Intervento Ministro Moratti, Expo - 1 marzo 2005

Scuola, Università e Ricerca: nuovi scenari e nuove prospettive per i giovani


 

Intervento del Ministro Letizia Moratti al convegno di apertura di Expo Educazione e Lavoro "Scuola, Università e Ricerca: nuovi scenari e nuove prospettive per i giovani"

Milano, 1 marzo 2005

Mi è gradita l'occasione di questo intervento a Expo Educazione perché, a quasi quattro anni dall'inizio della nostra attività di Governo, possiamo trarre un primo positivo bilancio sull'attività svolta nei settori della scuola, dell'università e della ricerca. Si tratta di tre settori cruciali per lo sviluppo del nostro Paese che, fino al 2001, erano concepiti e gestiti distintamente e che ora, grazie alle numerose azioni intraprese, rientrano in una visione unitaria che ha come filo conduttore la valorizzazione del capitale umano.

Il capitale umano fattore di sviluppo

 

Il capitale umano è elemento cruciale per lo sviluppo economico e sociale: insieme alle risorse fisiche e finanziarie costituisce il patrimonio di ogni sistema economico. Sia nell'Unione europea sia negli Stati Uniti, il suo valore rappresenta oltre la metà del patrimonio nazionale. In Europa, tuttavia, questo valore è ancora troppo basso: è infatti stimato in circa 250mila euro pro capite, contro i circa 500mila euro degli Stati Uniti.
Il forte divario tra Ue e Usa è dovuto principalmente a quattro fattori: anzitutto il tasso di occupazione (rapporto tra numero degli occupati e numero di individui che rappresentano la popolazione attiva): 61% nella Ue, 74% negli Usa; in secondo luogo, il livello retributivo europeo medio, inferiore del 49% a quello statunitense; quindi il livello di educazione scolastica: la popolazione attiva europea ha un livello di istruzione mediamente più basso rispetto agli Usa; e infine la durata della vita lavorativa: in Europa si lavora in media circa un anno e mezzo in meno rispetto agli Usa.
Tuttavia la differenza in termini di valore è compensata positivamente per l'Ue da un importante elemento di successo per lo sviluppo del capitale umano: l'Europa vanta, rispetto agli Usa, un maggior livello di coesione sociale e cittadinanza attiva, misurata in base ad indicatori quali il livello di partecipazione alla vita democratica, il tasso di criminalità, il tasso di inquinamento. Durante il Semestre 2003 di presidenza italiana dell'Ue, con l'incontro di Milano del 27-28 ottobre 2003 e con la risoluzione del Consiglio dei Ministri del 25 novembre 2003, i Paesi Ue hanno concordato di partire dallo sviluppo del capitale umano, nel solco delle indicazioni del Consiglio europeo di Lisbona, per affrontare le sfide che la società contemporanea ci impone in un contesto di crescente globalizzazione.
Ci sono altri due elementi che vorrei sottolineare, e che ci spingono ad accelerare a livello comunitario l'investimento nel capitale umano. Più cresce la qualificazione e la formazione, più cresce il reddito pro-capite. Le statistiche ci dicono che mediamente il reddito di un laureato è del 50% superiore a quello di un diplomato. In secondo luogo, l'innalzamento di un anno della frequenza scolastica significa l'innalzamento di un punto di Pil. Su un buon sistema di scuola si gioca perciò il benessere e lo sviluppo del Paese.
La società in cui viviamo, tecnologicamente avanzata, aperta a continui cambiamenti, caratterizzata dalla crescita accelerata delle conoscenze, per essere competitiva in un contesto di globalizzazione deve porre tra le sue priorità l'investimento nell'istruzione, nella formazione e nella ricerca. La riflessione critica e preoccupata che in queste ultime settimane ha accompagnato una revisione della strategia da seguire per realizzare gli obiettivi fissati dall' "Agenda di Lisbona" ha portato i paesi membri dell'Unione Europea e la Commissione ad assumere una visione univoca e integrata dell'approccio da seguire nei campi dell'istruzione, della formazione e della ricerca. Un ulteriore passo in questa direzione sarà, sin dai prossimi mesi, il maggiore collegamento tra la "Agenda di Lisbona" e la "Iniziativa per la Crescita", due processi paralleli di cui è evidente la necessaria progressiva integrazione.
È, infatti, ormai unanime l'opinione secondo la quale l'innovazione è il motore della crescita economica e dello sviluppo complessivo delle nostre società. Ed è altrettanto evidente il legame tra la ricchezza che i nostri paesi riescono a produrre - non soltanto ricchezza materiale, ma ricchezza di valori e di cultura - e i livelli di conoscenza, competenza e sapere che ogni cittadino è in grado di formare nel corso dei propri studi e, successivamente, lungo l'arco della vita lavorativa. La sfida dell'innovazione è dunque, prima di tutto, quella che deve essere affrontata nella "filiera della conoscenza": nelle scuole, nelle università, nei laboratori di ricerca e poi attraverso i sistemi di apprendimento e aggiornamento continuo in casa, nelle aziende, in ogni luogo di lavoro.

