, inoltreranno all’Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica, alla Federazione Italiana Scuole Materne e all’Associazione Nazionale Istituti Non Statali di Educazione e di Istruzione la richiesta dell’apertura ufficiale dei tavoli di confronto già a partire dal corrente mese di luglio.

I testi siglati dai rappresentanti sindacali, dopo il confronto con gli Enti datoriali, vengono sottoposti alla valutazione delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti delle Istituzioni scolastiche ed educative mediante assemblee territoriali e di luogo di lavoro da indire con le modalità individuate dalle segreterie regionali.

 

I testi in bozza dei contratti

 

 

 

 

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Da FIDAE