L'Action Plan di Barroso

 

Il Presidente della Commissione europea Barroso ha nei giorni scorsi anticipato l'Action Plan i cui contenuti saranno discussi nel summit di marzo della Ue e che è destinato ad aggiornare e rilanciare i contenuti dell'Agenda di Lisbona sulla stabilità e la crescita.
Barroso ha proposto che i contenuti dell'Agenda di Lisbona, le prospettive finanziarie e il patto di stabilità e di crescita vengano trattate simultaneamente in quanto esse rappresentano le tre facce della stessa medaglia. Barroso ha recentemente dichiarato che dopo la costruzione del mercato unico europeo, l'adozione di una moneta unica, l'ingresso di 10 nuovi stati, il nuovo grande progetto europeo è quello di abbattere il tasso di disoccupazione attraverso lo sviluppo economico, l'agenda sociale, e la tutela dell'ambiente. Il Piano d'azione che Barroso proporrà in marzo prevede un gruppo di azioni: la modernizzazione dei sistemi sanitari e pensionistici da rendere più adeguati per una società che invecchia; l'aumento del finanziamento in Ricerca e Sviluppo; la semplificazione delle regole amministrative; la deregolazione dei settori delle telecomunicazioni, energia e trasporti; gli aiuti alle imprese focalizzati specialmente sulle imprese altamente innovative; lo sviluppo del capitale umano, e infine la nomina di una alta personalità - Mister Lisbona - per monitorare i progressi nelle direzioni indicate.
Tre sono i temi generali che meritano la massima attenzione per lo sviluppo di questo piano: Sviluppo delle infrastrutture, Ricerca e Sviluppo, Capitale umano.
Per quanto riguarda R&S e capitale umano vorrei richiamare alcuni punti particolarmente importanti sottolineati da Barroso:

·         L'avvenire dell'Europa e il futuro della strategia di Lisbona sono intimamente legati ai giovani;

·         L'Europa e gli Stati membri devono fare in modo che le riforme proposte servano prima di tutto ad offrire ai giovani la loro prima opportunità nella vita e a dotarli di un bagaglio di conoscenze che sarà loro utile per sempre;

·         Gli Stati membri devono aumentare gli investimenti in capitale umano migliorando l'istruzione e le qualifiche e favorendo l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita;

·         La conoscenza, intesa come insieme di ricerca, innovazione e istruzione, deve essere posta alla base dei processi di crescita in tutti gli Stati membri;

·         La diffusione della conoscenza grazie ad un sistema di istruzione di elevata qualità è il modo migliore per garantire la competitività a lungo termine dell'Unione Europea;

·         L'Europa e gli Stati membri devono lavorare a sostegno dell'innovazione e stimolare maggiori investimenti in ricerca sia da parte del settore pubblico sia da quello privato.

 

Le riforme che stiamo attuando in Italia - nei settori dell'istruzione, della formazione, dell'università e della ricerca - vanno tutte in questa direzione.

Formazione e ricerca al centro dell'azione del Governo

 

L' istruzione, la formazione e la ricerca, come dimostrano anche la Finanziaria 2005 e il provvedimento sulla competitività in corso di approvazione, sono divenuti temi centrali dell'azione di Governo nella più ampia questione dello sviluppo economico e della coesione sociale dell'Italia mano a mano che sono state inserite in una concomitanza di azioni coerentemente prese su diversi livelli: politiche del lavoro, politiche del welfare, politiche industriali e, naturalmente, politiche della ricerca.
L'Italia si è fatta promotrice di questa linea ed ha improntato su questi principi la propria azione di Governo. Ad esempio, l'aver fatto della formazione - con il Patto per l'Italia prima e con la Legge Biagi successivamente - per la prima volta uno strumento di politica attiva del mercato del lavoro in grado di contrastare la disoccupazione, soprattutto giovanile, e di accrescere la competitività delle imprese, pone oggi l'Italia in linea con le più moderne visioni europee sul futuro dei sistemi educative nazionali.
Negli ultimi anni abbiamo fatto grandi passi avanti in questa direzione e vi sono oggi numerosi indizi dell'avvio di un ciclo virtuoso di collaborazioni positive, di visioni coerenti, di crescenti integrazioni tra politiche dell'educazione e politiche del lavoro, tra politiche della ricerca e strategie per l'innovazione.
Ma questa nuova "centralità" dell'istruzione non è soltanto il risultato di un nuovo modo di intendere le politiche dell'istruzione e in più in generale le azioni per valorizzare e rafforzare il capitale umano del Paese: questa visione nasce dal fatto che ai sistemi educativi e formativi oggi si chiede - in modo pressante e talvolta ancora contraddittorio - la soluzione ai molteplici problemi socio-economici: dalla competitività delle imprese, alle cause della debolezza del mercato del lavoro, ai fenomeni di emarginazione sociale.
In definitiva, dalla scuola, dall'università e dalla ricerca ci si aspetta per il futuro un contributo decisivo al superamento delle difficoltà attuali che il nostro mondo produttivo deve affrontare ed al controllo dei profondi mutamenti sociali in corso. Il tutto in tempi possibilmente molto rapidi, con obiettivi condivisi, con risultati verificabili. Una sfida davvero difficile che stiamo affrontando con tenacia e con crescente ottimismo sui risultati possibili.

La "visione integrata"

 

Perché questa sfida potesse essere affrontata con successo, il nostro primo obiettivo - ormai pienamente raggiunto e consolidato - è stato quello di stabilire una visione finalmente unitaria "sociale" e "economica" del processo educativo, formativo e di ricerca destinato a produrre un modello organizzativo nazionale organico e integrato. La legge di riforma della scuola, i provvedimenti introdotti di recente per l'università, le prime linee guida per la ricerca del 2003 e il Piano nazionale della ricerca in corso d'approvazione vanno tutti in questa direzione e sono strettamente collegati fra loro in una visione unitaria, organica e integrata.
Possiamo oggi affermare di essere sulla strada giusta per fare del "sistema della conoscenza" un'unica filiera fondata sui medesimi principi - una scuola di qualità per tutti, un' università di qualità per tutti, una ricerca di qualità per tutti - anche se il cammino da compiere è ancora molto lungo perché non possiamo certamente dimenticare in quale stato era questo nostro Paese all'inizio del mio mandato governativo.
Da allora, ispirati da questa visone, abbiamo ri-orientato tutte le nostre politiche su sei obiettivi chiari e irrinunciabili:

1.     Al centro del sistema educativo e formativo, a qualsiasi livello, nella scuola primaria, in quella secondaria e nel ciclo di istruzione superiore, come nei percorsi formativi post-laurea, sarà sempre e comunque soltanto la persona e la sua crescita integrale, coniugando aspetti cognitivi dell'apprendimento con quelli del "saper fare" e del "saper essere", cercando di realizzare la massima inclusione, offrendo pari opportunità, garantendo standard qualitativi crescenti.

2.     La nuova dimensione educativa e formativa sarà fondata sull'apprendimento permanente lungo l'intero arco della vita di ogni cittadino;

3.     Nella scuola vi saranno più canali formativi diversificati di pari dignità per assicurare lo sviluppo umano, culturale e sociale e il successo formativo di ogni studente;

4.     Il territorio e la società civile dovranno esprimere tutte le loro grandi potenzialità ed energie a favore della scuola, dell'università e della ricerca mentre si stabilirà una correlazione sempre più strutturale tra sistema educativo-formativo, sistema produttivo e tessuto sociale territoriale per favorire l'incontro tra offerta e fabbisogni espressi dalle imprese;

5.     Università e mondo della ricerca, recuperando quella "cultura del lavoro" che sembrava essere stata persa, stabiliranno ambiti di collaborazione, progetti comuni, opportunità di co-finanziamento con il mondo della produzione e della finanza;

6.     L'autonomia scolastica e l'autonomia degli atenei - elementi fondanti del nuovo sistema - favoriranno la flessibilità dei percorsi formativi, l'adattamento e la personalizzazione dei programmi educativi, l'apporto della sperimentazione nella valorizzazione delle eccellenze, e saranno accompagnati da nuovi e rigorosi metodi di reclutamento del personale docente, criteri di valutazione dei risultati, requisiti per garantire qualità elevata ai corsi di studio e dei servizi agli studenti.

 

L'Università e la ricerca universitaria

 

Altre due grandi aree di cambiamento riguardano l'università e la ricerca, temi che gli imprenditori italiani considerano oggi, giustamente, di importanza vitale per il futuro del Paese.
Cominciamo dall'università. Ricorderete quali erano le condizioni del nostro sistema universitario soltanto pochi anni fa: impressionanti tassi di abbandono, basso numero di laureati in rapporto agli immatricolati, scarsa mobilità internazionale, forte ritardo nei tempi di conseguimento della laurea. Infine, una percentuale di popolazione attiva in possesso di un titolo universitario che ci collocava, nei confronti internazionali, ai livelli più bassi.
Quando si parlava di università, si parlava di "febbre del sistema". So bene che molti di voi considerano ancora oggi lo sviluppo del nostro sistema universitario del tutto inadeguato a rispondere alle esigenze di una società moderna in continua evoluzione. Ma vi inviterei a riflettere sulle molte novità positive che si stanno realizzando.

Partiamo dagli obiettivi che considerammo di assoluta priorità:

·         Migliorare la qualità del sistema universitario soprattutto in termini di risultati dei processi formativi;

·         Migliorare la competitività delle università sia all'interno del Paese sia a livello internazionale;

·         Migliorare i risultati della ricerca in ambito universitario.

 

I risultati che stiamo registrando sono molto incoraggianti. Mi limito a citarne alcuni su due aree di interesse - successo dei percorsi formativi degli studenti e attività di ricerca universitaria - mentre tralascio gli obiettivi e le aspettative che abbiamo sugli effetti che potranno avere (svecchiamento del corpo docente, più alta qualità dei processi di selezione) i provvedimenti presi sullo stato giuridico degli insegnanti e sui concorsi.
Partiamo dunque dagli studenti. Dall'anno accademico 2001/2002 cresce progressivamente la domanda di formazione universitaria. In tre anni le immatricolazioni sono aumentate del 19,6 per cento. Diminuisce nel contempo la percentuale di studenti "inattivi", ossia di coloro che non sono riusciti nell'anno di riferimento a superare alcun esame o a conseguire alcun credito. Il numero di giovani che ha conseguito un titolo di studio ha superato nel 2002 quota 200 mila, con un aumento del 15% e del 26% rispetto ai due anni precedenti. Conseguentemente, sta aumentando notevolmente il rapporto dei laureati e diplomati sul totale degli immatricolati. Infine, un dato che ritengo di grande significato: sale dal 6.5% del 1999 al 9.4% del 2002 il numero dei laureati che conseguono il titolo entro la durata legale. Per quanto riguarda infine gli abbandoni degli studi siamo passati da un tasso del 66% del 2001 (in pratica soltanto uno studente su tre arrivava alla laurea) ad un tasso del 46% del 2004.
Anche sul fronte dell'internazionalizzazione del nostro sistema universitario le cose vanno sensibilmente meglio. Cresce il numero degli studenti italiani che partecipano a programmi di mobilità internazionale e cresce il numero degli studenti stranieri che scelgono atenei italiani per svolgere parte del loro percorso formativo.

Per quanto riguarda la ricerca universitaria, ci stiamo muovendo in due direzioni:

·         L'introduzione di criteri di valutazione dei progetti di ricerca in ambito universitario secondo un modello che ha già riscosso ampi consensi anche a livello internazionale e che ci consentirà di allocare risorse finanziarie secondo criteri qualitativi anziché solo quantitative. Nel gennaio 2005 abbiamo presentato i panel di specialisti internazionali che valuteranno 18.500 prodotti di ricerca appartenenti a università, enti pubblici di ricerca e industrie. Entro fine anno avremo i primi risultati.

·         La riforma dell'attuale struttura "a piramide rovesciata" nella distribuzione di professori ordinari, associati e ricercatori per permettere nei prossimi anni un significativo ingresso di giovani ricercatori nelle università.

 

Poniamo molte speranze sugli effetti che questi provvedimenti potranno avere in futuro. Ma già oggi possiamo registrare due fenomeni incoraggianti e che vanno incentivati: da un lato, il crescente impegno delle università all'acquisizione di risorse esterne per la ricerca che provengono in misura significativa da strutture esterne, pubbliche e private, al Miur; dall'altro, l'aumento della percentuale di ricercatori sull'organico complessivo degli atenei, con un'inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti.
Infine, fatemi spendere qualche parola sul decreto con il quale abbiamo deciso di modificare l'ordinamento didattico universitario rispetto al modello del "3+2" che era stato introdotto pochi mesi prima che io assumessi la responsabilità di questo Ministero. Penso che con queste modifiche siamo andati incontro a molte delle esigenze espresse dal mondo delle imprese. Saranno infatti riqualificate le lauree in modo da potenziare il raccordo con il mondo del lavoro e consentire più opportunità di sbocchi professionali. Con l'adozione di un percorso a "Y", e con una netta separazione a partire dal secondo anno universitario tra il percorso professionalizzante che conduce alla laurea triennale e il percorso metodologico per gli studenti che dopo la laurea triennale intendano conseguire anche la laurea magistrale, i nostri studenti avranno, io credo, titoli maggiormente spendibili sul mercato e più rispondenti ad una società in forte cambiamento.
Tutto questo per dire che stiamo finalmente ponendo le basi in Italia per un'università che crei condizioni favorevoli agli scambi culturali con l'Europa e i Paesi terzi, aprendo ai giovani nuove opportunità e nuovi orizzonti; che faciliti l'ingresso di giovani ricercatori negli atenei; che venga finanziata dallo Stato in base ai risultati formativi e di ricerca, e non più in base soltanto al numero degli studenti iscritti.
Per quanto riguarda questo ultimo punto abbiamo varato nel luglio 2004 il nuovo sistema di finanziamento degli atenei basato su un nuovo modello di valutazione. In particolare le università, quando il nuovo sistema sarà a regime, saranno finanziate:

·         per il 30% in base al numero degli studenti iscritti, esclusi le matricole e i fuoricorso;

·         per il 30 per cento in base ai risultati dei processi di formazione (crediti acquisiti, qualità della didattica valutata anche sulla base dei giudizi espressi dagli studenti, tempo impiegato per conseguire i titoli);

·         per il 30% in base ai risultati della ricerca svolta negli atenei;

·         la residua quota del 10% infine sarà assegnata come incentivo per "premiare" gli atenei che più si impegneranno (mobilità dei docenti, supporto ai portatori di handicap e più in genere interventi per sostenere il diritto allo studio).


Stiamo, insomma, realizzando il progetto di un'università basata sulla valutazione, sul merito, sulla qualità dell'offerta formativa e dei servizi offerti agli studenti.

La ricerca scientifica e tecnologica

 

Qui le novità sono molte. Anzi, mi sento di affermare che abbiamo definito una strategia complessiva per la ricerca in termini di assoluta discontinuità con il passato. Un passato che non debbo, io credo, riportare alla vostra memoria per lo scadimento quantitativo (investimenti pubblici in calo per dieci anni, in netta contro-tendenza rispetto agli paesi industriali) e qualitativo (finanziamenti a pioggia, perdita di spinta all'innovazione dei prodotti e dei processi nell'industria, crisi dei grandi centri di ricerca nelle aree ad alta tecnologia).
La spesa in ricerca e sviluppo, dopo un decennio di continua caduta ha ripreso a salire attestandosi per il 2002 (ultimi dati disponibili) all' 1,16% del Pil, mentre le previsioni di investimento derivate dall'analisi del bilancio dello Stato e delle sue amministrazioni, (dato che documenta per la sua immediatezza rispetto al dato della spesa, - necessariamente desunto a distanza di almeno due anni - le decisioni del Governo in questo settore) per il 2004 si attesterà allo 0,72% del Pil, in linea con quello medio europeo. La percentuale del finanziamento pubblico italiano sul totale delle spese di ricerca (effettuate cioè sia dal settore pubblico che da quello privato) risulta rispettivamente del 50,8% (Italia, 1999), 34,4 (Ue dei 15), 27,8 (Usa) e 18,5% (Giappone), (2001). Tale rapporto è il più alto tra tutti i paesi industrializzati, preceduto solo dal Portogallo (61%).
Attualmente (ultimi dati Istat per il 2002) i ricercatori (inclusi i docenti universitari) in Italia, in equivalente tempo pieno, erano complessivamente, (per il settore pubblico e quello privato) 71.242 (+ 4500 rispetto al 2001) di cui 41.866 nel settore pubblico e 28.019 nel settore privato. Anche in questo caso, parallelamente a quanto risulta per i finanziamenti, esiste quindi un'ampia sproporzione a favore del settore pubblico nel numero dei ricercatori operanti in Italia. Il rapporto tra ricercatori pubblici e quelli privati è in Italia pari a 1,49, mentre per la Ue è 1,03, per il Giappone 0,48 e per gli Usa 0,17. L'Italia è quindi al primo posto a livello mondiale nell'impegno pubblico relativo rispetto al totale, un fatto che documenta anche da questo punto di vista il forte contributo dello Stato italiano.
I dati che ho riportato documentano in modo puntuale, i motivi del minore investimento del sistema Italia in R&S e quindi del ritardo in questo settore rispetto agli altri paesi; essi indicano la strada da seguire per superare le criticità esistenti. Le difficoltà italiane per quanto concerne le spese in ricerca sono come si è accennato principalmente determinate da un basso livello di spesa del sistema delle imprese. E ciò risulta a sua volta funzione della peculiare struttura del sistema produttivo italiano, in gran parte composto da Pmi (circa 4 milioni), il 20% di tutte quelli presenti nel territorio dell'Ue.
Sono questi i dati di base che ci hanno permesso di identificare strategie e azioni per consentire al sistema della ricerca scientifica e tecnologica di fornire un più forte contributo all'innovazione e alla competitività del sistema Italia.
Due sono i documenti strategici del Governo italiano in questo settore: le "Linee Guida per la Politica scientifica e tecnologica del Governo", che hanno ottenuto unanime apprezzamento da parte della Comunità scientifica, dalle Università agli Enti di ricerca, alle Accademie, alle forze politiche di maggioranza e di opposizione. Alle "Linee Guida" presto seguirà il Programma nazionale per la Ricerca 2005-2007; tale documento è stato già approvato recentemente, all'unanimità, dalla Conferenza Stato-Regioni e sarà portato prossimamente all'esame del Cipe e del Consiglio dei Ministri.
I dati e le analisi contenuti in tali documenti indicano chiaramente la necessità di superare la ben radicata posizione assunta negli ultimi decenni dalle forze politiche, posizione in realtà assecondata anche dalla comunità scientifica del paese. In base a questi orientamenti struttura, attività e programmi del sistema di ricerca italiano erano state suddivise in tre reti, ciascuna con missione, governance e attività operative quasi del tutto separate: Università, Enti pubblici di ricerca e sistema di ricerca industriale. Le recenti azioni del Miur tenuto conto delle analisi e delle considerazioni sviluppate nei due documenti di base precedentemente citati partono invece da un diverso punto di vista basato sulla stretta integrazione delle tre reti e con la definizione di due precisi obiettivi:
Il primo obiettivo consiste nel rafforzare la base scientifica nazionale attraverso una pluralità di azioni fondate sulla promozione della ricerca di base, quali ad esempio:

- riorganizzazione del sistema degli enti pubblici nazionali assegnando a ciascuno di essi una precisa missione, in linea con le esigenze di sviluppo dei settori strategici, e un nuovo sistema di governance;
- interventi a sostegno dell'internazionalizzazione del sistema ricerca italiano attraverso la firma di accordi per l'istituzione di laboratori congiunti con i maggiori centri di ricerca di Usa, Giappone, Israele, India (Mit, Harvard, Caltech, National Institute of Health, Università di Tokyo, Indian Space Research Organization, ecc.).
- Attrazione di giovani ricercatori da altri paesi quali India e tra poco Cina.
- Incentivazione alla carriera scientifica.
- Adozione di un meccanismo di valutazione delle attività di ricerca delle Università attraverso un sistema analogo a quello attuato con successo dall'Inghilterrra (Research Assessment Exercise).
- Inserimento in modo permanente nel bilancio dello Stato del finanziamento del fondo Firb.
- Concentrazione, attraverso il fondo FIRB, degli interventi a sostegno dell'attività di ricerca di base degli interventi di finanziamento verso un numero limitato di unità operative di eccellenza con contratti di dimensioni finanziarie circa 10 volte maggiori rispetto a quelli in passato, in genere previsti con interventi a pioggia.
- Ricorso sistematico alla valutazione dei programmi Prin e Firb attraverso panel di scienziati internazionali anonimi, con un risultante tasso di approvazione dei programmi pari al 15% circa rispetto alle domande.

Il secondo obiettivo è finalizzato a promuovere la collaborazione pubblico-privato così da indirizzare quella parte del sistema scientifico italiano, pubblico e privato, che opera nei settori cruciali per la competitività del paese ad attuare una maggiore e più stretta collaborazione. Le più importanti iniziative adottate dal Miur per raggiungere questo obiettivo sono state:

- definizione dei settori strategici di intervento - "Linee Guida"- : in base ad impatto economico, mercato ed occupazione; impatto sociale, bisogni dei cittadini; impatto sulla spesa pubblica; posizionamento competitivo del sistema produttivo nazionale desunto dalla dimensione dell'export; ricadute degli investimenti sotto forma di prodotti, processi e servizi ad elevata capacità tecnologica.
- Varo di bandi, per la prima volta nel paese, per circa 350 milioni di euro, di cui 210 per il Mezzogiorno, per la costituzione di laboratori pubblico-privato nei settori a più alta crescita nelle aree delle infoscienze, bioscienze e nanoscienze.
- Costituzione di una rete di distretti tecnologici (11 fino ad ora in varie regioni italiane) per riunire su base territoriale attori pubblici quali Università ed Enti pubblici di ricerca e imprese private a specifica collocazione nel territorio del distretto a supporto di attività innovative in vari settori quali Biotecnologie (Lombardia), Nuovi Materiali (Napoli), Meccanica strumentale e robotica (Modena), Aerospazio (Lazio), Medicina Molecolare (Trieste), Nanotecnologie (Padova), Microelettronica (Catania), Sistemi di intelligenza artificiale (Genova).
- Costituzione di 10 liason-offices e di 10 incubatori di impresa in altrettante Università.
- Firma di un accordo di collaborazione con Sviluppo Italia per la gestione e la valorizzazione delle sopra ricordate azioni di collaborazione pubblico-privato.
- Definizione nell'ambito delle azioni previste dal Pnr 2005-2007 di dieci programmi strategici, che ritengo possano trovare il necessario sostegno finanziario nell'ambito della prossima azione del Governo per la realizzazione dell'Agenda di Lisbona, nei seguenti settori:

Area Salute.

·         Salute dell'uomo con particolare riferimento alle malattie a larga diffusione e dell'anziano (studio e trattamento dei tumori e delle malattie degenerative con nuovi approcci derivati dalla conoscenza del genoma umano).

·         Sviluppo di programmi di interesse per l'industria farmaceutica, anche attraverso la chimica fine dei composti naturali, lo sviluppo di farmaci generici, lo sviluppo di studi epidemiologici e clinici basati sui recenti progressi della genetica e della farmacogenomica.

·         Tecnologie Biomediche, nuovi devices cardiovascolari, nuovi sistemi diagnostici e terapeutici, bioimmagini, utilizzo di cellule staminali.


Area sistemi di produzioni e meccanica avanzata.

·         Sistemi avanzati di manifattura con impatto sia sull'industria delle macchine utensili, sia su comparti manifatturieri del "made in Italy" quali tessile, abbigliamento, meccanica strumentale con lo sviluppo di progetti congiunti.

·         Sviluppo di un'azione integrata per il rafforzamento e sviluppo dell'industria motoristica, in particolare per le due ruote, con motori a basso consumo e a basso impatto ambientale.

·         Cantieristica, aeronautica, elicotteristica con particolare riferimento all'industria della difesa e con dimostrata capacità di penetrazione nei mercati esteri.

·         Materiali avanzati (in particolare ceramici) per applicazioni strutturali.


Area ambiente, trasporti e sicurezza.

·         Sistemi di telecomunicazione innovativi a larga banda con impiego di satelliti per utenze differenziate in materia di osservazione, sicurezza, prevenzione e intervento in caso di catastrofi naturali. Utilizzo del sistema Galileo per varie applicazioni con base a terra.

·         Trasporti e logistica avanzata, infomobilità di persone e merci.


Area agroalimentare.

Valorizzazione dei prodotti tipici dell'agroalimentare e sicurezza alimentare attraverso nuovi sistemi di caratterizzazione e garanzia di qualità.
Una ulteriore forte azione, di carattere trasversale, destinata a coordinare il complesso di attività e programmi previsti a livello nazionale con quelle promosse a livello europeo è stata caratterizzata da:

·         Attiva partecipazione da parte del nostro Governo alla definizione dei grandi progetti di ricerca europei inerenti al VII Programma Quadro per garantire in questo ambito la possibilità di partecipazione delle nostre Pmi e la definizione di priorità di intervento di interesse del nostro sistema produttivo.

·         Sostegno alla politica di finanziamento della ricerca di base della Ue .

·         Il progetto "Iter".

·         I progetti di interesse spaziale.

·         Le grandi infrastrutture scientifiche nazionali ed internazionali.

·         La partecipazione a grandi progetti internazionali e piattaforme tecnologiche (es. grandi cambiamenti climatici, grandi infrastrutture scientifiche come la rete di free electron laser, banda larga).

·         Nuove iniziative in tema di piattaforme tecnologiche di interesse italiano, accompagnate da azioni a livello nazionale nei settori:
- piattaforma tecnologica europea per la nanoelettronica,
- piattaforma europea per l'idrogeno come vettore energetico,
- rete europea per la conoscenza del clima,
- progetto europeo a sostegno dei sistemi di produzione,
- piattaforma europea nel settore dei "free electron lasers"
- piattaforma europea per lo studio e prevenzione delle catastrofi naturali,
- piattaforma europea di bioinfomatica e proteomica,
- sistema satellitare a larga banda per i servizi delle pubbliche amministrazioni).

 

Infine vorrei ricordare in breve le azioni sviluppate sul versante finanziario dal Governo, particolarmente a sostegno della ricerca privata:
- Tecnotremonti (finanziaria 2004) per agevolazioni fiscali per aziende che investono in ricerca.
- Abolizione dell'Irap per il personale dedicato alla ricerca (finanziaria 2005).
- Cartolarizzazione dei crediti ex legge 297 per ca 600 milioni di euro.
- Accordo con la Bei per il finanziamento a credito agevolato di interventi a carattere strutturale.
- Accordo con Sviluppo Italia per la promozione e la gestione dei distretti tecnologici.

Più spazio ai giovani e più opportunità occupazionali


Ho ritenuto importante illustrare le azioni integrate del Miur nella filiera della conoscenza perché - come dicevo all'inizio - esse rientrano pienamente nella politica fondata sulla valorizzazione del capitale inteso quale elemento di sviluppo economico, sociale e culturale dei singoli Paesi e dell'Europa intera.
In termini pratici questa politica, ormai condivisa a livello europeo, ci permette di raggiungere un primo concreto obiettivo: offrire maggiori opportunità ai giovani, a lungo penalizzati da sistemi formativi ancorati al passato e da logiche corporative che oggi non hanno più senso di esistere. Vorrei soffermarmi, per concludere, su questo particolare aspetto.
Il mondo del lavoro, negli ultimi cinque-sei anni, ha visto moltiplicarsi in modo impressionante mestieri e professioni. Dobbiamo tener conto, a questo proposito, dei processi di trasformazione economica e sociale, del nuovo mercato del lavoro che si è venuto sviluppando, dell'allargamento dell'Unione europea a 25 Paesi e delle sfide imposte dalla globalizzazione e dalla società della conoscenza.
Ciò richiede anche promuovere il successo formativo e professionale dei giovani e orientarli a scelte che tengano conto della rapida trasformazione del mondo del lavoro e delle professioni, in modo da favorire sbocchi professionali coerenti con i titoli di studio e con le esigenze sociali. E' quello che stiamo facendo e qualche risultato lo si comincia già a intravedere, come testimonia tra l'altro la VII indagine di AlmaLaurea presentata venerdì scorso sulla condizione occupazionale dei laureati.
A distanza di 12 mesi dalla conclusione degli studi, il livello occupazionale risulta su valori piuttosto elevati: oltre 54 laureati su cento senza considerare gli altri 20 che proseguono nell'impegno formativo (specializzandi in medicina, praticanti e tirocinanti delle professioni forensi, dottorandi nelle facoltà scientifiche, eccetera).
Il tasso di occupazione aumenta in misura consistente nel tempo: a tre anni dalla laurea lavorano 73 ragazzi su cento; a cinque anni si può parlare di piena occupazione con oltre l'86 per cento dei laureati occupati (mentre altri 6 sono ancora in formazione). A conferma dell'importanza e della validità dello studio universitario, non solo come fattore di promozione culturale, ma come autentica garanzia per una migliore occupabilità, sta il confronto fra il tasso di occupazione dei laureati e dei diplomati di scuola secondaria superiore. Un confronto che, nella classe di età 25-34 anni, in Italia, vede i primi più occupati di oltre 5 punti percentuali.
Ma è su alcuni dati che vorrei soffermarmi più diffusamente: quelli cioè che riguardano la qualità della formazione rispetto alla occupabilità dei giovani laureati. In particolare è da sottolineare l'importanza delle conoscenze informatiche come opportunità in più per inserirsi rapidamente nel mercato del lavoro. Un laureato su quattro della generazione 2003 conosce bene almeno cinque strumenti informatici; questo ci dice quanto si sta diffondendo la cultura informatica tra i giovani nel nostro Paese. La percentuale di occupati aumenta in misura considerevole al crescere delle competenze informatiche: dal 46 per cento tra chi, in questo settore, ha conoscenze assai modeste, al 62 per cento fra i giovani che conoscono bene almeno sei strumenti informatici.
L'indagine AlmaLaurea evidenzia che la partecipazione ai master, dopo alcuni anni di crescita sostenuta risulta stabile, coinvolgendo 17 laureati su cento ad un anno dalla laurea; eppure mostra segnali di incertezza e forse l'esigenza di un attento lavoro di verifica dell'offerta formativa.
Un altro aspetto di grande interesse riguarda la verifica sulla validità anche in termini occupazionali dei tirocini e degli stage. L'indagine mostra che l'inserimento nel mondo del lavoro è agevolato dagli stage. I 16 neodottori su cento che hanno svolto tali esperienze durante gli studi, già a 12 mesi dal conseguimento del titolo mostrano un consistente vantaggio occupazionale rispetto a chi non ha esperienze di questo tipo (rispettivamente 63 per cento di occupati contro 52). Vantaggio di pari consistenza si rileva anche fra quanti (13 laureati su cento) hanno partecipato a stage post laurea. Per questo occorre una azione ancora più incisiva di incontro tra università e imprese per permettere a un numero ancora più elevato di ragazzi di conoscere la realtà aziendale durante o appena dopo gli studi. La stessa esperienza di studio all'estero, soprattutto se compiuta attraverso un programma dell'Unione Europea, oltreché in un'accresciuta competenza linguistica, si traduce in un differenziale in termini occupazionali.
Non posso che essere confortata dai risultati presentati dall'indagine AlmaLaurea per i corsi di studio che abbiamo posto sotto osservazione per l'importanza che rivestono per lo sviluppo del Paese. Se è vero che le immatricolazioni ai percorsi di chimica, fisica e matematica hanno sofferto a lungo di vocazioni, i risultati dell'indagine testimoniano una condizione occupazionale molto positiva, una buona coerenza con gli studi compiuti ed una diffusa soddisfazione dei laureati per le scelte compiute.

Nuove opportunità nei settori musicale e artistico

 

Un'ultima considerazione intendo fare, a proposito dei nuovi scenari che si vanno delineando per i giovani in seguito alle riforme in corso di attuazione, per il sistema artistico e musicale italiano, che oggi più che mai è impegnato a riaffermare il primato della tradizione italiana delle arti e nel rispondere alla sfida proveniente dal mondo del lavoro. Un mondo che, sotto la spinta dei processi di innovazione tecnologica e dei nuovi linguaggi artistici, chiede un numero sempre maggiore di professionalità legate alla creatività, volano principale del successo internazionale del "made in Italy" e di importanti ricadute in campo economico e sociale di grande significatività per lo sviluppo del nostro Paese.
Le Accademie, i Conservatori, gli Istituti superiori per le industrie artistiche sono il luogo privilegiato per la ricerca al più alto livello nel campo specifico, e grande attenzione è dedicata allo sviluppo delle potenzialità e del talento presenti nelle nuove generazioni. La legge 21 dicembre 1999, n. 508 costituisce l'atto fondamentale per la riforma del settore ed ha dotato queste istituzioni di ampia autonomia, condizione prioritaria per la promozione e la valorizzazione del sistema.
In tale quadro, il Ministero sta attuando una profonda revisione e riorganizzazione delle istituzioni in questione con l'obiettivo di:

·         promuovere il sistema ed assicurare la competitività delle istituzioni, soprattutto a livello internazionale, qualificando l'offerta formativa, le strutture ed i servizi, per sostenere il costante aumento della forte attrattività del settore da parte di studenti provenienti da ogni parte del mondo;

·         favorire il consolidamento di eccellenze già presenti nel sistema;

·         potenziare i processi di informatizzazione e l'utilizzo dei più avanzati sistemi di elaborazione dell'informazione, e creare una rete di cooperazione tra tutte le istituzioni del sistema;

·         creare un adeguato sistema di valutazione comparativa, con standard di riferimento internazionali.

 

Recentemente, è stata avviata una qualificata fase di sperimentazione di nuovi percorsi di studio, con una preminente caratterizzazione in innovazione artistica, anche in relazione all'esigenza avvertita da parte degli studenti del sistema di conseguire un titolo di studio più specializzato, in grado di competere sul mercato europeo.
Tali sperimentazioni hanno comportato nell'anno accademico 2004-2005 un incremento di iscrizioni totali del 30% nelle Accademie di belle arti e del 20% nei Conservatori di musica. Questi dati confermano la grande qualità del sistema italiano di istruzione superiore artistica e musicale, che sempre di più attrae quei giovani che vogliono trovare il giusto riconoscimento del proprio lavoro e coltivare la propria sensibilità e vocazione artistica.